Spike Lee arriva al Torino Film Festival con l’energia inconfondibile di sempre e un bagaglio di aneddoti che, messi insieme, sembrano già un film. Presenta Highest to Lowest, la sua reinterpretazione contemporanea di High and Low di Akira Kurosawa, ambientata nella New York più feroce e contraddittoria. Un thriller sociale che segna una nuova collaborazione con Denzel Washington, a quasi vent’anni da Inside Man, e che a Cannes ha già raccolto applausi convinti.
Torino Film Festival, Spike Lee parla del nuovo film e dell’incontro con Papa Leone
Ed è proprio da Denzel che Lee parte per raccontare la lavorazione del film. Una delle scene più sorprendenti, spiega, non era affatto come era stata scritta. “Né io né A$AP Rocky sapevamo che Denzel avesse riscritto il copione. Si era studiato Illmatic di Nas, l’aveva analizzato davvero. Dico ‘azione’, partiamo… e lui fa tutt’altro. Ma era molto meglio della pagina. Genio puro.” Anche Rocky, racconta Lee, ha stupito: “Non ci credeva, ma certe cose ce le ha nel sangue”.
Il regista dedica poi un passaggio a una delle sequenze più emozionanti del film: quella con la giovanissima cantante Ayanna Lee, scoperta per caso su Instagram. “Le ho scritto in DM, ma pensava fossi un fake”, sorride. Alla fine l’ha convinta, le ha chiesto di scrivere dieci canzoni, e una di quelle, cantata dal vivo sul set, solo piano e voce, è diventata il cuore dell’ultima scena. “Gente come Denzel non ha bisogno che tu canti tutto per capire che sei talento puro”, spiega Lee. “E quella scena funziona perché reagisce direttamente alla sua voce”. L’orchestra di novanta elementi che esplode nel crescendo, racconta, è arrivata in post-produzione, a completare la magia. “Spero che la canzone vada agli Oscar. Il merito è tutto suo.”
Ma Highest to Lowest è anche una riflessione sulla musica stessa. Nel film, Denzel parla di “macchine che fanno musica, senza cuore né anima”. Un messaggio che per Spike Lee è centrale: “Viviamo un momento molto pericoloso. Guardi Instagram e non sai più cos’è vero e cos’è falso. La tecnologia è così avanzata che molti ne abusano. E quando lo fanno, non è mai per il bene.”
Con la stampa, Lee affronta con disinvoltura temi che vanno oltre il cinema: politica, società, responsabilità pubblica. Racconta aneddoti su De Niro, Coppola e Scorsese, “i miei ragazzi”, dice con affetto, e perfino la storia rocambolesca di un farmaco nato per il cuore e diventato famoso per tutt’altro effetto collaterale. “Doveva servire a una cosa, è finito per rivoluzionarne un’altra. Ma soprattutto: molte morti per infarto non le dicevano. Quel disclaimer non lo metteranno mai, perché ci fanno troppi soldi.”
A Torino racconta anche una delle sorprese più incredibili della sua carriera recente: l’incontro con Papa Leone. “Ho ricevuto una mail dal suo ufficio e pensavo fosse un fake, il finto Papa, succede! Quando ho capito che era vero, sono rimasto di sasso.” Gli ha portato la maglia della sua squadra NBA del cuore, personalizzata con il nome del pontefice. “Ci siamo sorrisi. Mi ha fatto un discorso bellissimo sul cinema. Nessuno pensava che sarei arrivato fin qui, e invece ora ho anche la foto col Papa.”









