Venezia 82: A House of Dynamite, il ritorno di Kathryn Bigelow con un thriller ad alta tensione

Kathryn Bigelow

Kathryn Bigelow è tornata. Dopo sette anni lontana dal set, la regista Premio Oscar sceglie Venezia per presentare A House of Dynamite, il suo nuovo thriller politico in concorso all’82ª Mostra del Cinema proprio dove era partita al corsa verso l’Oscar del suo The Hurt Locker. Un film che già dal titolo è un avvertimento: viviamo davvero in una casa piena di dinamite.

La trama è semplice quanto agghiacciante: un missile di origine ignota viene lanciato contro gli Stati Uniti. Nella “situation room” della Casa Bianca parte una corsa contro il tempo per capire da dove arrivi l’attacco e come reagire. Bigelow racconta questa tensione in tre episodi, tre prospettive diverse che mostrano la fragilità degli equilibri globali.

Il risultato è un film che non inventa nulla di nuovo all’interno del genere, ma che riesce a restituire con forza l’ansia di un mondo sull’orlo del collasso. Se la regia è impeccabile, ciò che colpisce di più sono le interpretazioni: Idris Elba nei panni del Presidente degli Stati Uniti, Rebecca Ferguson come dirigente della Sicurezza nazionale e Jared Harris, segretario del Pentagono, entrambi tra i più convincenti del cast.

A House of Dynamite, le parole del cast a Venezia

Bigelow, incontrando la stampa a Venezia, ha spiegato le ragioni dietro al film: “Mi impegno totalmente in una storia, ma devo davvero credere nel materiale. Questa volta era impossibile non farlo. Penso che viviamo davvero in una casa imbottita di dinamite. La sceneggiatura è nata da conversazioni reali con persone che siedono nelle stanze del potere. Volevo portare il pubblico proprio lì, nella tensione di quelle decisioni impossibili”.

Lo sceneggiatore Noah Oppenheim ha aggiunto: “Abbiamo iniziato a scrivere la sceneggiatura un paio di anni fa, ma la storia riflette la realtà del nostro mondo fin dall’inizio dell’era nucleare. Il mondo è sempre instabile, ed è quasi un miracolo che non sia ancora accaduto nulla”.

Dal cast arrivano riflessioni altrettanto forti. Idris Elba ha raccontato l’impatto del film su di lui: “La storia è molto realistica, ambientata in una condizione di isolamento. Abbiamo voluto rappresentare la pressione di quei 18 minuti cruciali, e abbiamo capito quale sarebbe stata la reazione autentica in una situazione simile. Cosa ho imparato? Che non avrei il coraggio di buttarmi in politica”.

Rebecca Ferguson, invece, ha portato l’esperienza sul piano personale: “Questo film ha aperto un canale di comunicazione con la mia famiglia. Ho delle opinioni politiche, pur non essendo un’attivista, e so che viviamo in un mondo in cui gli equilibri sono delicatissimi. Appunto, c’è la dinamite, e questo film parla anche di responsabilità. Nel mio ruolo obbedisco agli ordini, non ho la possibilità di esprimere opinioni personali. Non so se avrei davvero il coraggio necessario”.

Girato prima delle ultime escalation in Medio Oriente, A House of Dynamite sembra quasi una premonizione. Un film che non sarà forse il punto più alto della carriera di Bigelow, ma che restituisce tutta l’attualità delle paure del nostro tempo: la sensazione che basti un passo falso per far saltare in aria l’intero pianeta.

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