Principe con Mon Amour porta a Sanremo Giovani la bellezza delle cose semplici: “A vent’anni non bisogna correre. La leggerezza è rivoluzione. Sono più fragile di quanto pensassi. E va bene così” – Intervista Video

PRINCIPE
PRINCIPE Foto crediti Marco Cipressi

Eugenio Bovina in arte Principe, porta sul palco di Sanremo Giovani 2025 il brano, già disponibile su tutte le piattaforme digitali, dal titolo “Mon Amour”. Sul palco di Sanremo Giovani l’artista si prepara a conquistare tutti con la sua autenticità, portando sul palco una “normalità straordinaria”, grazie a un pop uptempo che risulta fresco e immediato sin dal primo ascolto. “Mon Amour” suona hit sin dal primo play, con chitarre energiche e batterie ritmate che trasmettono pura adrenalina. Divertente, dinamico e contagioso, “Mon Amour” è un invito a lasciarsi andare, a ballare anche quando la vita sembra troppo complicata e a trovare la vera bellezza proprio nella quotidianità. Noi di SuperGuidaTv lo abbiamo intervistato alla vigilia del debutto: ecco cosa ha racontato.

Intervista a Principe – Sanremo Giovani 2025

Principe, benvenuto su Super Guida TV. Partiamo dal tuo nome d’arte: da dove nasce “Principe”?

Principe nasce quando ero in quarta superiore. Tutti avevano un nome d’arte e io volevo pubblicare la mia prima canzone, quindi ho chiesto ai miei amici di aiutarmi. Uno ha detto “Principe”, suonava bene. Poi sono arrivate le vacanze estive, la prof di letteratura ci ha assegnato Il Principe di Machiavelli… e lì l’ho scelto. Il libro non l’ho mai letto, però mi ha aiutato a trovare il nome.

Sei tra i 24 finalisti di Sanremo Giovani con Mon Amour. Qual è stata la scintilla che ti ha portato a scrivere questo brano?

È nato in modo totalmente spontaneo: l’ho scritto in cameretta, in dieci minuti, chitarra e voce. È stato naturale. Mi sembrava perfetto per Sanremo Giovani e per ciò che volevo portare io, perché intorno a noi c’è tanta sofferenza. Credo che godersi due o tre minuti di leggerezza faccia bene, e ho voluto portare proprio questo messaggio sul palco.

Dov’eri quando hai scoperto di essere tra i 24 partecipanti?

Dopo il provino a Roma non volevo tornare a casa: non sapevo l’esito e non volevo ricevere un no davanti ai miei genitori, sarebbe stato devastante. Sono tornato con il mio produttore e gli ho chiesto se avesse un letto: sono rimasto a dormire da lui. La mattina dopo eravamo tutti paranoiati, siamo andati in studio e mi è arrivata una videochiamata dal team. Sorridevano… e lì ho capito. Ho lanciato il telefono, abbiamo saltato. È stato stupendo.

Che atmosfera vuoi portare sul palco di Sanremo Giovani con Mon Amour?

Voglio divertirmi. Divertendomi faccio divertire. Vorrei portare spensieratezza e leggerezza, che la gente da casa guardi e dica: “Ok, rilassiamoci un attimo, balliamo, divertiamoci”.

Il brano parla di leggerezza e quotidianità. Cosa significa per te trovare la bellezza nelle cose semplici?

È fondamentale, una delle cose che mi premono di più. È la chiave di tutto: stupirsi delle piccole cose, come fanno i bambini. Crescendo perdiamo questa capacità. Se riusciamo a goderci le piccole cose, poi godiamo tutto il resto. Se diamo tutto per scontato, la vita diventa piatta e noiosa. Quindi impariamo a stupirci.

La tua musica nasce tra la campagna bolognese e i cantautori anni ’90-2000. In che modo questo mix ti definisce?

Mi definisce perché sono nato lì e ho avuto un’infanzia felice, quindi ho un legame fortissimo con la mia terra. La campagna mi fa stare bene: quando sto male vado da solo in un campo di grano, spengo il telefono e ascolto me stesso. Mio padre mi ha trasmesso Vasco, mia madre Cremonini, sono cresciuto tra tortellini e musica bolognese.

Scrivi per capirti meglio: cosa hai scoperto di te grazie alla musica?

Che sono più sensibile e fragile di quanto credessi. Non sono così forte come pensavo, e non c’è nulla di male nell’essere fragili. Da piccoli si pensa di dover essere duri, di non mostrare nulla. Invece una delle cose più importanti è entrare in contatto con se stessi. Essere sensibili e fragili è una caratteristica incredibile e fondamentale anche per empatizzare con gli altri. Non dobbiamo avere paura di mostrarci per quello che siamo.

L’estate 2025 ti ha portato il tour Ragazzi di Campagna e l’apertura del live di Ligabue a Campovolo. C’è un momento che ti ha cambiato?

Ho capito che fare live è la parte più bella per me. Quando sono su un palco non voglio scendere. Stare con la gente, cantare… è ciò che mi fa stare bene. Campovolo è stato un allenamento pazzesco e un onore enorme. È lì che ho capito che i live sono “il mio”, e che voglio farli il più possibile.

Se i live sono la parte migliore, qual è la parte più difficile di questo lavoro?

Il fatto che tutti possano dire la loro: le pressioni mediatiche, le critiche. Può essere stancante e faticoso. Bisogna tenere il focus su ciò che davvero importa: il motivo per cui si fa musica. Se inizi a dare troppo peso alle critiche, vedi tutto nero. Bisogna restare centrati e ricordarsi perché lo si fa.

Molti artisti giovani sentono il bisogno di fermarsi. È qualcosa che ti spaventa?

Sì, indubbiamente. Preferisco un percorso step by step. Ho vent’anni e sto ancora capendo chi sono. Prima di raggiungere cose grandi bisogna capirsi. Una volta che arrivi, devi mantenere ciò che hai conquistato, e senza maturità è difficile. Viviamo una stagione in cui c’è troppa fretta: ma se a vent’anni non hai ancora raggiunto certi traguardi non sei un fallito. Godiamocela e smettiamo di correre.

Se dico “Festival di Sanremo”, cosa ti viene in mente?

Wow. In famiglia è una tradizione, lo guardo fin da quando ero piccolo. Essere tra i 24 è incredibile, sono onorato e felicissimo.

Il featuring dei sogni?

Cremonini. Lo so, è inarrivabile, ma lo dico comunque.

Cosa speri arrivi al pubblico da Mon Amour?

La normalità e la leggerezza. Essere normali e leggeri non fa male. Dobbiamo concederci momenti di spensieratezza: non significa superficialità. Viviamo circondati da cose brutte, e non dico di ignorarle, ma per due o tre minuti possiamo goderci la musica, ballare e spargere un po’ di bene.

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