Black Adam: un cinecomic dove l’apparenza domina la sostanza – Recensione

Black Adam

Nel 2600 a.C., un potente minerale chiamato Eternium è al centro dell’economia del fittizio regno mediorientale di Kahndaq. Dotato di poteri magici, sarà responsabile della trasformazione di un umile schiavo in una figura dai poteri divini, che metterà fine al regno di terrore che soggiogava quelle martoriate terre.

Ai giorni nostri Kahndaq è sotto il controllo di un’organizzazione terroristica paramilitare conosciuta come l’Intergang e un gruppo di ribelli guidato dalla studiosa Adrianna va alla ricerca di una leggendaria corona fatta di Eternium. Il ritrovamento di tale reliquia finisce per risvegliare Teth-Adam, l’antico campione di Kahndaq, dal suo sonno millenario: dotato di poteri inimmaginabili, unirà le forze con la donna e suo figlio per eliminare l’Intergang, attirando le indesiderate attenzioni della Justice Society, inviata sul posto dal governo americano che considera Adam un pericolo per le sorti dell’intera umanità.

Black Adam, recensione: toccata e fuga

L’undicesimo film dell’allora già agonizzante DC Extended Universe, il cui destino era già segnato prima dell’intrapresa rinascita affidata alle sapienti mani di James Gunn, è un titolo che sembra sbucato fuori direttamente dagli anni Novanta, con tutti i pro e i contro del caso. Azione, azione e ancora azione a sfruttare il fisico imponente del protagonista interpretato da Dwayne Johnson – in una versione molto diversa da quella cartacea – e le peculiarità degli altri supereroi che fanno la loro comparsa, personaggi minori e non prettamente familiari a chi non sia appassionato dei fumetti.

Se si toglie l’affascinante Dottor Fate affidato a un Pierce Brosnan dall’aplomb sempre impeccabile, il resto del cast non impressiona e così i relativi poteri, che sembrano copie di altri popolari personaggi della rivale Marvel. Inoltre la caratterizzazione della maggior parte di questi è al minimo storico, con le due ore di visione che preferiscono invece concentrarsi sulla figura del ragazzino e di sua madre, intenti a cercare di risvegliare l’istinto altruistico del futuro Black Adam.

Apparenze che non ingannano

L’impressione è che il regista Jaume Collet-Serra cerchi di scimmiottare lo stile del collega, e allora mente dell’universo DC al cinema, Zack Snyder, uno stile già di per sé parecchio controverso e divisivo. E allora ecco che la prima sequenza d’azione che vede impegnato il Nostro fa un ampio abuso di slow-motion e pose plastiche, mentre questi atterra planando del cielo e sgomina nemici e mezzi militari senza riportare nessun minimo danno.

La CGI è ovviamente ovunque, con buona pace della verosimiglianza e del realismo. Certo, in un cinecomic non è certamente un fattore chiave, ma a tratti l’uso del digitale appare anche fin troppo invasivo. Ciò nonostante l’intrattenimento a tema, pensato per un pubblico che ha voglia di spegnere il cervello per due ore dopo una giornata di duro lavoro, fa il suo dovere, anche se data la premessa e la mole, non soltanto fisica, del personaggio, ci si sarebbe potuto aspettare un climax maggiormente epico e una storia più appassionante. Qui villain e relativi scagnozzi – un esercito quanto mai impersonale di soldati e mercenari – sono anonimi oltre misura e la presenza di quegli avversari / poi alleati a infoltire il parterre supereroistico offre pochi momenti degni di nota dal punto di vista prettamente spettacolare.

Conclusioni finali

Un supereroe dai poteri divini in un cinecomic assai terra-terra, con tutti i pro e i contro del caso. Black Adam, tra gli ultimi “sussulti” del DC Universe prima della cura James Gunn, è una macchina divistica pensata per il suo protagonista Dwayne Johnson, che si è costruito il personaggio addosso in una sceneggiatura che non va molto per il sottile.

Tra cattivi d’ordinanza, reali o sovrannaturali che siano, alleati dell’ultimo minuto che sembrano scialbe copie di prototipi ben più famosi e il classico ragazzino coraggioso pronto ad accompagnare la missione del possente (anti)eroe, il film scorre tra scene d’azione in serie, slow motion ed effetti speciali più o meno convincenti. Se l’immagine non manca, come testimonia il colpo di scena sui titoli di coda destinato poi a rimanere inespresso, è la sostanza invece a latitare.

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