Film da vedere assolutamente: 15 classici del cinema

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Non è mai semplice stilare una classifica dei migliori film della storia del cinema, vuoi perché il fattore soggettivo gioca sempre la sua parte, vuoi perché la Settima Arte è stracolma di titoli che meriterebbero di entrarvi. In questo nostro pezzo raccoglitore, il primo di una serie a venire, partiamo perciò con la premessa che queste sono quindici opere assolutamente meritevoli di essere citate e che altri titoli famosi sono rimasti fuori solo perché il numero era così limitato: abbiamo deciso di dare spazio a classici magari meno conosciuti dalle nuove generazioni e a pellicole d’autore che meritano di essere scoperte, ma alcuni grandi cult sono comunque presenti nelle righe a venire.

15 film da vedere assolutamente

Prima di iniziare a illustrarvi la lista film che abbiamo selezionato vi ricordiamo che quest’ultima è soggettiva ed è stata suddivisa in ordine cronologico. Dal film più “vecchio” a quello più “nuovo”. Siete pronti? Partiamo.

Via col vento (1939)

Georgia, 1861. Rossella O’Hara ama follemente il bell’Ashley, ma questi è prossimo a sposare sua cugina Melania. Quando la ragazza confida all’innamorato i suoi sentimenti, Rhett Butler ascolta di nascosto la loro discussione, irritandola. Nel frattempo lo scoppio della guerra di secessione porta gli uomini ad arruolarsi in massa e Rossella decide di sposare Carlo, fratello della futura sposa, nella speranza di dimenticare il reale oggetto del suo desiderio. Sarà solo l’inizio di un racconto di passioni e tradimenti che vedrà sullo sfondo la brutalità del conflitto. Tra i film classici per eccellenza non può mancare il primo grande kolossal hollywoodiano, vincitore di dieci premi Oscar (record per l’epoca), che trasporta il pubblico per quasi quattro ore in una storia epica e melodrammatica al contempo, ricca di fascino nelle sontuose interpretazioni del cast e nella magniloquenza della messa in scena del regista Victor Fleming.

Il grande dittatore (1940)

La vita di due persone fisicamente identiche, un semplice barbiere ebreo e il dittatore della Tomania, i cui destini finiranno per incrociarsi. Parodia satirica, ma non priva di amarezza e drammaticità, della Germania nazista, nella quale Charlie Chaplin (regista, produttore e protagonista) si sdoppia in due personaggi completamente opposti fra loro. Il genio di Charlot si fa apprezzare sia nelle scene tipicamente comiche, com’era d’altronde lecito aspettarsi, che nelle situazioni più intense e cupe. Un film entrato di diritto nella storia del cinema, con alcune scene memorabili, su tutte il dittatore che gioca con un mappamondo. Un capolavoro che rimane un sempre attuale e geniale apologo contro tutti i regimi.

Film Il grande dittatore del 1940

Quarto potere (1941)

Un giornalista decide di far luce sul mistero della morte di Charles Foster Kane, magnate dell’editoria, che ha spirato l’ultimo respiro pronunciato la parola “Rosebud”. Per farlo il protagonista decide di intervistare alcune personalità strettamente collegate al defunto. Pietra miliare della storia del cinema, considerato universalmente dalla critica come uno dei più bei film di tutti i tempi, il capolavoro di Orson Welles unì spunti da critica sociale a una classe registica infinita. Un must assoluto per tutti coloro che lavorano nel mondo della celluloide e i relativi appassionati, con giochi di luce, inquadrature, scelte stilistiche e interpretazioni magistrali che caratterizzano l’affresco della vita di un uomo con nitida impersonificazione nella realtà stessa.

Casablanca (1942)

Nel corso della seconda guerra mondiale, il misterioso Rick Blaine, statunitense emigrato, gestisce un locale a Casablanca, nel Marocco francese. La città è ritrovo di individui della specie più disparata e l’uomo cerca di mantenere una sorta di neutralità nei confronti del conflitto in corso. Quando sul luogo arriva la bella norvegese Ilsa Lund, con la quale Rick aveva vissuto una storia passionale l’anno precedente a Parigi, tra i due si riaccende la passione ma la donna è ormai sposata con Victor Laszlo, leader della resistenza cecoslovacca ricercato dai nazisti. Frasi iconiche, un duo di protagonisti (Humprey Bogart e Ingrid Bergman) entrati nella leggenda, atmosfere iconiche e suggestive che mettono a confronto diverse culture ed ideali in una delle opere più sontuose di sempre, un melodramma sentimentale che a quasi ottant’anni dalla sua uscita non ha perso nulla del suo strepitoso fascino.

Ladri di biciclette (1948)

Nella Roma del dopoguerra Antonio trova lavoro da attacchino, per cui è indispensabile una bicicletta. Ma al primo giorno di lavoro, questa gli viene rubata. Si mette col figlioletto alla ricerca del mezzo, indispensabile per lui e la sua famiglia viste le precarie condizioni economiche e il rischio di licenziamento. Uno dei massimi capolavori del Cinema italiano, il film di Vittorio De Sica è un amaro ritratto di una nazione provata dal conflitto, laddove povertà, ignoranza e malavita vanno spesso a braccetto. Colonna portante del neorealismo, la pellicola si sofferma soprattutto sui personaggi, dal testardo protagonista al ragazzino ben più sveglio della sua età, fino ai comprimari ognuno specchio di una realtà mai così vicina alla celluloide.

Viaggio a Tokyo (1953)

Una coppia di anziani che vive in campagna si reca a Tokyo per la prima volta a trovare i propri figli, trasferiti in città da molti anni, ma questi sembrano non trovare il tempo per stare con i genitori, finendo per ignorarli. L’unica a dar loro un sincero affetto è la nuora Hara, vedova da anni del marito morto in guerra. Dolce e malinconico, pregno di una accogliente tristezza ma intriso di una velata speranza per il futuro, Viaggio a Tokyo è il capolavoro assoluto del maestro nipponico Yasujiro Ozu, un film entrato meritatamente nella Storia della Settima Arte. Impossibile non commuoversi negli ultimi toccanti minuti, grazie anche alle credibili e genuine interpretazioni del cast, in questo racconto dalla storia semplice, tra località termali e profumo di sakè, in cui il Giappone vive dei suoi contrasti e delle sue radici.

Viaggio a Tokyo film

Sentieri selvaggi (1956)

Quando la nipotina viene rapita dagli indiani, Ethan Edwards si mette alla sua ricerca in compagnia di un mezzosangue. Trascorrono gli anni ma l’insolito duo non perde la speranza di ricondurla a casa. E’ uno dei più grandi western della storia del Cinema, capolavoro assoluto del genere. Jonh Ford sfodera un’opera magnifica, e se la splendida fotografia rende ancora più grandiosa le vasta bellezza degli aridi paesaggi, la caratterizzazione dei personaggi delinea figure interessanti e complesse, colme di luci e ombre. E l’emblema del west, l’Ethan di un immenso John Wayne, è il ritratto di un uomo carico di orgoglio ma con la paura di non trattenere il suo lato più animale e razzista. Classico tra i classici, nient’altro da aggiungere.

A qualcuno piace caldo (1959)

Due musicisti, testimoni involontari di un massacro compiuto da uomini di Al Capone, si fingono donne ed entrano in un’orchestra femminile. Il problema si pone quando uno dei due si innamora della cantante del gruppo, la bellissima Zucchero, in cerca di marito. Irresistibile caposaldo della commedia americana, è un puro concentrato di delizia e risate, che tiene costante il ritmo per oltre due ore di puro divertimento. Gag geniali, dialoghi riuscitissimi, e interpretazioni strepitose, con una Marylin Monroe forse nella prova migliore della sua carriera. Jack Lemmon e Tony Curtis non sono da meno, e con il loro gioco di improbabile travestitismo hanno segnato una pagina importante della storia del cinema che conta: uno tra i film consigliati da vedere ad ogni costo.

Lawrence d’Arabia (1962)

Il tenente britannico Lawrence diventa un eroe tra la popolazione araba, di cui l’Inghilterra era apparentemente alleata, grazie ad alcune missioni di grandi coraggio contro l’esercito turco. Vittoria dopo vittoria, l’uomo si eleva a simbolo di un popolo e diventa l’unico collante che tiene unite le varie tribù rivali. Il suo scopo è quello di regalare ai “suoi” guerrieri uno stato libero e indipendente. Ma gli ingranaggi della politica sono impossibili da fermare. Megakolossal epico, sontuoso e potente, enorme sia per lunghezza (la versione integrale sfiora le 4 ore) che per dispendio di mezzi, con una potenza visiva davvero impressionante. Le splendide battaglie combattute nel deserto, che si erge a reale protagonista della vicenda, sono una gioia per gli occhi e un fulgido esempio di cosa sia il grande cinema. Spettacolare in ogni comparto, dalle musiche maestose alle scenografie, con dialoghi mai banali e interpretazioni di livello assoluto da parte di Peter O’toole, Anthony Quinn, Omar Sharif ed Alec Guinness.

8½ (1963)

Imponente e visionario, è una delle più grandi opere del cinema italiano e mondiale. Un film nel film, la storia di un regista in crisi creativa che esprime tutte le sue idee e fantasie più recondite attraverso oniriche visioni, sogni instabili che talvolta si confondono con la realtà. Diretto da un Federico Fellini ai suoi massimi, e interpretato da un cast numericamente e qualitativamente grandioso, vede su tutti lui, il grande Marcello Mastroianni, in una delle migliori interpretazioni della sua carriera. Ogni singola scena, ogni personaggio, niente viene lasciato al caso, così come l’uso della colonna sonora, che a tratti immerge splendidamente all’interno delle immagini. Un caposaldo della Settima Arte, dalla cui visione non può sfuggire chiunque su ritenga appassionato di questo fantastico universo di celluloide, un film classico tra i film classici.

Arancia meccanica (1971)

Alex si macchia di violenti crimini insieme ai suoi drughi fino a quando un giorno non viene arrestato. Il ragazzo è scelto per partecipare ad un esperimento, conosciuto come Cura Ludovico, atto a recuperare le menti deviate e reinserire i soggetti rei nella società. Un cerchio che si chiude, una parabola filmica sulla forza della violenza, fisica e psicologica, e sulle conseguenze che essa comporta. La fantascienza distopica, nella più reale delle concezioni, viene usata per raccontare con uno sguardo distaccato, ma sempre vivo, la realtà stessa, dove alloggiano le peggiori perversioni dell’animo umano. Stanley Kubrick (non poteva mancare almeno un suo film in questa classifica) usa le immagini e la musica per dipingere la follia insita in ognuno, e lo fa nel migliore dei modi. La colonna sonora, con pezzi di Beethoven e altri grandi compositori, è il degno accompagnamento di una regia assolutamente istrionica, schizzata ma assolutamente perfetta nella sua continua ricerca di sorprendere.

Il cacciatore (1978)

Tre amici partono per il Vietnam. Sopravvivono tutti e tre alla roulette russa inflittagli dai vietcong, ma le conseguenze li dividono. Uno di loro torna a casa decorato e cerca di nuovo una vita normale, un altro ha perso le gambe in seguito a un incidente e non riesce più ad ambientarsi e il terzo diventa un “campione” del gioco della morte a Saigon. Intenso, commovente e crudo ritratto della guerra del Vietnam e dei suoi effetti psicologici sui soldati che la combatterono. Si può dividere essenzialmente in tre parti, la prima ora sulla paura dell’attesa, la seconda sulle drammatiche vicende belliche e la terza sugli effetti derivanti da tanto orrore. A tratti quasi lirico nella sua violenza, non priva comunque di un velo di poesia dannata e perversa, Michael Cimino ci accompagna per tre ore in una pellicola non schierata ma comunque in grado di emozionare e appassionare ai suoi personaggi. E se Robert De Niro è straordinario, non da meno è l’indimenticabile Nick di Christopher Walken, la cui follia è pervasa da una macabra malinconia.

Alien (1979)

L’astronave Nostromo, in viaggio nello spazio, riceve uno strano SOS da un misterioso pianeta. In realtà la richiesta d’aiuto era una minaccia, e l’equipaggio deve vedersela con una sconosciuta e sanguinaria razzia di alieni. La saga di Alien ha qui la sua genesi, e il personaggio di Ellen Ripley (una splendida Sigourney Weaver) entra di diritto nella storia del Cinema, non solo di genere. Un horror fantascientifico inquietante e claustrofobico, pieno di colpi di scena, ricco di momenti agghiaccianti e carico di tensione, con forse la specie aliena più repellente di sempre, totalmente priva di pietà e intenta solo ad uccidere. La ricerca della salvezza è l’appiglio costante dei protagonisti, privati di una scelta da piani ben più “importanti” delle loro semplici vite. Gli ottimi effetti speciali, la tensione sempre ad altissimi livelli e le efficaci scelte di casting lo rendono un cult intramontabile, tra i film belli da vedere così come l’altrettanto splendido sequel Aliens – Scontro finale (1986).

Scarface (1983)

Ispirato all’omonimo gangster movie degli anni 30, qui però aggiornato e riplasmato in fase di sceneggiatura dall’abile mano di Oliver Stone, uno dei film di mafia più incisivi di sempre, senza momenti morti, capaci di tenere incollati alla poltrona fino al pirotecnico finale, entrato nel comune immaginario cinefilo. Al centro della vicenda la figura di Tony Montana, un antieroe mai così umano, interpretato da uno straordinario Al Pacino, affiancato da un cast di tutto rispetto che vanta interpreti del calibro di Robert Loggia, F. Murray Abraham e le splendide Michelle Pfeiffer e Mary Elizabeth Mastrantonio, alle prese con una gara di sensualità senza eguali. La regia di de Brian De Palma è solida, graffiante, sporca al punto giusto anche negli eccessi di violenza e l’atmosfera che si respira per tutto il film trascina di netto nei mitici anni ’80, nelle sue musiche (su tutte la hit Push it to the limit), nei suoi abiti sgargianti e nelle mode folkloristiche, nelle auto di lusso e le piscine lunghe un chilometro, le spiagge dorate e le ragazze in bikini. Si viene trasportati dentro a un mondo non così lontano e si rimane avvinghiati senza fiato fino alla pirotecnica conclusione.

Scarface film

In the mood for love (2000)

In the mood for love parla di una storia di una passione impossibile tra un uomo e una donna, entrambi rispettivamente sposati, narrata con una delicatezza disillusa che tocca nel profondo le corde dell’animo. Wong Kar-wai firma un’opera più decadente del suo precedente capolavoro Hong Kong Express (1994), senza spiragli di luce se non in un caustico finale, quasi liberatorio nel suo breve alito di vittoria incompresa. Sempre al tempo giusto l’uso di effetti visivi come rallentamenti o artifici logistici, e più che azzeccate le musiche, vere e proprie muse accompagnatrici di un amore senza speranza. Strepitosi i protagonisti Tony Leung e Maggie Cheung, che danno vita ad una coppia/non coppia dalle svariate e riuscite sfumature emozionali, al centro di un racconto i cui risvolti assumono valori universali sul significato dei sentimenti.

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