Rosa Diletta Rossi al Festival On Air: “Maria Corleone mi ha restituito fiducia in me stessa e autostima. Claudio Amendola mi consigliò di non cedere alla vanità” – Intervista

ROSA DILETTA ROSSI

Rosa Diletta Rossi è una delle grandi protagoniste femminili di On Air, il festival dedicato al cinema e alle serie tv diretto da Simona Gobbi, che si è appena concluso a Palermo. L’attrice ha incontrato la stampa presso la sala del Grand Hotel et Des Palmes, nel cuore pulsante del capoluogo siciliano. Noi di SuperGuidaTv abbiamo intervistato la protagonista di Maria Corleone. Ecco cosa ci ha raccontato.

Rosa Diletta Rossi al Festival On Air: intervista alla protagonista di Maria Corleone

Grande successo della fiction “Maria Corleone”. Come hai vissuto sin dall’inizio, il rapporto con questo personaggio e soprattutto cosa ci dobbiamo aspettare?

“Allora, diciamo che la seconda stagione di Maria Corleone è da poco terminata su Canale 5, quindi per fortuna grande anticipazioni non ve ne posso fare perché non so bene quale sarà il futuro di questa serie, speriamo il più lungo possibile. Questa seconda stagione ha visto al centro molto di più i sentimenti intesi come direzioni dell’anima, cioè quali sono le scelte che Maria prenderà visto l’avvicendarsi di situazioni veramente abbastanza tragiche, quindi se sceglierà la strada della legalità per una volta o invece tornerà sui suoi vecchi passi. È una stagione che ha lavorato molto di più sul concetto di pulsioni, sul voler trattenere anche la rabbia. Ho lavorato un po’ meno sull’istinto, ho dovuto molto concentrare quello che c’era per rimodulare il tutto”.

È un personaggio che ti ha cambiata?

“Non lo so se i personaggi ti cambiano, sicuramente gli incontri con le storie sono possibilità di indagare su qualcosa, il cambiamento lo scegli, nel senso scegli se quella cosa ti cambierà o no. Sicuramente a livello professionale mi ha restituito una grande fiducia, mi ha dato una grande responsabilità, questo sì. Lavorare tutti i giorni è differente da lavorare un giorno sì e un giorno no, quindi questo vuol dire portare avanti le fila della narrazione sia come personaggio ma anche come interprete. Significa portare la responsabilità di un lavoro collettivo e questo mi ha cambiato in un certo senso. Comunque ha fatto emergere dentro di me un piccolo tassello di autostima, questo sì, come per dire: ce la posso fare, ce la posso fare a tenere su la baracca, a tenermi anche io un po’, un po’ me lo merito, questo sì, è stato un passo in avanti”.

In questa seconda stagione Maria dall’essere solo figlia è diventata una donna emancipata. L’attrice racconta quindi il suo momento di quando dall’essere solo figlia è  diventata una donna emancipata e artefice del proprio destino“Sono diventata donna adulta molto presto, diciamo che la volontà dell’autonomia è stata una necessità molto prematura, avevo il desiderio di costruirmi la mia strada, non perché il contesto non fosse un contesto piacevole o comunque di protezione, ma perché avevo la necessità di confrontarmi con le mie possibilità. Ho passato molto tempo a mettermi alla prova, è una cosa che faccio, che fa parte del mio carattere, e forse in qualche modo sto ritornando ad essere un po’ figlia adesso, ora che quest’autonomia un pochino me la sento addosso, me la sono un po’ guadagnata, un po’ mi manca, quindi con più leggerezza riesco a chiedere qualcosa, riesco a tornare tra le braccia della casa e sentire di non dover scappare, di non dover sempre trovare la mia direzione, ma stare anche dentro le cose”.

Rosa Diletta Rossi è una delle protagoniste più amate delle serie tv, da Nero a metà, a Maria Corleone. All’attrice viene chiesto se il cinema, invece sembra quasi non accorgersi di di lei, e se questo è legato per certi versi all’ormai famoso “circoletto” citato da Giuliana De Sio a Belve da e più volte riportato da Francesca Fagnani: “I percorsi sono talmente differenti per ognuno, io non lo so se non se ne accorgono, o se non guardiamo tutti nella stessa direzione, è chiaro che viviamo in un momento storico estremamente concentrato, esistono argomenti per ogni minuto, neanche per ogni giornata, quindi guardare alla complessità, alla collettività è uno sforzo diventato quasi per pochi temerari. Io non mollo, non so come dire, nel senso che quello che ho potuto dire finora l’ho fatto attraverso le possibilità che mi sono state date, e penso che prima o poi queste possibilità arriveranno”.

C’è qualcosa che ti spaventa professionalmente? Soprattutto dopo il successo di un personaggio come Maria?

“Mi spaventa l’etichetta, ma non l’etichetta del ruolo, l’etichetta della persona, mi spaventano le storie che non vanno da nessuna parte, mi spaventa un cinema che produce solo se stesso, mi spaventerà un giorno scoprire che magari non ho più niente da dire, quello mi potrebbe molto spaventare, motivo per cui potrei cambiare e cedere alla paura di lasciarmi osservare e giudicare dagli altri, quello potrebbe spaventarmi, lasciare che siano gli altri a definire la mia identità e la mia professione”.

Che rapporto hai con i no professionali, sicuramente ne avrei detti anche tu, c’è qualche no di cui vai fiera oggi tanto da dire: ho fatto bene a dire no?

“Ma io più che averli dati li ho ricevuti, però non sono stati tanti, ci sono stati dei film che non sentivo miei, non ho sentito che facevano parte di personaggi che volevo raccontare, però dire che ne vado fiera no, ho sempre avuto molta gratitudine, ho fatto delle altre scelte, oggi mi sto concentrando per fare un po’ spazio, per fare delle scelte che mi rappresentino di più, però i no li ho ricevuti e sono stati molto forti”

Sul rapporto con la popolarità l’attrice aggiunge: “Nel mio preciso caso io non godo di una popolarità così diffusa da non potermi permettere di vivere la mia vita e questo lo vivo con un grande vantaggio. Però dipende anche un po’ dalle scelte che si fanno quotidianamente, ecco è chiaro che ci sono degli ambienti in cui la popolarità esce fuori, nel senso che se io vado sempre in situazioni esclusive so che ci sarà anche un tipo di attenzione, io invece me ne vado in posti in cui ci va di solito gente che fa o cose normali o cose veramente poco normali tipo andare in montagna, quindi lì è difficile che trovo quel tipo di attenzione, quindi diciamo che sfuggo a questa cosa, ma tendenzialmente quando la popolarità emerge in alcune situazioni mi fa piacere”.

Parlando di un’altra produzione che ti ha visto protagonista, quella del caso Claps. Cosa ti ha dato quel ruolo e il progetto?

“È uno dei progetti a cui sono più affezionata perché innanzitutto mi ha dato modo di indagare con attenzione una storia italiana messa da parte per troppo tempo e la fortuna è stata quella di poterlo fare attraverso le parole e gli incontri importanti con i protagonisti di questa triste vicenda e quindi mi riferisco alla bellissima amicizia che poi è nata tra me, Gildo Claps e Irene Nardiello. Questa forse è una delle cose che mai mi sarei aspettata nella mia carriera perché si conoscono delle storie straordinarie e si conoscono delle persone straordinarie attraverso il cinema. Quando capita è un evento raro, eccezionale e forse il successo di quella serie è dovuto anche a questo, alla sincerità, all’onestà, al cuore con il quale i protagonisti di questa tristissima vicenda hanno voluto partecipare. Io sono profondamente grata di questo incontro, Irene la sento praticamente una volta a settimana quindi non lo nascondo, è stato proprio un incontro rarissimo”.

Ricordi un consiglio che ti è stato dato da un tuo collega all’inizio della tua carriera e che porti ancora con te?

“Un consiglio? Una volta Claudio Amendola mi ha detto non rifarti mai i denti e io non so se è un consiglio attoriale perché poi ce ne sono tanti altri, però lui l’ha detto in maniera buona guardandoci in faccia, però ho capito che cosa voleva dire. Cioè nel senso di non cedere mai alla vanità, di controllare quello che sei e questo è un concetto al quale aderisco profondamente. C’era Shakespeare che diceva ‘sottomettere l’anima all’immaginazione’, cioè dare la possibilità a questo corpo, a tutti i muscoli che lo compongono di sperimentare, di diventare altro, di peggiorare, di migliorare, però non avere questo controllo ossessivo nei confronti di se stessi perché così ci togliamo tanto rispetto a quello che possiamo dare e quindi forse questo è una cosa che mi tengo bella stretta, spero per tanto tempo”.

Ricordi invece cosa ti sei regalata col tuo primo guadagno con questo mestiere?

Mi sono regalata un corso di arrampicata sportiva, perchè avevo cominciato un po’ a soffrire di vertigini e perché era una disciplina che volevo fare da tempo. Costava un pochettino, ho deciso di investire così quei risparmi, regalandomi la possibilità di non stare in situazioni comode, questa è un’altra cosa di cui sono ossessionata, non stare dentro le comodità. Trovare sempre un disequilibrio e costruire da quello nuove prospettive e l’arrampicata è stata una delle più grandi scoperte della mia strada percorsa finora per questo”.

Recitare salva?

“Ma io non lo so se mi ha salvato, nel senso che credo che ci salvi tutto quello che ci fa aderire a quello che siamo, se riusciamo a fare il nostro mestiere con quella adesione allora è salvifico il mio lavoro come è salvifico il vostro, quello di qualsiasi persona che sceglie profondamente dentro la propria integrità che cosa vuole essere, io sono salva perché questo lavoro l’ho tanto desiderato e non sempre mi fa stare bene, io delle volte quando finisco di lavorare sono molto provata, sono molto scossa, però mi salva dalla mia condizione di perenne ricerca, perenne curiosità e quindi aderisco ad una identità profonda che è quella di trovare sempre qualcosa di nuovo e di vedermi sempre diversa.

Che cosa ti scuote quando finisci di lavorare?

“La fatica intesa proprio come, a seconda dei personaggi chiaramente, una parte delle proprie peculiarità, delle proprie passioni, che viene messa da parte, banalmente se io devo lavorare su Alda Merini non posso più fare arrampicata, non posso più fare trekking, non mi posso più allenare, se devo fare Maria Corleone io mi devo allenare tre volte a settimana, quindi metto in uno stato di disorganizzazione il mio sistema interno e questo vuol dire abituarmi a qualcosa che non mi fa stare comoda e quindi è stancante, sia quando mi lascio troppo andare, sia quando invece sono tanto in controllo e quindi sento un senso di affaticamento, sento un senso di spaisamento, delle volte non mi ritrovo più e la prima cosa che faccio infatti è cercare i luoghi, i posti in cui mi ritrovo”.

Qual è il primo posto che ti viene in mente?

“La montagna. Ho avuto bisogno di questo forse, ho avuto tanto bisogno di quel posto lì per sentire la stanchezza, per sentire la grande umiltà che mi circonda, per sentire di avere di fronte qualcosa di schiacciante, di dominante, quello mi rimette un attimo in piedi”

Sei felice?

“Sono serena, sono serena sì. Monica Vitti diceva che la felicità sono attimi di dimenticanza, ecco ci sono dei momenti in cui la vita ti sottopone stress emotivi più intensi, quindi questo è un momento felice perchè è un momento di grande dimenticanza ed è un momento di grande convivialità e questo è per me un motivo di grande felicità. Quindi adesso, in questo momento, sono felice”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here