Londra, 1940. Gli abitanti della capitale inglese vivono nell’incubo costante dei bombardamenti tedeschi, ritrovandosi spesso nelle ore notturne a rifugiarsi sottoterra nelle metropolitane, considerate tra i pochi luoghi potenzialmente sicuri. Mentre gli uomini sono al fronte e le donne li sostituiscono al lavoro, il governo per proteggere i bambini ha organizzato una sorta di “evacuazione di massa” dei più piccoli verso le campagne, separandoli così dalle loro famiglie.
In Blitz questo è il destino che tocca anche al piccolo George, nove anni ed etnia mista, che vive con la madre Rita e il nonno. Ma poco dopo essere salito sul treno insieme ad altri coetanei verso la destinazione concordata, George decide di gettarsi dal mezzo in corsa, imbattendosi poi in altri fuggiaschi nel tentativo di far ritorno nella sua casa a Londra. Sarà un viaggio ricco di insidie e di pericoli, con la minaccia delle bombe che continua a martoriare quella devastata città.
La recensione di Blitz: Guerra dal cielo
Un dramma a sfondo bellico visto con gli occhi di un bambino e della di lui madre, con l’alternanza dei punti di vista e delle relative vicissitudini a caratterizzare il corso delle due ore di visione, che guardano ad un’idea di cinema classico nel loro tentativo di restituire spettacolo ed emozioni in egual misura.
Tentativo riuscito per buona parte, soprattutto in quella seconda metà dove la furia del conflitto subito esplode in tutta la sua maestosa brutalità, ma che non riesce ad appassionare completamente al destino dei malcapitati protagonisti. Si denota infatti una certa freddezza nella stesura delle figure principali e secondarie, che nel loro tentativo – forse – di incarnare archetipi universali vengono meno in quanto a profondità e personalità.
Lacrime e sangue
Ed è un peccato soprattutto per via della presenza nel ruolo materno di Saoirse Ronan, tra le attrici più talentuose dell’attuale scena cinematografica, candidata in carriera a già quattro statuette e pronta probabilmente a ricevere la quinta chance, anche se non certo per la sua interpretazione migliore, per quanto comunque decorosa.
Ma la sceneggiatura non offre soluzioni effettivamente apprezzabili alle varie pedine coinvolte, tanto che anche le presunte scene madri perdono potenza e si salvano esclusivamente grazie a una forma esteticamente impeccabile, con la regia di Steve McQueen che supera per diversi punti lo script da lui stesso curato.
Allo stesso modo l’avventura fanciullesca, che porta George a crescere prima del previsto, non ha lo stesso appeal dell’omologa impresa del giovanissimo Christian Bale ne L’impero del sole (1987) ma nemmeno, per citare titoli ben meno altisonanti, quell’afflato e sensibilità di film più recenti come Un sacchetto di biglie (2017) ed epigoni.
Per un film che raggiunge il suo scopo di intrattenimento impegnato e per due ore mette in mostra una certa solidità, ma al quale un pizzico di sincerità in più non avrebbe guastato.
Conclusioni finali
Non manca di spettacolo ma le emozioni sono meno incisive del previsto, in due ore dove i bombardamenti di Londra della Seconda Guerra Mondiale fanno da sfondo all’avventura del piccolo protagonista, separato dalla madre per causa di forza maggiore ma determinato a ricongiungersi alla sua famiglia sfidando le regole e le bombe.
Blitz possiede alcuni momenti di grande cinema indubbiamente, ma non riesce a trovare la stessa chiave di lettura nella gestione dei personaggi, che risultano stereotipati anche quando si tira in ballo la questione razziale da sempre cara al regista Steve McQueen, determinante viste le premesse narrative.
Al punto che mezzora in più rispetto alle quasi due ore effettive non avrebbe guastato, al fine di esplorare meglio la psicologia di personaggi – principali e secondari – che rimangono fin troppo abbottonati nella loro indole archetipica.