In occasione della sua prima volta in Italia, il talentuoso artista nigeriano Godwin ha presentato al pubblico milanese il suo nuovo album Atonement — un viaggio musicale e spirituale tra amore, perdono e rinascita. Durante l’intervista concessa a noi di SuperGuidaTV, l’artista ha raccontato le emozioni del concerto all’Alcatraz di Milano, il legame profondo con la sua terra d’origine, la Nigeria, e la convinzione che la musica possa davvero salvare le vite. Con voce calma ma piena di passione, Godwin riflette sull’espiazione personale e collettiva, sognando un futuro in cui l’arte africana possa avere finalmente lo spazio e il riconoscimento che merita.
Godwin, intervista esclusiva
Ciao Godwin, benvenuto su SuperGuidaTV. Hai presentato il tuo nuovo album “Atonement”, che significa “Espiazione”: qual è la tua espiazione?
Grande domanda. L’idea dietro l’espiazione è guidata dall’amore, e mi sono sentito come la prima canzone dell’album: è molto una canzone incentrata sul perdono. E mi sentivo come se avessi bisogno di perdonare un sacco di cose che erano state fatte nel mio passato, molte persone con cui ho avuto problemi, in modo da poter entrare pienamente nell’amore come idea o come una cosa in generale. È amore ispirato dall’amore. Sai, tutto quello che era successo doveva succedere. Per me imparare pienamente ad amare qualcuno… quindi sì, è molto ispirato dall’amore.
È la prima volta per te in Italia, e ieri hai avuto un concerto straordinario all’Alcatraz a Milano: puoi raccontarmi le tue emozioni di ieri sera?
Le mie emozioni sono così piene che portano fino a questa mattina. Sono molto felice di come è andato la serata. È la mia prima volta in Italia e a Milano. È stato un grande privilegio perché, per esempio, quando abbiamo iniziato a suonare, le persone non erano ancora arrivate. Dalla prima canzone potevi vedere tanto supporto, le persone arrivare, e immaginare che venissero a vedermi. Sono sicuro che molte persone non conoscevano me come musicista. È stata la mia prima esperienza, ma l’energia è stata tanta che sono venuti a supportare la mia musica. È una cosa bellissima da vedere e spero davvero di tornare qui in città e suonare qui di nuovo.
Ti piace la musica italiana? Conosci qualche cantante italiano?
Non conosco molto la musica italiana, ma ho iniziato la mia ricerca ieri e penso che la prossima volta che facciamo un’intervista vi dirò molto sulla musica italiana perché sono molto, molto entusiasta di tutto.
Dal momento che hai un cuore profondo, penso che possa chiederti una domanda più sensibile, ok? Quale dovrebbe essere l’espiazione per il mondo?
Penso che l’avidità dell’umanità è qualcosa per cui abbiamo bisogno un’espiazione e penso che questo potrebbe aggiustare molte cose. Vengo da un paese molto interessato dove le persone rubano nella misura in cui quello che rubano non possono spenderlo nemmeno in una vita o in 3 o 5 generazioni. Quindi penso che sì, c’è una necessità per questo. Sì, l’avidità dell’umanità, penso.
Sei cresciuto in Nigeria ma hai dovuto lasciare il tuo paese per fare arte: com’è stata la separazione? Quanto hai bisogno di ritornare ogni volta per ricaricare la tua anima?
Di fatto non mi sono mai separato dal paese perché ora vivo tra Abuja, che è in Nigeria, e poi Francoforte, che è in Europa, e ovviamente sono sempre qui quando ho bisogno di lavorare, ma anche qui posso tornare a casa. È un grande privilegio perché mi mantiene informato sul perché faccio ciò che faccio, mi mantiene con i piedi per terra, mi fa vedere le persone con le quali ho iniziato e tutto questo è necessario affinché possa esserci una crescita, che tu ricordi sempre perché stai facendo ciò che stai facendo. Quindi sì, è un privilegio che tengo molto vicino al mio cuore.
Molte persone dicono che la musica salva le vite. Come pensi che questo si applichi alla tua esperienza personale e più in generale alle persone del tuo Paese?
Penso che la musica salvi delle vite, sicuramente. E se dovessi fare riferimento al mio Paese, ad esempio, direi che siamo tra le persone più felici che si possano incontrare. Se c’è un nigeriano in sala, saprai sicuramente che quel nigeriano è lì, da qualche parte. I nigeriani sono compassionevoli, gentili e cercano di includere tutti o di farsi notare molto… anche ad alta voce, ma allo stesso tempo abbiamo anche i problemi del Paese, che è come se, sai, non stesse andando nel migliore dei modi… Ci sono così tante cose che non vanno per il verso giusto. Ma se guardi in profondità, siamo un Paese che ama la musica, è un Paese molto culturale, pieno di tanta bella musica ed è qualcosa in cui prosperiamo perché la vedi su scala globale, con alcuni dei più grandi artisti provenienti, sai, dall’Africa subsahariana, dalla Nigeria. Quindi la musica è qualcosa che ci rende felici. Ed è una delle maggiori fonti di speranza per il Paese in generale, sai, vedere alcune persone che vengono dal Paese e hanno successo anche all’estero. Ma anche per apprezzare la loro musica. Sì, fa andare avanti il Paese. Quindi la musica è la più grande fonte di speranza per il luogo da dove vengo, credo.
Ok, ora torniamo al tuo album. Sei anche un regista. Se questo nuovo album fosse un film, gli daresti un lieto fine?
No, penso che rimarrebbe così com’è, ovvero con un finale incerto. Non sai cosa succede dopo. E credo che l’ultima canzone dell’album si chiami “Permit me” perché avevo bisogno che fosse una domanda. È una richiesta che lui rivolge all’altro personaggio e sta a lei dire sì o no. Possiamo immaginare che lei dica di sì e che tutto si ripeta nello stesso cerchio. Ma, sai, è anche un finale aperto, diciamo che non vuole rivivere quella situazione. Quindi, sì, lo lascerei molto aperto così com’è con la musica.
E ora l’ultima domanda: quale lieto fine daresti alla tua vita, alla tua carriera?
Il lieto fine è che diventi più facile per gli africani che realizzano opere d’arte di ogni genere accedere non solo a un pubblico globale, ma anche a opportunità che, come sapete, non vengono loro concesse per esplorare l’arte e sfruttarla al massimo delle loro capacità nel corso della loro vita. E, sai, le persone possono permettersi di vivere anche grazie all’arte e a un’abilità globale, perché è un periodo molto difficile, sai, le persone che hanno le industrie che in un certo senso creano i macchinari sono quelle che traggono così tanto dalle cose che gli artisti stanno creando. Quindi, se dipendesse da me scrivere un libro, uh, cercherei di assicurarmi che gli artisti si sentano a loro agio, direi.









