“Love Street – Gente che la vita… non si butta via” è il brano scritto da Franco Mussida che inaugura un nuovo progetto realizzato con CPM Music Institute per il Sociale con la partecipazione di Fondazione Progetto Arca, Fondazione San Patrignano, Comunità Kayros, Associazione Amici della Nave, Coro Millecolori di Scampia e Vero Volley. Il brano è accompagnato dal video “LOVE STREET”, per la regia di Franco Mussida, con le riprese video di Greg Production, il montaggio di Nicolò Clerici e il generoso contributo di Marco Rampoldi e Rara Produzioni. Il brano (distribuzione La Gloria) sarà disponibile in digitale da giovedì 4 dicembre e in radio da venerdì 5 dicembre.
Intervista a Franco Mussida e Alberto Sinigallia
Lo scopo di “LOVE STREET” è invitare ad alzare la testa, a sentirsi parte di una sola umanità. Una canzone che vuole portare nelle case un messaggio natalizio di Amore, leggerezza e speranza. Il testo racconta dell’Amore come una forza di trasformazione che unisce tutti, a prescindere dalle confessioni religiose. Per scrivere il brano, Franco Mussida si è ispirato all’equilibrio della Capoeira. Musica e parole vengono offerte da ragazzi e adulti, da musicisti che portano Musica in contesti di disagio sociale e da chi vive la strada tutti i giorni aiutando, sostenendo gente fragile, stremata, malata e delusa.
“LOVE STREET”, infatti, vede la partecipazione di numerosi operatori, volontari e giovani provenienti da Fondazione Progetto Arca, Fondazione San Patrignano, Comunità Kayros, Associazione Amici della Nave, Coro Millecolori di Scampia e Vero Volley. Con loro i cantanti e i musicisti del CPM Music Institute: Pietro Bombardelli (voce solista), i Layers (voci a cappella) e il coro composto dagli allievi del Dipartimento di Canto del CPM Music Institute. Con Pietro Messina al basso, Giacomo Gulino al pianoforte e un gruppo orchestrale coordinato da Roberto Guarldi, con Luca Zambelli alla batteria e le pianiste Beatrice Secco, Francesco Toti, Ilaria Costagli e Manolo Ducoli.
Le dichiarazioni
Franco, Love Street nasce da un’ispirazione legata alla capoeira. Cosa ti ha colpito di questa disciplina al punto da trasformarla in musica?
La capoeira è una danza rituale, marziale da un lato, ma allo stesso tempo è una danza che i brasiliani utilizzano per rappresentare una lotta fisica. Ciò che mi ha colpito è proprio la sua caratteristica più profonda: i contendenti non arrivano mai a farsi del male. Anche se la lotta è evocata, non si toccano, non devono farlo. Da qui è nata l’idea di creare un brano che rappresentasse la lotta interiore. Love Street ha come refrain la frase: «Ma lo sai che l’odio è nostalgia d’amore», intorno alla quale ho costruito una serie di pensieri che poi abbiamo portato anche nel video, grazie al contributo di molte associazioni. Con Alberto di Fondazione Arca ci sono anche San Patrignano, i ragazzi di Don Burgio, i Mille Colori di Scampia, VeroVoldey, le associazioni che portano musica dentro San Vittore e l’associazione Amici della Nave.
Alberto Sinigallia, per Fondazione Progetto Arca, cosa significa partecipare a un progetto musicale come Love Street?
La Fondazione si occupa di disagio e di strada. Love Street, portare l’amore in strada, è sicuramente una delle nostre priorità. Tuttavia, non ci eravamo mai occupati davvero della parte più interiore, quella che mette un seme dentro le persone affinché possano guardarsi dentro e trovare la forza per riprendere il loro cammino. La musica è uno strumento eccezionale. L’abbiamo visto nel dormitorio Jannacci di via Ortles e in un altro nostro centro: le persone entrano, ascoltano, trasformano le emozioni ed escono diverse, cariche, pronte ad affrontare la loro vita. Abbiamo scoperto che la musica è un linguaggio universale, soprattutto perché accogliamo tantissime etnie. È stata una rivelazione straordinaria.
Franco il progetto coinvolge molte realtà che vivono il disagio. Qual è stato il momento più forte e inatteso durante il lavoro con loro?
Quando sono apparsi i bambini. Nel momento in cui sono entrati in scena, tutto si è illuminato e ha acquisito una gioia ancora più grande. Nel video ci sono molte persone e tanti operatori che, ogni giorno, portano luce, conforto, solidarietà, amore—ma anche pane e un letto, come fa Alberto con la sua associazione. Quando sono arrivati i bambini, abbiamo capito tutti che loro sono il futuro. Continuano a esserlo e noi adulti dobbiamo sempre imparare da loro. L’amore che cerchiamo di raccontare attraversa tutte le generazioni: ogni fase emotiva della crescita porta con sé questa dimensione, fino all’ultimo istante. Perché la strada dell’amore è proprio la strada della vita.
Alberto cosa manca ancora in Italia per rendere questo tipo di lavoro strutturale?
Manca la consapevolezza, da parte delle istituzioni, che il lavoro su se stessi è fondamentale. Non esiste solo la materia: ci sono lo spirito, l’energia. Oggi questi approcci arrivano principalmente dagli artisti che hanno colto l’importanza di questo livello più intimo, ma manca ancora una vera “università” capace di accompagnare le persone—soprattutto quelle in stato di indigenza—dal disagio al recupero di sé. Ci sono psicologi, educatori professionali, strutture razionali… ma la parte più intima, quella che tocca il cuore attraverso la musica, non è ancora accessibile a tutti.









