Occhi: “A Sanremo Giovani inizio davvero a esistere. Non voglio correre, un passo alla volta. La mia forza? Restare genuino, sempre” – Intervista Video

Occhi

Occhi, all’anagrafe Andrea Occhipinti, è tra i 24 concorrenti in gara a Sanremo Giovani con “Ullallà”: il nuovo singolo – accompagnato dal videoclip – è disponibile da oggi, martedì 11 novembre, per Nigiri / Sony Music Italy. “Ullallà” è un valzer che rompe le regole del cantautorato pop moderno. Il brano si apre come una presa diretta in un dimenticato bar di provincia, con un’intro recitata da cui si sviluppa il racconto della voglia di innamorarsi tipica dei vent’anni, parallelamente alla fatica di crescere e all’incertezza del futuro, attraverso immagini vivide e piccoli dettagli evocativi della vita di tutti i giorni. Dopo “Maradona”, “Gran casino” e “Due occhi come i tuoi”, Occhi riconferma con “Ullallà” la sua capacità di esplorare, in chiave pop freschissima, temi profondi come l’amore in tutte le sue sfumature, l’amicizia, la voglia di crescere e di affrontare le sfide dei giovani attraverso la bellezza della semplicità: la sua è la musica di una generazione che inciampa, si perde, ma resta entusiasta, affamata di senso, e capace di vedere il bello anche dove non lo cerca nessuno.

Intervista a Occhi, all’anagrafe Andrea Occhipinti – Sanremo Giovani 2025

Andrea Occhipinti in arte Occhi, partiamo dall’inizio: dov’eri e cosa stavi facendo quando hai scoperto di essere tra i 24 selezionati di Sanremo Giovani?

Ero a lezione, una lezione di bilancio. Sapevo che l’articolo sarebbe uscito a mezzogiorno in punto perché avevo controllato l’orario l’anno prima. Allora ho avvisato un mio compagno di banco: “A mezzogiorno fai partire il video”. E lì, in diretta, ho scoperto di essere stato preso. La reaction è stata molto soffocata, ovviamente… non potevo saltare addosso al professore.

Porterai sul palco il brano Ullàllà. Qual è l’immagine o il momento che ha acceso la scintilla per scriverlo?

Tutto è nato dalla prima frase: “Non sparate sul pianista”. Avevo tra le mani quattro accordi, poi li ho ridotti a tre e trasformati in un valzer. Appena li ho suonati quella frase è uscita da sola, e mi ha proiettato nel mondo della canzone.

Perché l’idea di un valzer contemporaneo?

Non c’è una vera risposta. Faccio quello che mi sento, senza troppe pretese. Ogni tanto mi vengono idee un po’ strane rispetto al solito, ma so che proprio quelle devo approfondire.

Nel brano parli della voglia di innamorarsi e della fatica di crescere. Cosa ti spaventa di più del diventare grandi?

Forse perdere la spensieratezza e l’incoscienza che hai da piccolo. A 16-17 anni ti senti enorme, hai il mondo in mano. Poi riguardi certe cose e dici: “Cavolo, non lo rifarei mai più”. Però è bellissimo vivere quel momento lì.

Cosa speri che arrivi al pubblico dalla tua esibizione?

Se penso troppo a cosa trasmettere mi viene l’ansia. Quindi la mia linea guida è essere me stesso: genuino e sincero. Vale nella musica come sul palco. Io posso fare qualsiasi cosa, purché sia sincero con me stesso e con gli altri. Poi quello che arriva… arriva.

In brani come Maradona, Grande Casino, Due occhi come i tuoi racconti fragilità e prime volte. Qual è il filo rosso che lega queste canzoni?

È sempre il crescere. Parto da temi autobiografici, da quello che vivo in prima persona. Poi li approfondisco: l’innamorarsi, la scuola, l’università, il lavoro, le delusioni… ma il fil rouge è proprio il crescere.

Qual è l’ultima cosa quotidiana che ti ha ispirato per una canzone?

Domanda tosta! Però sì, l’ultima cosa che mi sono appuntato riguarda una “relazione di laboratorio”. Una mia amica me ne parlava – quelle relazioni che nascono facendo esperimenti – e ho pensato: prima o poi finirà in una canzone. Non è ancora diventata una canzone, ma arriverà.

Sui social hai una community molto affezionata. Cosa ti sorprende di più delle persone che ti seguono?

Io apro quasi sempre il profilo di chi mi segue, voglio vedere che faccia hanno. È una grande fortuna poter vedere in faccia la propria community. E non so perché, ma mi sembrano tutti simili, come se fossero parte di un’unica famiglia nelle attitudini e nei gusti. Ci sto ancora indagando.

Cosa significa per te il Festival di Sanremo?

È un sogno clamoroso essere qui. È la prima volta che provavo a partecipare a Sanremo Giovani, e lavoro con i Ghiri solo da gennaio. Essere al festival è la versione più rosea delle mie aspettative. Cerco di stare con i piedi per terra, quindi finché non mi hanno detto “andiamo a Sanremo” non ci credevo. E poi credo che Sanremo, oggi, abbia un ruolo importantissimo non solo nella musica ma nella cultura italiana. Sento proprio la differenza: ora che vado a Sanremo per molte persone “esisto”. E mi fa un botto piacere.

Hai detto “inizio ad esistere”. Cosa pensi degli artisti, anche giovani, che dopo pochi anni di carriera sentono il bisogno di fermarsi? Ti spaventa questa possibilità?

Non so se “spaventare” sia il termine giusto. Secondo me è un sintomo: se molti giovani sentono il bisogno di fermarsi forse – forse – significa che hanno corso troppo prima. A me non è ancora successo e spero non succeda. Però se un giorno sentirò la necessità di fermarmi lo farò. Io cerco la gradualità: una cosa alla volta, senza correre. Così me la godo e mi preservo. E poi ci sono tanti artisti che non si sono mai fermati per 15 anni e ora riempiono i palazzetti proprio perché hanno fatto tutto con gradualità.

Ultima domanda: qual è il featuring dei tuoi sogni?

Lo sto dicendo ovunque, speriamo non porti sfortuna: Frah Quintale. Lo dico e sembro sempre più un fanboy, ma è vero. Lui è il mio featuring dei sogni.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here