Baby K, l’artista dei record, l’unica donna a raggiungere il Disco di Diamante, a
superare il miliardo di visualizzazioni su YouTube con un brano, a rimanere per 11 settimane consecutive al n. 1 della classifica ufficiale Fimi/GFK, la prima ad affacciarsi nel mondo urban, è tornata il 6 giugno con un nuovo singolo “Follia Mediterranea”, prima parte di una trilogia in musica e di concetti che inizia con l’estate ma continua tutto l’anno.
L’annuncio di Baby K arriva con una nuova immagine che mostra un’evoluzione capace di unire femminismo e libertà.
Ispirandosi a icone dell’arte e citando ironicamente l’immaginario contemporaneo, come l’iconica banana di Maurizio Cattelan, Claudia si mette letteralmente in scena: avvolta da nastro adesivo, quasi come un’opera provocatoria, rappresenta metaforicamente una donna-oggetto che si riappropria del suo corpo per raccontare una verità più profonda.
È un atto artistico, ma anche un manifesto di umanità e autodeterminazione: è una risposta a stereotipi femminili che impongono canoni impossibili nel mondo della musica, dell’estetica e della perfomance. Nasce così “Follia Mediterranea”, scritta da Baby K con Chico Sanchez e Massimo Barberis, in cui Baby K non si vergogna come donna di raccontare il momento del piacere e di farlo con tutta la sua sensualità. Noi di SuperGuidaTv abbiamo intervistato Baby K e con lei abbiamo parlato del nuovo singolo ma anche del suo percorso musicale che l’ha portata a diventare una delle icone della musica pop.
Baby K, il nuovo singolo è Follia Mediterranea
Partiamo subito dal titolo di questo singolo, Follia Mediterranea. Cosa rappresenta per te questa follia?
“Questa follia la racconto molto bene proprio nella canzone, perché la canzone parla di quell’attimo prima del climax dove tutto può succedere, quel brivido che ti arriva nell’attesa dove vorresti che non finisse mai, insomma. Il climax sta a volte proprio lì, nell’attesa. Quindi la follia mediterranea è il buttarsi, lanciarsi addirittura sulla spiaggia e farlo così, sul momento, fregandosi di tutto, fregandocene di tutto”.
Hai parlato di una trilogia in musica, cosa ci dobbiamo aspettare dopo?
“Sì, allora, Follia Mediterranea è l’incipit, diciamo, il primo atto di una trilogia. Ho passato un anno a riflettere molto su chi sono, cosa voglio dire, cose anche che mi feriscono, anche cosa voglio fare da adesso in poi. Ho preso molta consapevolezza sui nodi che c’erano da sciogliere, sia in quanto essere umano, sia come cantante. E quindi questa trilogia vuole partire dall’idea di un oggetto, anzi una persona che dagli altri è vista come un oggetto, in quanto donna, oggetto discografico se vogliamo, ma piano piano prende sempre più coscienza di sé, che è un essere umano e quindi inizia ad esplorare la condizione umana e tutti i suoi fantastici difetti, che forse è la parte più interessante dell’esplorazione. Il primo atto è Follia Mediterranea, proprio dove tutti mi aspettano, il prodotto estivo”.
A quanto ho capito si parla di un’immagine molto forte, ti metterai in scena come una banana umana, ispirata a Cattelan, ci spieghi meglio?
“Abbiamo preso ispirazione da Maurizio Cattelan, perché a modo suo ha fatto una riflessione su quello che significa l’opera d’arte. Fino a che punto il collezionista è pronto ad arrivare per pagare un’opera d’arte che può essere banalmente anche una banana scocciata su un muro. Quindi ho voluto ribaltare il punto di vista di chi guarda. L’oggetto in questione sarei io, scocciata ad un muro, proprio come spesso sono stata descritta o trattata da addetti al lavoro, dalla discografia, dal pubblico. Sono lì e mostro al pubblico quello che loro vedono in me, il prodotto scocciato sul muro”.
Quanto è difficile per te metterci la faccia e il corpo per dire qualcosa di così potente?
“E’ una bellissima domanda. Quando uno provoca o si espone c’è sempre un rischio dall’altra parte. Viviamo in un mondo talmente veloce dove tutto deve essere detto in maniera confezionata, in una maniera digeribile, comprensibile. La musica ad esempio si ascolta in 15 secondi, altrimenti si schippa e non vale nemmeno come stream. Su Spotify, ad esempio, certi aspetti che ci sono dietro la creatività necessitano comunque di una spiegazione, hanno bisogno anche del loro tempo e spesso a noi non ci viene concesso questo tempo. Io parto però da una volontà di volermi raccontare più che essere raccontata, perché per anni mi sono sentita comunque molto raccontata. Quindi questo significa sicuramente metterci la faccia, fa parte del gioco, a volte anche il corpo, poi ognuno lo esprime, mette in mostra quello che vuole. Quando questi due aspetti, la fisicità, si sposa con la creatività può nascere qualcosa di molto potente”.
Nel brano racconti il momento del piacere senza vergogna. Senti che questo tipo di libertà espressiva è ancora un tabù per molte donne del pop italiano?
“Più che tabù per il pop italiano penso che sia ancora un po’ un tabù tra le donne. Ovvero quando si scherza o si parla di sesso, si fanno battute sul sesso, si è anche un po’ spinti, e quando queste battute vengono dette da un uomo è come se facesse parte del gioco goliardico dell’essere uomo. Quando lo fa una donna è visto come qualcosa di volgare, c’è sempre un po’ un velo di tabù. A mio avviso, ormai siamo nel 2025, è un aspetto talmente naturale della vita di tutti che vedo sempre più cantanti donne apertamente parlare della sessualità, del proprio corpo e anche del sesso. Io sono stata molto legata a un mondo appartenente al popolo, sono molto nazional popolare, mi ascoltano i piccoli e i grandi, quindi forse non si è mai voluto molto andare oltre. È anche vero che io non ho mai sentito molto l’esigenza di dover, chissà cosa mostrare, comunicare, però crescendo, uno diventa sempre più donna, la sfera sessuale è una cosa che la sento sempre più viscerale, fa parte del processo di crescita. Secondo me era ora di parlarne serenamente, di mettersi alla guida di un gioco sessuale che si svolge d’estate ma comunque fa parte del nostro essere, solo che è una donna semplicemente a raccontarlo”.
Ti sei trovata spesso ad essere un outsider, hai mai avuto paura di non essere capita?
“Guarda, l’aspetto fondamentale della mia esistenza è proprio questo. Ho viaggiato tanto in età evolutiva, significa che ho già dai primi tre anni dovuto dire addio alle persone a me più care e questo è stato un concetto che si è ripetuto costantemente, ho cambiato scuola, amicizie, ho cambiato lingua costantemente e c’è sempre stata un’esigenza di adattarsi sempre al mondo circostante per sentirsi appartenenti a qualcosa. L’esito di questo è però un’identità molto frammentata, è una tematica della mia vita e questo è stato anche un punto di forza nella musica perché il mio esordio al grande pubblico è stato in un momento dove la musica italiana era sempre legata a qualcosa di molto tradizionale. Io sono arrivata al mainstream nel 2013 con la coda di cavallo di lato, vestita con mille colori, video molto particolari da rapper, molti schemi un po’ li ho rotti però questo significa che non sempre tutti ti comprendono e tuttora comunque devo confrontarmi con persone che mi vogliono scatolare in una stagione, mi vogliono etichettare in una certa maniera ma semplicemente io voglio fare musica come mi è più naturale, mescolando comunque gli ingredienti, anche le sonorità perché fa parte proprio del mio background personale, mi sento meticcia culturalmente e questo lo voglio mettere in musica perché questa è la mia identità anche a rischio di non essere compresa”.
Ti senti libera oggi nella tua arte o ci sono gabbie invisibili da cui liberarti?
“Mi sto liberando adesso da queste gabbie e ripeto come ho detto prima è stato un anno comunque di profonde riflessioni e mi sento che con questa trilogia e con questo nuovo approccio, questa nuova era che voglio comunque mettere sul tavolo e proporre piano piano, libererò questa gabbia”
In molti ti considerano un’icona femminile pop, ti pesa mai questa etichetta o è qualcosa che rivendichi con orgoglio?
“Assolutamente, per me è un sogno pensare che qualcuno mi possa vedere appunto come qualcosa di iconico che rimane nel tempo, che sia simbolo comunque di forza, di autodeterminazione a maggior ragione poi femminile. Forse hanno visto la lunga gavetta che ho fatto, ma anche il fatto che non vengo da un talent, il fatto che per quanto la provocazione è quella di sembrare un prodotto quasi troppo studiato, in realtà assolutamente non è così, il mio percorso non è mai stato studiato a tavolino anzi, è sempre stato comunque dettato dalla voglia di fare le cose da sola in maniera self made però giocando tanto, e chiunque si possa rispecchiare comunque in questo approccio molto self made nel voler rompere degli schemi o comunque arrotolarsi le maniche, veramente mettere le mani in pasta ovunque se c’è ispirazione in questo per me è assolutamente motivo di vanto e orgoglio”.
Qual è il consiglio che daresti alla Baby K di qualche anno fa?
“Non li ascoltare, mandali a fanc*lo e vai avanti per la tua strada”.
Negli anni hai firmato delle hit potentissime con anche delle collaborazioni come Roma-Bangkok con Giusy Ferreri, che è diventata un tormentone. Cosa ricordi di quel periodo e ti aspettavi quel successo?
“Assolutamente non mi aspettavo niente, facevo musica in maniera totalmente inconsapevole, venivo da forse un po’ un’idea di aspettativa perché Tiziano Ferro aveva curato la direzione artistica del disco antecedente al periodo di Roma-Bangkok però vivevo tutto con una tale spensieratezza, forse questo è stata anche un po’ la chiave del mio percorso, sono stata incosciente per anni spinta solo dalla voglia di fare figate, quello che per me era figo e diverso. E’ sicuramente un momento iconico non solo della mia vita ma anche nella discografia visto che è Disco di Diamante e ha scalato le classifiche anche in molti altri paesi. Possiamo dire sicuramente che c’è un prima e dopo Roma-Bangkok anche in virtù del fatto che poi è nato proprio forse un tipo di una sonorità che poi ha accomunato tanti altri cantanti fino a diventare proprio un trend estivo per anni, quindi possiamo dire che c’era un pre e un dopo Roma-Bangkok”.
La voglia di fare figate ti ha portato anche nel 2020 a far cantare Chiara Ferragni. Come è nata quella idea?
“Pensa, in realtà è stata un’idea sua, proprio di Chiara, lei si è proposta, visto che avevamo fatto la pubblicità di Pantene insieme. Il brand aveva scelto di collaborare con me e in più ha scelto quella canzone come colonna sonora della pubblicità e c’era anche Chiara che ho avuto il piacere di conoscere e lei si era proposta molto spontaneamente dicendo ma io voglio essere nella canzone e quindi se a me dai una sfida mi sfrego le mani. L’ho trovato qualcosa di squisitamente folle perché non mi ricordavo di aver mai visto una collaborazione fra una influencer e una cantante, quindi penso che anche lì sia nato qualcosa di iconico in quel brano con Chiara”
Scherzando dico a Baby che voglio essere nel suo prossimo video.
Follia Mediterranea, a quanto pare è solo l’inizio, cosa ci puoi anticipare sugli altri componenti della trilogia?
“Sai questo oggetto prende coscienza di sé, si risveglia se vogliamo, come ti ho detto esplora un po’ la condizione umana per poi diventare a tutto tondo un essere umano, quindi riflette anche proprio adesso su questa situazione, adesso sono un essere umano cosa significa? E quindi inizia veramente a sentire e prendere anche un po’ una posizione”
Invece fuori dalla musica hai voglia di esplorare qualche altra tipologia di arte, non so il cinema?
“Mi è sempre piaciuta l’idea di recitare, ti racconto un aneddoto stupido: al liceo in Inghilterra ho fatto l’esame finale dove avevo preso il massimo dei voti in arte e in arte drammatica e quindi ha sempre un po’ fatto parte di me questo mondo del performing arts, delle arti performative, quindi tutto ciò che mi può permettere anche di rompere degli schemi, perché è bello anche sfidarsi, fare cose nuove, diverse, mettersi nella condizione di poter giocare ma anche auto-sfidarsi, per me è linfa, quindi perché no, sarebbe bellissimo”
Parliamo di date e di live: dove ti vedremo prossimamente?
“Mi vedrete in giro con tante radio, in giro per le piazze, mi vedrete in discoteca a far ballare e scuotere il cu*o a tutti e tutte e mi troverete un po’ ovunque quindi siete stati avvisati, anzi dovete venire. Seguite le date sui miei social perché vi aspetto a braccia aperte”.
Un consiglio a chi vuole essere la prossima Baby K o cosa vorrebbe Baby K?
“È un continuo scoprirsi, quindi c’è una costante volontà di evolversi. Vorrei essere Baby K all’ennesima potenza, una me esasperata, vorrei anche vedere Baby K in una veste un po’ più forse intima di ballad però quello che vorrei sicuramente è esplorare in maniera coraggiosa mettendosi proprio in gioco in tutto e per tutto e lasciando il freno”.