Diego Bianchi è stato di recente ospite al BCT Festival. “Lo dico senza nessuna remora, mi piace parlare anche del mio lavoro, ogni tanto uscire dalla televisione e confrontarmi con gli altri” – Esordisce così il conduttore di Propaganda Live, che proprio in riferimento alla domanda sulla prossima stagione racconta: “Ho appena finito quella vecchia e a me non mi sembra ancora vero, quindi sulla nuova stagione non so cosa dirti, se non che siamo noi, veniamo da una stagione che ci ha segnato tanto nel bene e anche un po’ nel male per eventi che ci sono successi nel nostro cast, però abbiamo avuto anche dei momenti veramente molto belli, mi riferisco alla puntata del 25 aprile, Benigni all’ultima puntata e altre cose, abbiamo fatto ascolti molto alti per noi e quindi l’intenzione è di continuare, dopodiché poi l’attualità politica e non solo politica, italiana e non solo italiana è talmente calda sempre che abbiamo finito da due settimane e abbiamo già accumulato potenzialmente contenuti per fare altre cinque puntate, quindi da qua a settembre chissà in che mondo ci troveremo”.
Intervista a Diego Bianchi
Hai raccontato mille proteste, comizi, drammi, assurdità, c’è qualcosa che ancora ti sorprende della politica italiana?
“Sì, col passare del tempo mi sorprende sempre meno, però ancora un po’ mi sorprende la capacità, non di tutti per carità, ma di alcuni, particolarmente in vista e importanti nella politica italiana, soprattutto non solo italiana, ma parliamo di quella italiana, di non provare imbarazzo mai, di non provare minimamente neanche per cinque minuti un minimo di vergogna, di senso di inadeguatezza rispetto al compito che si trovano a svolgere, alle cose dette, ma invece di mandare giù e andare avanti senza problemi e questa cosa mi stupisce sempre tantissimo, io per molto meno non uscirei di casa per cento giorni, invece questi vanno avanti senza problemi, fanno i ministri, i deputati, non gliene frega niente, questa cosa mi sorprende proprio umanamente, al di là della professione”.
Rispetto a quello che fai, al di là di questo non imbarazzo, provi qualche volta sconforto anche nel fatto che spesso si cade in piedi, cadono in piedi, come si va avanti con queste continue conferme che spesso sembra di combattere?
“Le due cose si tengono, probabilmente l’assenza totale di imbarazzo è dovuta al fatto che comunque c’è un seguito di consenso, ora non per tutti lo stesso, per fortuna qualcuno lo paga, determinati atteggiamenti intermedi di consenso, secondo me sempre meno rispetto a quanto dovrebbero e che li fa un po’ cadere in piedi, comunque sia, c’era la famosa frase di Trump che disse se adesso andassi giù nella Fifth Avenue e sparassi a qualcuno non succederebbe niente, la gente mi batterebbe le mani, qualcosa del genere, recitò più o meno testualmente. Ci sono delle situazioni per le quali ci sono dei politici che possono dire e fare quasi tutto e in termini politici non la pagano mai, questa cosa mi sorprende, quindi cadono in piedi, poi non è per sempre, sono sempre un po’ fiducioso, poi per far sì che non cadano in piedi determinati politici occorre che stiano belli in piedi e radicati gli altri, o quelli che dovrebbero prenderne il posto e questo non sempre accade”.
Hai mai avuto paura che il tuo modo di raccontare la verità venisse normalizzato, preso come spettacolo e non come sguardo critico?
“Raccontare la verità è impegnativo, io ovviamente racconto quello che vedo, testimonio con il mio lavoro una verità spesso inevitabilmente parziale, perché è quella che vedo andando due giorni in un posto, che probabilmente sono poca cosa, però l’onestà intellettuale alla base del mio lavoro è totale, quindi questa la sostengo, la garantisco, dopodiché ognuno è responsabile di quello che fa, non è necessariamente quello che viene capito, nel senso che non posso garantire, essere certo che quello che io penso di aver comunicato arrivi come io lo penso. Dopodiché sono consapevole di avere un profilo un po’ strano, un po’ ibrido, qualcuno pensa che io sia uno che fa ridere, qualcuno pensa che io sia un giornalista, qualcuno che sia un presentatore, probabilmente è vero un po’ tutto, quindi capisco che forse posso generare un po’ di confusione in chi segue le cose che faccio, ma poi alla fine se parlo di una cosa seria il registro è serio, se cazzeggio sto cazzeggiando, sono abbastanza trasparente nelle cose che faccio”.
Alcuni registi sostengono che in questo momento è quasi un dovere e una responsabilità da parte loro fare anche politica, di scuotere le coscienze, che sia attraverso un film drammatico oppure una commedia. In tutte le tue forme, giornalista, presentatore, regista, che ne pensi? Secondo te questo è un momento in cui è un dovere dire la propria della tua attività specifica?
“Non voglio neanche essere necessariamente pesante, mi ritrovo spesso a fare la domanda dei cantanti che magari vengono da me, ma tu che pensi dell’impegno del cantante? Il cantante è libero di fare una canzone d’amore, ma anche una canzone d’amore può essere estremamente politica. E’ chiaro che tu fai questa domanda a me e io cerco di metterci del significato e della politica in tutte le cose che faccio, quando cazzeggio, quando ho fatto l’unico film che ho fatto in vita mia o in tutti i reportage che faccio ogni settimana. Io penso da sempre, da quando mi sono ritrovato a fare questo lavoro, che fosse il momento di farlo, per vari motivi, a seconda della stagione che si attraversava. Questa è una stagione particolarmente pericolosa ormai, ogni giorno ci diciamo che oggi è iniziata la terza guerra mondiale, ce l’abbiamo detto una decina di volte negli ultimi due anni e ogni volta era più o meno vero, era qualcosa di simile perlomeno. Abbiamo il governo che abbiamo, tu mi fai questa domanda in maniera neutra come la potresti fare anche a un regista o a un presentatore di destra che potrebbe risponderti in maniera diversa da me e ti direbbe che questo è un momento bellissimo, fighissimo, per quale motivo? Anzi, viva il disimpegno, cantiamo tutti insieme. Io invece ti dico che sì, cantiamo tutti insieme, forse sì, più ci si impegna meglio è. Però vedo che comunque avviene in varie forme, ognuno come sa farlo, però non deve essere neanche una costrizione, deve essere una cosa che avviene naturalmente. Ci sono tante commedie in teoria leggere o percepite come tali che sono estremamente politiche, questo è da sempre”.
Video – Intervista a Diego Bianchi









