Roberto Giacobbo torna con “Freedom – Oltre il confine”: «Ascolti tv? Non vanno inseguiti a tutti i costi snaturandosi. Per formare un divulgatore ci voglio anni, non si cerca sul web e si vede se funziona» – Intervista

Roberto Giacobbo Freedom Oltre il confine 1

Da stasera, lunedì 15 gennaio 2024, torna in onda in prima serata su Italia 1 “Freedom – Oltre il confine”, un programma ideato e condotto da Roberto Giacobbo. In vista di questo importante debutto di stagione, noi di SuperGuidaTv abbiamo intervistato il noto conduttore, che ci ha regalato qualche chicca sulla nuova stagione del programma di Italia 1, raccontando qualche aneddoto del dietro le quinte. In questa nuova edizione di “Freedom – Oltre il confine” avremo modo di vedere reportage inediti e di grande impatto visivo, realizzati in Italia, in Grecia, in Portogallo, in Egitto e non solo. Con Giacobbo abbiamo inoltre ripercorso la sua carriera: dagli inizi a Radio Monte Carlo fino ad oggi. Ecco di seguito l’intervista a Roberto Giacobbo.

Roberto Giacobbo, intervista esclusiva al conduttore di “Freedom – Oltre il confine”

Roberto Giacobbo, parte Freedom – Oltre il confine: cosa dobbiamo aspettarci da questa nuova stagione?

«Ci sarà un’ulteriore evoluzione. La parola d’ordine di quest’anno è: vertigine. Questo perchè racconteremo dei luoghi che casualmente, ce ne siamo accorti dopo averli visitati, provocano un po’ questa sensazione, data dal fatto che andiamo sempre più su: costoni a picco sul mare, formazioni rocciose, costruzioni altissime. Si vedrà anche dalla nuova sigla, che raccoglie le immagini più emozionanti. Grazie anche all’utilizzo di droni molto veloci – non abbiamo utilizzato solo quelli classici, ma anche i droni FPV -, che si guidano con gli occhiali, e che a tutta velocità si gettavano in queste profondità».

Dove ci porterà? Ci può anticipare qualche tappa?

«Saremo in Portogallo, sulle coste che si affacciano sull’oceano; andremo in Grecia, sulle Meteore; oppure in Italia, sul ciglio delle Cascate delle Marmore. Torneremo in Egitto, con un reportage sulla Sfinge. Nella prima puntata inizieremo con un bellissimo servizio sul Colosseo, che abbiamo fatto dopo tanti anni: prima non l’avevamo potuto fare per mille motivi.. siamo molto contenti di aver raggiunto questo obiettivo. Ogni servizio che facciamo richiede permessi, autorizzazioni, contenuti… c’è un grande lavoro dietro ogni singola puntata. Abbiamo ottenuto il Colosseo libero, completamente vuoto. Ogni giorno al Colosseo arrivano circa 25mila visitatori: noi siamo andati alle due di notte, nell’orario di chiusura, e siamo usciti alle nove del mattino, mentre entravano i primi turisti. Noi finivamo la nostra giornata di lavoro, quando iniziava quella degli altri. Siamo andati nei sotterranei.. qualcosa di unico».

Quante persone lavorano alla realizzazione di una puntata?

«La troupe che lavora con me – e che inquadriamo sempre, perché voglio far vedere che ci sono anche loro – viene ripresa costantemente e non solo nel filmato a fine puntata, che si compone di molte persone. Giriamo sempre con nove telecamere, accese contemporaneamente: una di queste è come se fossero gli occhi di una persona del pubblico, che solitamente ha un punto di vista diverso, tutto suo, e che è lì per osservare il lavoro che c’è dietro. Al Colosseo abbiamo realizzato il volo contemporaneamente di tre droni, qualcosa di molto bello e molto particolare. Lavorano con me 15 persone, che viaggiano in tutto il mondo, ma in totale siamo 40. Poi c’è la redazione, gli autori, i montatori, gli addetti alla logistica».

Qual è il segreto di Freedom – Oltre il confine: perché piace al pubblico?

«È la passione: la condivisione di una passione. Quest’anno compio 25 anni di messa in onda ininterrotta, in prima serata. 25 anni senza saltare una stagione, anzi, è successo che ho fatto anche tre serie, in una sola stagione televisiva. In onda costantemente, in prima serata, dal 19 settembre del 1999 ad oggi, e con una caratteristica unica, che penso non abbia avuto nessun altro: passare per tutti e tre i network nazionali, La7, Rai e Mediaset, senza saltare una stagione, con programma che, pur cambiando titolo, si è evoluto ed è sempre stato lo stesso per 25 anni. Il nostro è un rapporto di fiducia che si crea con il pubblico, un rapporto diretto. La vita di un divulgatore non è fatta di sprint, è una grande maratona. Bisogna conquistare la fiducia lentamente, mantenerla nel tempo. Con il pubblico ci deve essere collaborazione: molti dei servizi che facciamo ci vengono suggeriti proprio dai nostri telespettatori, che magari sono venuti a sapere qualcosa, che poi noi verifichiamo, approfondendo tutto quello che è necessario. Abbiamo un pubblico eterogeneo: si va dai 4 ai 100 anni, dal laureato alla persona che non ha avuto la fortuna di studiare, ma che condivide con noi questo sistema di conoscenza».

Roberto Giacobbo Freedom Oltre il confine 2

Nelle ultime stagioni il programma è passato da Rete 4 a Italia 1: come ha vissuto questo cambiamento?

«Beh, molto bene. Facevamo un grande ascolto e quindi è stato necessario atterrare su una rete che avesse un bacino ancora più grande. Con Mediaset, che segue con grande attenzione questa produzione, abbiamo una collaborazione bellissima, con una partecipazione, un coinvolgimento reciproco, un confronto, veramente positivo e costruttivo. Si è creata un’amicizia ed è bellissimo. L’azienda si è accorta che, come programma di divulgazione, è quello che ha più ascoltatori giovani. Sapere che la nostra seconda fascia di maggiore ascolto è quella tra i 19-24 anni fa piacere. La prima fascia è tra i 34-40 anni. Molti pensano che l’ascolto sia composto di over 60: ci sono anche loro, ma dopo le due fasce più giovani».

I giovani che seguono il programma sono poi anche quelli che commentano sui social: lei che rapporto ha con i social?

«Io ho un grande rispetto, perché i social ti danno anche la possibilità di commentare e senza filtri. Scoprire che abbiamo tanti appassionati sui social è importante. Per noi i social sono un piacevolissimo confronto, fatto di condivisione, di ricerca, di studio. Un qualcosa, oltre ogni più rosea previsione e che non abbiamo cercato. Lo viviamo e basta».

Lei è uno attento agli ascolti? Si fa condizionare?

«Li vedo la mattina, perché è giusto che sia così. Gli ascolti sono importanti, per capire se hai fatto bene il tuo lavoro. Non credo che uno faccia il programma perfetto e che poi non lo veda nessuno. È come il voto a scuola: il nostro impegno è quello di dare il meglio, poi chi è a casa deve decidere se quello che hai fatto è piaciuto o meno. Non trovo giusto inseguire l’ascolto a tutti i costi, cioè fare cose che non vorrei fare pur di raggiungere l’ascolto. Sicuramente devo fare al meglio quello che voglio, per fare in modo che piaccia a più persone possibili».

In questa nuova edizione c’è stato un momento che sarà per sempre indelebile nella sua mente?

«Sono dei momenti di emozione… purtroppo quest’anno ho perso il mio papà: ero abituato a parlare con lui di quello che facevo e quest’anno ho fatto delle cose molto belle… quando ero lì mi è venuto un grande dolore, perché sapevo che non potevo tornare a casa e raccontargliele. Non potevo più farlo».

Lei giovanissimo partecipa al concorso per Radio Monte Carlo, poi seguono tantissimi programmi: ricorda l’emozione della prima volta che è andato in onda?

«Si, poi subito dopo sono entrato a Radio Dimensione Suono a Roma. La cosa che più mi ha colpito è che, tornando a casa, i miei amici e la mia famiglia mi avessero ascoltato: per la prima volta avevo parlato con loro, senza nemmeno vederli. Il media era diventato il mezzo per comunicare, anche se non ero con le persone con le quali volevo parlare. Ed è lì che ho capito la potenza di questi media, che poi sono diventati parte della mia vita. Come dicevo prima, quest’anno sono 25 anni di prime serate: ho fatto 400 prime serate e 1000 messe in onda, considerando i day time. Le prime serate in questo momento sono sia su Italia 1 che su Focus. 400 prime serate dove non è che intervisto delle persone o faccio uno spettacolo: io sono lì e racconta quello che sta succedendo, per circa 3 ore. Un incontro, che si è ripetuto 400 volte».

Roberto Giacobbo Freedom Oltre il confine 3

Collabora anche con il canale Focus?

«Ho un bellissimo rapporto con Marco Costa, il direttore delle reti tematiche Mediaset, una persona eccezionale con la quale ci parliamo con molto piacere. Nella mia vita mi sono trovato sempre bene. L’attuale è un momento dove ho il piacere di lavorare con tanti professionisti: dalla dirigenza Mediaset, al produttore, ai collaboratori. Questo programma è anche prodotto da me, è un lavoro fatto in simbiosi con Mediaset, una collaborazione importante che si basa su contenuti, sulle buone notizie. Freedom è realizzato dalle 40 persone che vi lavorano. Noi produciamo le musiche, la grafica. Scriviamo con un carattere che si chiama EasyReading, di cui abbiamo preso i diritti – una cosa che ho detto poche volte –, un tipo di carattere ad alta leggibilità, per aiutare anche coloro che hanno problemi di dislessia… si fa leggere più facilmente di altri. Noi produciamo tutto, comprese le ricostruzioni storiche. Quando da noi si vedono i gladiatori, un templare, un uomo del medioevo, una regina, è perché li abbiamo presi noi: cerchiamo le persone, li facciamo vestire, li portiamo nei luoghi adatti e ricostruiamo quello che sto raccontando, rievocando qualcosa che è successo nel passato. Proprio perché ho lavorato in tutte e tre le maggiori aziende televisive italiane, ti dico che il sevizio pubblico – e questa è una cosa a cui tengo molto e ne sono convinto – non è dato solo dal canale dove fai divulgazione, ma è dato dai contenuti che stai proponendo, perché la divulgazione è servizio pubblico e può essere fatta su qualsiasi televisione, su qualsiasi radio, su qualsiasi sito web, su qualunque giornale. Il servizio pubblico è un tipo di televisione o di messaggio, che tu puoi fare con qualsiasi mezzo di comunicazione».

C’è qualcuno che le ha dato un consiglio all’inizio della sua carriera? Cosa le hanno detto?

«Un capotecnico della Rai, che avevo conosciuto in una piccola tv locale che si chiamava Persona Tv. Vedeva dei professionisti della Rai che fuori orario di lavoro insegnavano a dei giovani a fare televisione. Dicevano: “Ricordatevi sempre che le persone non si affezionando a un logo, a un programma, ma si affezionano a una persona. Quindi dovete guardare quella telecamera negli occhi come guardereste negli occhi una persona per la quale portate rispetto. Guardate fisso in camera. Voi state parlando ad una persona. Non vi innamorerete mai di un elettrodomestico, dovete pensare a questo quando fate questo lavoro”».

In Tv siete ormai in pochi, forse in due, a fare divulgazione scientifica, storica e culturale: si è chiesto come mai?

«Per due motivi: per formare un divulgatore ci voglio anni, mentre adesso si tenta di trovare il personaggio volante sul web, metterlo in televisione e vedere se funziona. Per la divulgazione non è così, perchè la persona che mi sta raccontando qualcosa deve godere della mia fiducia non della moda del momento. La fiducia non nasce in un giorno, non nasce con una moda o con un evento. Nasce con un rapporto personale. Poi perchè è difficile, è molto faticoso, bisogna studiare molto, bisogna viaggiare molto. È molto più faticoso che fare altri tipi di programmi. Ed è faticoso anche per chi ci lavora dentro. Noi abbiamo una sede dove nasce Freedom, che chiamiamo la Cittadella, di circa 1000mq, e dentro c’è tutto: dal parcheggio per i mezzi, alle sale di montaggio, alla grafica, alla cucina. Addirittura una foresteria dove le persone che abitano lontano, sotto messa in onda, possono dormire nelle camere messe a disposizione. Tutto questo a 500 metri dal Vaticano, nel cuore di Roma».

C’è un programma che le piacerebbe condurre? Anche del passato.

«Io ho sempre amato i programmi di Corrado. Per me è stato un esempio. Pensa che casualmente ho scoperto che avevamo lo stesso barbiere, si chiama Carmine. Io sono stato presente a un momento importante della televisione. Praticamente stavo facendo il concorrente a Bis, programma di Mike Bongiorno. Stavamo registrando più puntate a Milano. Mentre registravamo, ad un certo momento abbiamo interrotto perchè c’era la puntata speciale da registrare con ospite Giacinto Facchetti e un altro personaggio famoso. La cosa curiosa è che il regista chiama Mike, perché era venuto in studio una persona per lui. Mike a quel punto ci porta tutti in regia. Arrivati lì incontriamo Corrado, che voleva far vedere una cassetta a Mike: mettono questa cassetta in un lettore: era la puntata zero del Pranzo è Servito. Corrado la stava mostrando a Mike, per avere un suo parere. Io ero lì tra Mike Bongiorno, Corrado e Giacinto Facchetti a vedere la puntata zero del Pranzo e Servito, senza sapere che nella mia vita avrei fatto quello che ho fatto».

Ha mai avuto altre proposte televisive oltre a quelle di divulgatore? Per un altro tipo di programma.

«È successo, ma per il momento preferisco fare questo perché è la mia passione. Non nego che in futuro potrà accadere, però io penso che la specializzazione, a certi livelli, è fondamentale per aumentare la qualità di quello che si fa. Una volta bastava che uno che sapesse far tutto, adesso ci vogliono degli specialisti, come nello sport. Prima un calciatore potevi metterlo in porta, adesso ognuno è specializzato di una parte del campo, questo proprio per alzare il livello della squadra».

Con il digitale, le piattaforme, la tv è cambiata molto. Alcuni format non conoscono crisi: come se lo spiega?

«Quello che posso dire è che ci sono vari aspetti dei programmi televisivi. Alcuni seguono delle mode, altri seguono delle esigenze. La voglia di sapere è insita nell’uomo, quindi si deve adattare, si deve aggiornare, deve crescere. La voglia di scoperta è un’esigenza dell’uomo. Poi c’è anche l’esigenza di divertirsi, che ha mille aspetti diversi: può essere un gioco, un varietà, una canzone, mentre la conoscenza è quella».

Prossimi progetti? Cosa le piacerebbe raccontare? Qual è il suo sogno più grande?

«Ho delle idee molto belle, ma non ne parlo per pura scaramanzia».

Uno come lei sempre a caccia dell’avventura, parteciperebbe ad un reality tipo l’Isola dei Famosi?

«Non ne sento il bisogno».

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