Laura Pausini – Piacere di conoscerti, il docufilm per la figlia Paola: “Le ho insegnato il valore della sconfitta, non riesco a scrivere il nuovo album”

Laura Pausini - Piacere di conoscerti

Laura Pausini dopo i tanti successi musicali si prepara a diventare ancora una volta fenomeno mondiale con il suo docufilm “Piacere di Conoscerti” per Amazon Studios, un prodotto particolare in cui si intrecciano due vite per rispondere ad una semplice domanda: cosa sarebbe accaduto se non avesse vinto Sanremo? Il più grande nome della musica italiana nel mondo ha presentato alla stampa il film in uscita il 7 aprile in 240 paesi, prodotto da Endemol Shine Italy.

Nicole Morganti responsabile delle produzioni originali di Amazon Studios per l’Italia ha spiegato in apertura che è stato molto difficile riuscire a convincere Laura Pausini a realizzare un docufilm su di lei: “Abbiamo corteggiato Laura perché è la cantante più famosa d’Italia. L’abbiamo corteggiata a lungo finché siamo andati a Roma prima della pandemia e Laura ha avuto l’idea del meraviglioso film che avete appena visto. Un film pieno di emozione, ma anche di una grande domanda che Laura ha voluto farsi”.

Laura Pausini e il doppio film con due Laure, un modo per raccontare l’essenza del sogno

Laura Pausini è sorridente, raggiante nel suo abito turchese mentre si rivolge alla stampa svelando i retroscena dietro a Piacere di conoscerti: “Nicole qualche anno fa voleva fare un documentario su di me, ma ho pensato fosse troppo autocelebrativo perché mi immagino che chi è interessato a vedere qualcosa del genere già sappia tutto di me. Verso febbraio 2020 poco prima del primo lockdown mi sono svegliata e ho cominciato a scrivere questa storia che è nella mia testa da 29 anni. Ho avuto il tempo di dare delle risposte, mi sono immaginata di come poteva essere la mia vita se non fossi diventata famosa. Nicole si è emozionata e siamo partite a bomba, mi hanno proposto Ivan Cotroneo che non conoscevo e abbiamo lavorato bene. Ho potuto vivere con Ivan un anno in casa in pratica grazie al lockdown, abbiamo fatto anche tante zoom con famigliari e compagni di scuola. Lui si è reso conto che sono rimasta uguale in tante cose. Mi sono resa conta che stavamo per fare qualcosa che non era solo un mio capriccio”.

Laura Pausini parla dei dettagli, degli oggetti che ha voluto inserire nel film perché la rappresentano pienamente così come il desiderio di tornare a raccontare la semplicità del sogno di una bambina diventata icona: “Amo i dettagli quindi oggetti, vestiti, gli arredamenti… è tutto così tanto vero e commovente per me. Ho scelto di fare questa cosa per diventare il tramite di un messaggio, volevo parlare alle persone che possono usare me per farsi la stessa domanda. Tutti noi abbiamo avuto un momento in cui potevamo scegliere altro, io questa cosa l’ho vissuta ed è stato molto intenso. Durante il lockdown ho capito che dovevo fare un riassunto della mia vita e quindi è diventato il desiderio di studiare i sogni e com’ero fino a 18 anni. Non c’era all’epoca la frenesia della fama, io volevo fare piano bar e l’ho fatto con mio babbo da 8 a 18 anni. Non avevo mai visto una donna fare piano bar da sola, quella era la mia sfida”.

La prima volta a Sanremo da fan e la vera scatola

L’artista è un fiume in piena nel lungo monologo in cui ricorda di essere partita per Sanremo con tanta gioia, ma con zero speranze di vincere e la voglia anzi di poter incontrare i suoi idoli: “Sono stata sempre attratta dalle cose complicate. Un giorno un manager italiano mi ha visto al piano bar portandomi in varie major finché sono arrivata alla Warner, che mi ha iscritto a Sanremo. Ho passato tutto il festival a chiedere autografi ai big. Pensavo che sarei tornata con tanti autografi e quindi quella sarebbe stata la mia vittoria. È stato complicato trovare materiale passato, mio babbo aveva qualcosa. Quando ho vinto la sera dopo che sono tornata a casa c’erano dei fan che dormivano delle tende. Lui voleva far diventare la casa il mio fan club ed è diventato così, ora è anche un museo e mi sembra di essere già morta. Ci sono i vestiti principali della mia vita, le cose che avevo a 18 anni”.

La scatola che fa da colonna sonora al film ed è il suo ultimo grande singolo è veramente quella con i ricordi da bambina: “La scatola che apre la bambina all’inizio del film l’ho ritrovata nella soffitta dei miei genitori quando sono andata a trovarli. Sono andata in giro nei miei luoghi, in bicicletta, con la mia macchina di allora, solo per dire che mi affeziono molto alle cose e non le cambio. In quella scatola c’era davvero il braccialetto con scritto Laura, delle cose anche stupide ma che mi hanno aperto grandi finestre e portato a cercare altri racconti. La cucina della casa è ancora quella, tutte le cose che usa per fare i compiti sono quelle che usavo”.

Da Sanremo all’Oscar inseguendo con forza il destino

Parlando della drammaturgia del film costruito con Ivan Cotroneo c’è subito un velo di commozione perché davvero la vita di Laura Pausini è cambiata in quella magica notte all’Ariston: “C’è una piccola introduzione della me adolescente e poi si va a Sanremo. Non avevo mai seguito il montaggio di un film che è molto diverso dai videoclip. Quando viene la scena di Sanremo anche se la so a memoria mi commuovo sempre, perché lì mi è cambiata la vita. Fino a quel momento lì non sognavo di fare la cantante famosa, io con questo film non rinnego niente e ringrazio il cielo tutti i giorni. Ho lasciato in sospeso dei sogni, per questo fare questo film è stato tanto interessante”.

Il ricordo del lockdown è particolarmente disturbante per lei, perché mentre festeggiava i suoi più alti trionfi professionali nelle televisioni ed intorno a lei c’erano le immagini di morte per il covid: “Ho cantato davvero ovunque e il lockdown mi ha mandato in crisi, non mi aspettavo quello che è successo con il Golden Globe e l’Oscar. Mi sono sentita in colpa perché intorno a me la gente stava male”, mentre sul destino da cui sempre non ha mai nascosto di essersi sentita aiutata nella sua carriera spiega “Sono consapevole che chi ha la fama lo deve alla fortuna e al destino, ma so anche che può essere breve e so l’impegno che ci ho messo. Mi sono dedicata 24 ore su 24 a questo mestiere che rappresenta la mia vita. Non volevo che questo film fosse un’autocelebrazione. Volevo fosse più facile per le persone comprendere che anche se ci viene insegnato di voler essere primi sentirsi realizzato non deve essere sinonimo di fama. Vi racconto la mia vita dal punto di vista di chi è conosciuta, non è una cosa così di moda non voler avere la fama”.

Laura A e Laura B, due vite con un filo ad unirle

Laura Pausini spiega che il primo motivo per aver fatto questo docufilm è stata l’esigenza di rispondere ad una domanda che ognuno si pone nella propria vita: “Volevo spiegarvi che non sono stati i premi a realizzarmi, non è il fatto che la mia faccia sia riconosciuta. Quando si arriva alla fine della vita con un riassunto di chi siamo ci chiediamo se siamo stati felici, quando ti fai questa domanda non ci sarà un pubblico o un premio da ricevere. In quel momento il voto te lo darai dentro di te. Ho capito già a Sanremo che mi sarei sentita realizzata facendo tantissime cose con curiosità, la parte artistica mi affascinava di più e avrei fatto sicuramente architettura senza Sanremo. A me sembra che oggi tanti giovani pensano che l’obiettivo possa essere uno e se non riescono stanno a casa. Non è così perché tutti nasciamo sapendo fare tutto, i nostri piani b in realtà sono altri piani a fondamentali e quelle sono le cose che ci faranno sentire realizzate”.

Nel gioco delle due Laure che vediamo nel film c’è un continuo scambio in parallelo, proprio a voler mostrare come in realtà lei sia sempre lei sia nel privato che sul palco: “Una scena molto è quando la Laura non famosa canta Destinazione Paradiso in trattoria e l’altra lo fa contestualmente allo stadio. L’unica cosa diversa sono il numero di persone che ascoltano, io faccio lo stesso identico gesto. Avete mai pensato cosa possiamo pensare noi cantanti dentro di noi? Ho cercato di farvi capire che io sono fuori di me a San Siro come al piano bar. Ho una figlia di 9 anni che continuamente mi fa sentire una demente alla sua età, tutto quello che lei mi racconta oggi è legato al mondo del like e della moda, questo mi preoccupa. Voglio cercare di spiegarle con questo film che si deve partire da un altro inizio per poi forse un giorno arrivare ad una carriera. La carriera si ha comunque se si vive economicamente con il piano bar, io già mi ero organizzata per andare ad un ristorante di amici dei miei genitori e poi di giorno avrei lavorato. Quelle opzioni non erano accontentarmi, ma gasamenti. Oggi so che tante persone sono costrette ad accontentarsi perché da giovani non avevano possibilità di studiare e capire. I like non sono tutto, la cosa importante è la vita vera vorrei che Paola e le persone che mi seguono capissero da questo film, alla fine Laura A e Laura B si incontrano sorridendo”.

Laura Pausini e l’inedito della sconfitta, un insegnamento per Paola

Il vero motivo per cui Laura Pausini ha deciso di fare questo film è stato proprio per la figlia Paola, a cui lancia il messaggio più bello ed intimo: “Ho fatto questo film perché ci vuole la faccia tosta per pensare che persone vogliano vederti e ascoltarti. Devi avere coraggio. L’altra cosa importante è la frase che dico nel finale che riguarda la vincita e la perdita. Noi non siamo stati educati alla sconfitta, credo che questo sia un grandissimo errore. Io ho dato un grande insegnamento a mia figlia, quando sono partita per vincere il Golden Globes sono partita e sono tornata uguale a prima, lo stesso per l’Oscar. Lei ha avuto la fortuna di questo insegnamento, a me invece hanno insegnato di vincere. Ogni volta che mi nominavano dovevo vincere, ora non vorrei più essere nominata perché porta grande ansia. Vorrei che mi utilizzaste anche voi per capire questo aspetto importante. Voi che comunicate dovete spiegare quanto sia importante perdere. Paolo mi ha detto che era meglio vincere, io non sono andata lì per vincere e in quella scena ho messo solo me stessa senza mentire anche perché non faccio l’attrice. Io non mi ricordo a memoria perfettamente neppure le mie canzoni, figuratevi le battute infatti gli altri attori andavano in crisi”.

Il padre è stato per lei una vera ancora e lo è ancora oggi: “I primi cinque anni li ho fatti tutti i giorni con il mio babbo. Lui è stato meraviglioso e posso dire che su certe cose ora me lo posso godere molto. Ogni volta che si aggiungeva una nazione non potevi fare il figo, dovevi svegliarti presto alle 5 e mezzo e pettinarti da sola. Mio babbo si è sentito malissimo agli Oscar, non aveva ancora capito che avevo perso. Lui quando vede quel momento del film è in silenzio”.

Una Laura Pausini che non ha rimpianti, ma forse qualche rimorso legato a persone che l’hanno delusa nel corso della vita come capita a tutti: “Ho provato a far convivere tutti gli aspetti del mio privato con la vita pubblica, le cose che cambierei sono forse le persone. Sono contentissima di essere nata del segno del Toro, le mie caratteristiche sono tutte quelle che potete trovare li. Tra un po’ sarò nonna, ma quando canto la solitudine mi viene sempre robetta nella pancia e questo dimostra quanto io sia così come mi vedete. Non cambierei nulla delle cose che ho fatto. Cambierei delle persone che si sono dimostrate delle merde totali nella vita, ma capita a tutti di trovarne qualcuna”.

La figlia che le ha cambiato la vita di Laura Pausini, anche professionalmente, e quel nuovo album che non arriva

Chiedendo a Laura Pausini con la nostra domanda noi di SuperGuidaTV quale dei tanti incontri che abbiamo visto nel film abbia cambiato la sua vita professionalmente non ha dubbi: “Mia figlia Paola mi ha insegnato il vero motivo per cui sono nata. Lei mi ha fatto cambiare tante cose, anche a livello professionale. Quando l’ho vista nella camera dell’ospedale è cambiato tutto. Nei miei primi 20 anni sono stata a casa mia in Italia pochissimo, forse solo 100/200 giorni in totale. Sapevo che non avrei potuto più fare quello che facevo prima con l’arrivo di Paola, ma invece di togliere dei concerti ho aggiunto tanto facendo la tv. Lei è il timone della mia vita che mi trasmette coraggio e forza”.

Continuando sempre a rispondere alla nostra domanda Laura spiega che è cambiato anche molto il suo modo di mostrarsi così sanguigno che da sempre l’ha contraddistinta: “Da quando lei non è più piccolina ho provato a ripensare a tutto quello che ho fatto. Vi faccio un esempio: c’è stato un concerto a San Siro e qualcuno ha scritto che il secondo non sarebbe stato pieno ed invece lo era. Mi volevano fare uno scherzo, ma quando sono entrata e ho visto il sold out non ci ho pensato facendo il dito medio. Tutti hanno puntato su quel dito invece di titolare sul sold out, mi pento e mi dolgo di quel gesto. Mi vergogno di quel gesto da quando è nata Paola. Adesso mentre ascolto le canzoni degli autori e scrivo lei arriva nello studio e dice “Questa è bella e devi farla”, mentre quelle con le parolacce dice che se decido di cantarle poi le può dire anche lei”.

Poi la confessione che renderà molto tristi i suoi fan: “Io non sono capace di finire un disco a cui ho iniziato a pensare da due anni, non mi è mai successo prima e sono suggestionata da quello che sta accadendo anche con la guerra. Sto diventando anche molto pudica da quando c’è mia figlia. L’idea era uscire con il nuovo album ad ottobre 2022, ma bisognerebbe anche avere qualcosa di pronto e non ho le canzoni che mi fanno avere il coraggio di andare sul palco e cantarle. Potrebbe succedere che la metà è gasata, l’altra metà no. Questa paura è legata al fare per la prima volta un disco che non nasce da un’idea. Io parto dal titolo del disco e lo sviluppo, stavolta non lo ho e mi dà molto fastidio e rabbia verso me stessa”.

Tanti i progetti di quest’anno, che non le permettono di dedicarsi come vorrebbe alla sua musica: “Mi hanno proposto tante cose, quest’anno anche l’Eurovision. Il prossimo momento libero per occuparmi del disco è fine maggio, non riuscirei mai ad uscire ad ottobre. Anche solo per stampare il vinile avrei dovuto stampare tre mesi prima. Mi è successo con primavera in anticipo che ho scritto il disco in tre settimane, ho chiamato Warner e siamo usciti. Un’altra volta mi hanno detto che loro non erano pronti a lanciarmi”

Una delle confessioni più dolci che regala in questo incontro è quella sul nome del figlio della sua seconda Laura non famosa: “Si chiama Marcello perché è il nome del figlio maschio perso dai miei genitori, mio fratello. Quando aspettavano me non sapendo se sarei stata maschio o femmina loro pensavano che fossi maschio e mi avrebbero chiamato così. Io ho sempre pensato che avrei chiamato così un figlio. Sono stata mamma single perché sono sicura che mi sarei sposata nell’altra vita, ma non sono riuscita ad identificare la persona anche se purtroppo non sarebbe stato Paolo. Ivan mi ha proposto di essere una donna divorziata, ma per la mentalità che avrei avuto nel paese non sarebbe stato possibile. Non andando fuori dall’Italia e viaggiando poco rimanendo nel paese sarei rimasta un po’ chiusa e non avrei divorziato. Volevo far vedere poi il coraggio di una donna che cresce suo figlio da sola intraprendendo la realizzazione personale”.

L’amore di Spagna e Sud America per una star globale

I colleghi spagnolo chiedono a Laura Pausini un ricordo del suo primo tour nel paese che tanto le ha dato ed in cui ancora oggi è l’artista straniera di maggior successo: “La Spagna è ancora oggi il paese dove ho venduto più dischi come artista straniera. In spagnolo il primo disco che ho fatto è ancora davanti a Michael Jackson, mi scuso con lui ma non è colpa mia. Sin da piccola il mio babbo mi ha fatto tradurre le canzoni perché bisogna pensare a cosa si canta, non a come lo si fa. Dal 1994 ci sono state tante grandi onde di successo, i miei primi tre quattro dischi sono stati un’esplosione in Spagna. Quando ho fatto “Resta in ascolto” che ha vinto il Latin Grammy in spagnolo stranamente è andato peggio per le vendite, è stato molto difficile per me. Sentivo di aver sbagliato qualcosa perché non venivo più capita, loro mi hanno adottato e mi sentivo anche un po’ spagnola. Quando è nata Paola mi hanno proposto di fare La Voz in Messico e potevo viaggiare meno, poi mi hanno invitato a fare The Voice in Spagna e lì è stato come fare un amore della madonna dopo tanto tempo tra due innamorati che si erano persi di vista Il legame che ho con la Spagna è molto vero e sono felice”

Un messaggio al Brasile e al mondo sui cambiamenti climatici che le stanno molto a cuore anche se nel film purtroppo non si vedono: “L’ambiente è oggi molto importante. Quando ho fatto uno dei miei tour partiva un film che avevamo girato in tanti paesi del mondo e spiegava la difficoltà che vivevano questi territori dal punto di vista ambientale. Oggi questi problemi sono più concreti, quell’immagine era legata alla canzone Sorella Terra a cui tengo molto. Quel filmato e quella canzone vivono nella mia famiglia quotidianamente. La parte legata all’ambiente con me e Paola purtroppo non è andata nel film, ci sono diverse scene in cui facciamo la raccolta differenziata ed in cui si vede la mia macchina elettrica. Si soffre in tutto il mondo per l’ambiente, ma ogni volta che vado in Brasile sento storie di catastrofi ambientali molto gravi. Io sono un po’ spagnola, un po’ francese e un po’ brasiliana. Anche li sono stata adottata dalla gente e sto male per quello che succede. L’educazione all’ambiente può partire dalla musica, ma deve nascere dall’asilo nido permettendo così a tante cose di avvenire automatico, queste sono le cose importanti a cui devono essere educate le persone non alle guerre”.

Una lunga chiacchierata con Laura Pausini quella di oggi, in attesa di poterla vedere in tutto il mondo su Amazon Prime Video dal prossimo 7 aprile.

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