Intervista a Syria, vincitrice di Star in the Star: “Un’esperienza che non pensavo di poter vivere nella mia vita” | Esclusiva

Syria, cantante

Syria pseudonimo di Cecilia Cipressi, è la vincitrice della prima edizione di Star in the Star, lo show condotto da Ilary Blasi andato in onda in prima serata su Canale 5. Durante il programma tv la cantante ha interpretato i brani della grande Loredana Bertè, suo mito da sempre. Noi di SuperGuidaTv abbiamo intervistato Cecilia in arte Syria, con lei abbiamo parlato della sua vittoria a Star in the Star, di cosa facevano per non farsi riconoscere, della sua carriera, dei suoi progetti teatrali, e del suo rapporto con la tv e i social.

Syria, l’intervista esclusiva

Vincitrice di Star in the Star, che esperienza è stata? 

Surreale, diversa, nuova. Un’esperienza che non pensavo di poter vivere nella mia vita e quando è arrivata, dal momento in cui in tutti questi anni di musica non mi sono fatta mancare niente, ho detto perché no proviamola. In fondo si tratta di cantare, soprattutto ho scelto la mia artista preferita. 

Hai avuto modo di sentire Loredana Bertè dopo la vittoria?

Mi ha mandato un messaggio bellissimo sui social e mi ha fatto molto piacere perché sa quanto io sia sua fan da sempre, dal lontano 1996 quando mi presentai a Sanremo con “Sei bellissima” tra i giovani. Lei sa tutta la stima e l’amore che ho per lei. È sempre stata presente nella mia carriera, è stato vissuto tutto con grande trasporto e affetto nei suoi confronti.

Hai mai pensato a un duetto con lei? Magari a Sanremo? 

No assolutamente. Io non posso pensare a lei per un duetto, non oserei mai chiedere un duetto a Loredana, ho troppo rispetto non mi permetterei mai. Dovrebbe avere lei voglia, io non mi permetterei di rompere le scatole. 

Se non fossi stata in gara, quale personaggio avresti votato tra tutti i partecipanti? 

Io ho apprezzato tantissimo le mie colleghe che sono arrivate in finale con me, sia Alexia che interpretava Michael Jackson che Lola Ponce che ha fatto Mina. Sono felice di aver condiviso questa esperienza con loro e di essere arrivata in finale insieme a loro. 

Quant’è faticoso rimanere comunque nascosti dietro le quinte del programma per non farsi scoprire da qualcuno che poi poteva spoilerare. Cosa facevate per non farvi scoprire?

È molto faticoso c’è stato un lavoro straordinario, un’ottima organizzazione da parte della produzione. Noi andavamo a fare le prove con un passamontagna nero, con degli occhiali che coprivano il volto. Per fortuna in studio chiusi con il vocal coach eravamo più liberi. Non potevamo parlare con nessuno, nemmeno tra colleghi. Un’abitudine al mutismo, se non per parlare solo con qualcuno della produzione a cui chiedere aiuto. 

È stata una scuola, un’esperienza molto particolare. Poi sai i primi giorni sono stati un po’ traumatici, ovviamente nella vita c’è di peggio. La maschera nelle ultime due settimane non me la sentivo proprio più e diventato quasi un tutt’uno con la mia pelle. Poi c’è stato il lavoro sulla voce per interpretare l’artista scelto, un lavoro condiviso con Fabio Ingrosso, ci siamo fidati a vicenda. È stata una bella ricerca è diventato un tutt’uno che ha reso possibile tutto quello che è stato visto. Grande lavoro di squadra per non parlare poi di Luca Tommasini che ha fatto un lavoro incredibile le luci la coreografia i costumi. 

Sul format se ne sono dette di tutti colori, io voglio anche lanciare una lancia a favore di questo programma perché chiaramente il luogo comune è che arriva questo programma e che potrebbe sembrare simile ad altri. In verità il paragone a mio avviso non c’è e non si doveva fare proprio. Capisco il discorso della somiglianza, magari delle maschere, può avere ogni tanto mandato fuori strada. Poi oltre alle maschere c’era la canzone dal vivo, l’artista sotto che ha scelto di fare quel personaggio per tutte le puntate, quindi alla fine non è che poi è andata proprio come l’altro programma. È stato fatto un lavoro diverso anche di scelta, perché una volta scelto quell’artista si doveva portare fino alla fine. Io ho fatto tante cose nella vita e se ho scelto di farlo e perché ho colto veramente un lavoro profondo dietro questo programma. 

Cosa pensi delle nuove opportunità di sfondare nel mondo della musica attraverso i talent? Avresti partecipato a un talent agli inizi della tua carriera?

Il mio talent è stato Sanremo Giovani, una settimana in onda su Raiuno a novembre e quello era. Non c’era una consuetudine fatta di tempi, di mesi televisivi con la possibilità di abituarsi e conoscerti, quindi all’epoca era un po’ tutto diverso rispetto a tutto quello che c’è oggi. Diciamo che ormai tutti i talent fanno parte di una modalità, in tutto il mondo, di proporre artisti nuovi e la nuova musica. Ci siamo abituati tutti. Secondo me a un certo punto è il pubblico che sceglie se poi vedere il risultato che esce dal talent. Anche gli addetti ai lavori scelgono di puntare su un talent e non di più. Basta guardare i numeri, ci sono casi in cui è andata bene in un modo e casi in cui è andata bene in un altro. Noi ci teniamo stretti X-Factor e Amici, nel frattempo si è provato a fare anche altro ma alla fine sono lo zoccolo duro della nostra realtà musicale. 

Per quanto riguarda il mio vissuto, oggi è tutto molto veloce. Io vedo che ogni anno ci sono tantissimi ragazzi che ambiscono a vivere questo mestiere e quindi puntano sulla televisione, sui talent per essere visibili. Ai miei tempi era tutto diverso, tutto un po’ meno, erano anche tempi diversi dove c’era altra musica e un mercato diverso da adesso, ora è tutto così veloce e io ne prendo atto. Se guardo da spettatrice, capisco il perché di certi fenomeni e non capisco altri che non mi entrano proprio nella testa, però non dico è colpa del talent, dico soltanto che rientrano in una generazione probabilmente che vuole questo. Io sono attaccata al passato, per me le canzoni devono essere canzoni, gli artisti devono solo saperle raccontare, scrivere e interpretare e c’è questa cosa che ogni tanto la metto in dubbio, però ciò non toglie che comunque ci sono degli artisti che se sono lì è perchè potevano raccontare qualcosa.

Tu sei stata ospite a Sanremo in un duetto tempo fa e il suo nome è andato in trend-topic su twitter. Come pensa sarebbe stato se il suo debutto fosse avvenuto ai tempi dei social? 

Ma probabilmente sarei stata fuori tempo, non riesco a pensare a me oggi. Tutto quello che è accaduto a me in passato ai tempi lo si voleva. Oggi farei fatica perché non mi sento assolutamente al passo con troppe dinamiche del momento. Sono cose che mi spaventano, poi alla fine è un mondo a cui ti appoggi e frequenti, però non so se oggi sarei stata in grado. Oggi ci sono tanti ragazzi giovanissimi però non so come sarebbe stato, forse avrei fatto parte più di un meccanismo tipo un talent. Della musica mi piace raccontare le canzoni e cantarle, non essere troppo al passo con i tempi o con un certo modo di dire le cose, forse neanche se iniziassi adesso. 

Sei stata giudice della terza edizione di Top DJ, ti piacerebbe essere giudice o professoressa in un programma musicale? Ha mai ricevuto proposte simili? 

Sì, mi piacerebbe assolutamente. Mi è successo con X-Factor per ben due volte, l’anno che presero Anna Tatangelo e l’anno in cui presero Arisa, proprio in quegli anni lì facemmo delle audizioni carine e poi andò come andò. Proprio per dirti che è accaduto e che mi sarebbe piaciuto poterlo fare. 

Il momento più difficile della tua carriera e quello più bello? 

Ammetto che in questo momento è quello forse più difficile e musicalmente parlando, penso che in tutto quello che ho combinato in questi 20 anni e più di carriera sia stato tutto fatto per far sì che accadesse. Io non è che dico che adesso è difficile, è perché in verità ho preso atto che non ho più voglia di mettermi in gioco perché penso che se non arrivano delle cose che ti fanno girare la testa o delle proposte che ti danno la possibilità di esserci e di rimanere in piedi io barcollo, lo dico serenamente. In verità è un momento in cui sono distaccata da tanti meccanismi discografici. 

Ecco perchè mi piace lavorare a teatro, spero di riprendere al più presto il mio tributo a Gabriella Ferri. Ecco forse è l’aver lavorato tanto con Paolo Rossi a teatro, aver scelto a un certo punto nei momenti belli della mia carriera di circondarmi di produttori che potessero cucire addosso a me delle canzoni che potessero essere il massimo dell’interpretazione, per me è stato il momento più bello, sono stati belli i Sanremo che ho fatto. La mia confort zone è il teatro, non perchè mi proteggo chi sa da cosa, ma perchè non sono accadute delle cose e non importa se non dovessi fare più dischi, oggi sento più mio il teatro, i tributi a chi ha fatto la storia della musica. 

Ti piacerebbe condurre un programma? 

No, devo essere sincera. È capitato di condurre molti anni fa dei programmi per bambini, ho fatto il giudice è stato bellissimo però condurlo proprio no. Onestamente non mi sentirei sicura, però fare il giudice in qualche programma musicale quello sì mi piacerebbe.  

Parteciperesti ad un reality? Li segui? 

No proprio no, penso che darei il peggio di me ci ho pensato ogni tanto, sarei pericolosissima, lo dico in senso ironico. Sono troppo sensibile, non sopporto la chiusura o la lontananza da casa, mi creerebbe degli scompensi. A meno che, cosa che non mi dispiacerebbe avere una missione, allora sì, sarei motivata. Mi piace molto Pechino Express perché poi lì cosa fai ti metti uno zaino in spalla e cammini per una missione. Gli altri reality all’aperto o al chiuso direi di no. Pechino Express mi piacerebbe, lo trovo molto positivo, una bella esperienza, lo trovo molto costruttivo, divertente. Altri no. Li osservo anche gli altri perché sono casi sociali che voglio capire, apprezzo anche chi è in grado di resistere, ma io non riuscirei a resistere. 

Cosa pensi dei format televisivi tipo “Ora o mai più”? Può essere realmente un’occasione di rilancio per artisti che col tempo sono stati dimenticati ma che conservano un ricordo indelebile con le loro canzoni?

Oddio no, già il titolo mi mette a disagio, mi fa dispiacere molto, è troppo forte, è veramente claustrofobico. Onore a chi partecipa, anzi massimo rispetto a chi partecipa, chi ha voglia di viversi questa esperienza, però per come sono fatta io no. Ovviamente c’è chi ha voglia di riavere un’occasione, ma no. Anzi bravi anche i giudici che devono dire la loro. 

Torneresti al Festival di Sanremo? 

È chiaro che mi piacerebbe però è molto difficile oggi rientrare in quel meccanismo, c’è troppa fila, ci sono troppi artisti, ci sono troppe case discografiche che comunque hanno dalla loro parte tanta sostanza. Mi farebbe piacere tornare ma non è facile tornarci, almeno è quello che io penso. 

Come nasce il progetto del tributo a teatro a Gabriella Ferri? 

Ma guarda, ho una passione per Gabriella Ferri da sempre. Siamo fermi dal momento in cui sono stati fermi i teatri, ora si sta riprendendo. Non vedo l’ora di riprendere questo tributo a Gabriella grazie anche al consenso di Pino Strabioli, mio amico, autore, di tutto e di più, grande amico di Gabriella Ferri, che mi ha permesso di accedere al suo mondo. Con lui abbiamo condiviso l’idea e la scrittura dello spettacolo dal titolo “Perché non canti più – Omaggio a Gabriella Ferri” che da romanaccia quale sono mi sono sentita di proporre a Pino, perchè va sempre ricordata questa grande artista che ha dato tanto alla musica.

In scena leggo i suoi diari personali, racconto Gabriella Ferri e canto il suo repertorio ma senza imitarla, voglio solo ricordarla cantando le sue canzoni. Condivido con il pubblico che l’ha sempre amata e che è tornato spesso a vederci in diverse repliche, quello che è stata questa grande artista. È un ricordo che non ha scadenze, è uno spettacolo che porteremo in giro fino a quando avranno voglia di accoglierci nei teatri italiani. 

Pensi sia stata un po’ dimenticata dalla tv? 

Sì, ma poi sai dimenticata è un po’ un luogo comune, questo si dice da sempre lo ammettiamo tutti. È una donna che comunque ha sofferto, ha avuto tanto e le è stato anche tolto tanto. Era una donna che non aveva filtri, preferiva la serietà rispetto alla leggerezza. Non è stata mai una persona leggera, lei cercava la profondità in ogni dove e quando è riuscita a dare tutto il meglio di sé il pubblico ha amato molto Gabriella e quando si sono perse un po’ le sue tracce è perché lei non si sentiva più nella parte. Io non è che sia la paladina, è che ci siamo resi conto che si devono ricordare dei grandi artisti come Gabriella. 

Sai una cosa mi piace fare a fine spettacolo, invito le persone ad ascoltare la sua musica. Ho trovato in platea moltissimi giovani che non conoscevano Gabriella Ferri e che hanno imparato ad amarla. Lei è stata un grande riferimento. 

Qual è il prossimo progetto teatrale?

Sto lavorando a un tributo alla musica brasiliana partendo dall’album di Ornella Vanoni La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria”, questo è quello a cui sto lavorando. Raccontare quel periodo storico e da lì raccontare anche l’incontro tra l’Italia e il Brasile, ecco partendo da quella musica per arrivate poi a Ornella. È bello partire dal Brasile e poi arrivare a lei, celebrarla. Ornella è una grande interprete della musica italiana ancora in vita e che ci continua a regalare ancora grandi emozioni. Io sono dell’idea che il tributo va fatto anche quando l’artista è ancora in vita. Ornella è un esempio per tutti, ogni volta che fa qualcosa la osservo con gli occhi a cuore. Ornella ha un vissuto straordinario e ha ancora tanta voglia di regalarci gradi emozioni. 

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