Le sue origini risalgono addirittura agli anni Sessanta, quando ha visto la luce per la prima volta nell’originaria forma cartacea sulle pagine di The Amazing Spider-Man, diventando sin da subito uno dei villain più amati del relativo supereroe. Per via di un proprio senso dell’onore e di un rispetto per la natura selvaggia, con cui ha un legame dicotomico, che lo rendono diverso dagli altri cattivi di casa Marvel. Da tempo, sin dai film di Sam Raimi dedicati all’iconico arrampicamuri di quartiere, il personaggio era in procinto di fare il passo sul grande schermo, fino a prima solo sfiorato tra camei e citazioni.
Ma il destino cinematografico di Kraven – Il cacciatore, uscito nelle sale lo scorso autunno, sembrava già segnato in partenza, in quanto facente parte dell’ormai dismesso Spider-verse di casa Sony, distaccato dall’MCU – con i crossover futuri tutti ancora da vedere – e senza la presenza dell’Uomo Ragno quale storica nemesi da affrontare. Un fallimento che si è concretizzato in un film nato vecchio, con l’enorme flop al botteghino quale sola conseguenza possibile.
Ora anche gli abbonati di Amazon Prime Video potranno dargli un’opportunità, visto che è comparso da poco in catalogo conquistando immediatamente il primo posto dei titoli più visti sulla piattaforma.
Kraven: da cacciatore a cacciato – recensione
Sergei e suo fratello Dmitri sono soltanto dei ragazzini quando vengono obbligati dal loro rude e crudele padre, il potente boss Nikolai, a prendere parte a una battuta di caccia nella savana. Durante l’escursione Sergei è vittima dell’aggressione di un leone, nella quale resta gravemente ferito; provvidenziale è l’intervento della coetanea Calypso, che lo salva facendoli bere un elisir magico donatole da sua nonna.
Dopo essere stato considerato clinicamente morto per tre minuti, il protagonista sopravvive e decide di abbandonare la casa paterna per condurre una vita selvaggia nella foresta. La fiala bevuta anni prima gli ha garantito una superforza e una supervelocità, che decide di mettere al servizio della natura e della giustizia, dando la caccia a spietati criminali. Ma quando Dmitri viene rapito da alcuni crudeli trafficanti, Sergei dovrà usare le sue incredibili abilità per il bene della famiglia.
Un cuore di tenebra che batte piano
Uno scavo introspettivo pari allo zero, con un background a dir poco minimale e una sceneggiatura che ci trascina subito nel vivo dell’azione, dando troppe cose per scontate. Il breve flashback ambientato nel passato e nell’infanzia del Nostro, atto a sottolineare il complesso rapporto con quell’ingombrante padre-padrone – un Russell Crowe che rifà un ruolo troppe volte interpretato nell’ultimo decennio – non è abbastanza per entrare in sintonia con il personaggio principale, costretto a muoversi come una palla impazzita per il restante minutaggio.
Concettualmente Kraven – Il cacciatore sembra uscito dagli anni Novanta, con il demerito però di prendersi eccessivamente sul serio senza averne le necessarie potenzialità drammatiche, con le psicologie delle varie figure coinvolte schiave di uno script schizofrenico e carico di forzature. Non va meglio per ciò che concerne il puro spettacolo, con scene d’azione involontariamente ridicole – il modo in cui Kraven corre è quanto meno grottesco – ed effetti speciali che ci offrono animali creati rozzamente in digitale, incluso un branco di bufali pronto ad aiutare il suddetto antieroe.
Gli antagonisti peggiorano ulteriormente la già certo non rosea situazione, con Christopher Abbott nelle sfuggenti vesti dello Straniero e Alessandro Nivola nei panni di un Rhino che fa rimpiangere, e non poco, il pur criticato Paul Giamatti visto nel dittico di Spider-Man con Andrew Garfield.
Certo la violenza, inusuale per i moderni cinecomic a prova di grandi e piccini, cerca di dare un pizzico di personalità al tutto, ma appare come un orpello gratuito per coprire le evidenti mancanze concettuali e logiche dell’insieme. Basti pensare che non è manco presente nessuna scenetta sui titoli di coda, definitiva capitolazione di un personaggio che probabilmente, almeno nella versione qui interpretata dal comunque volitivo Aaron Taylor-Johnson non rivedremo al cinema per un bel po’.
Conclusioni finali
Kraven – Il cacciatore si presenta come un’occasione mancata, nata già sotto i peggiori auspici: un personaggio dal grande potenziale narrativo qui ridotto a una banale macchina / macchietta d’azione, in un film privo di profondità emotiva e coerenza introspettiva.
Un cinecomic fuori tempo massimo, che nonostante l’impegno – più fisico che espressivo a dire il vero – di Aaron Taylor-Johnson e una violenza a tratti stilosa, affonda per via di una regia confusa e incapace di gestire il ritmo, di effetti digitali approssimativi e di una scrittura poco ispirata, che trasformano un antieroe affascinante in una figura ben più dimenticabile. Destino per altro condiviso dalle diverse pedine secondarie o antagoniste che ruotano intorno a questo guerriero dallo spirito animalesco, che ne esce qui con le ossa rotte e le zanne smussate.