Tommy Kuti presenta il singolo “Cittadino del mondo” creato con Davide Shorty: “Questo brano nasce perchè la gente mi chiede, ‘tu da dove vieni?’ Coach ad Amici? Mi piacerebbe molto” – Intervista Video

tommy kuti

È disponibile in digitaleCITTADINO DEL MONDO”, il nuovo brano dell’artista afroitaliano Tommy Kuti insieme al rapper Davide Shorty. Un inno rap-afrobeats alla libertà, all’identità e alla bellezza della diversità. Con il nuovo singolo, Tommy torna a raccontare la sua storia in un viaggio musicale che attraversa la savana dei Masai, passa per Brescia, Milano, le strade di New York, fino ad arrivare alla luminosa e moderna Dubai. “Cittadino del mondo” è un brano energico che fonde la cultura afro con l’identità italiana, dando voce almassaggio necessario che la vera forza sta nella diversità. Con orgoglio, Tommy rivendica la sua identità “meticcia”, dimostrando che l’appartenenza non si misura in confini, ma in esperienze, radici e visioni condivise. Il brano anticipa il nuovo EP “COMMUNITY” in uscita a luglio. Noi di SuperGuidaTv lo abbiamo intervistato per voi.

Tommy Kuti – Intervista cantante di “Cittadino del mondo”

Tommy Kuti, oggi presentiamo il tuo nuovo singolo, “Cittadino del mondo”. Come nasce questo brano e questo titolo?

“Questo brano nasce da un’infinità di ragionamenti interiori, perchè spesso nella vita, ovunque io mi trovi, la gente mi chiede sempre, tu da dove vieni? Di dove sei? Qual è il tuo Paese? E io confesso che quasi tutte le volte quando devo rispondere a questa domanda, ho delle risposte diverse, perché la mia identità è fatta di tante sfaccettature. Io ho avuto la fortuna di crescere veramente in tante parti del mondo. Sono chiaramente cresciuto in pianura padana, però chiaramente sono nato anche in Nigeria e spesso ci sono tornato. Ho avuto la possibilità di fare l’anno di scambio alle superiori, poi ho fatto l’università in Inghilterra e l’anno di scambio l’avevo fatto negli Stati Uniti. E generalmente amo viaggiare, quindi dovevo raccontare questa cosa qua. Raccontare la canzone, fare la canzone per le persone con l’identità multipla.

La canzone è un viaggio da Brescia a Dubai passando per la savana. Se dovessi scegliere un’immagine simbolica del tuo mondo, quale sarebbe?

Forse quando ho partecipato a Pechino Express, mi ricordo che c’è questa scena troppo romantica di noi che attraversiamo il deserto sui cammelli, al chiaro di luna, accompagnati dai beduini. Ho detto, wow, mi piace questa vita.

Hai citato Pechino Express. Cosa hai provato quando hai ricevuto la proposta? È un programma ambito da moltissimi personaggi noti.

Io ho visto il mio background, soprattutto visto che quando ho fatto Cittadino del Mondo, avevo già fatto Pechino Express, però sì, mi sentivo la persona più giusta per questo programma, in assoluto. Infatti siamo arrivati in finale e abbiamo quasi vinto, però io ero proprio pronto per Pechino Express.

Qual è stata la difficoltà maggiore in quel programma?

Ti dirò, non è tanto la difficoltà maggiore, però c’è sempre questa cosa qua. Ogni puntata di Pechino Express che voi vedevate in tv era di cinque giorni di vita vera, quindi era veramente pesante. C’è una situazione di Pechino Express che penso sempre nella vita, ovvero mi ricordo che ad un certo punto era finita la terza puntata, eravamo stanchi morti e pensare che ne mancavano ancora sette mi spaventava. Ero il tipo che dicevo, con calma, pezzo per pezzo. Questa sensazione, questo momento di Pechino Express mi si ripresenta nella vita sempre in ogni cosa e la posso applicare ad un’infinità di altre cose. E forse la cosa più difficile di Pechino, ricordo questa salita che abbiamo fatto in Tanzania, che mi sa che un paio di persone non ce l’hanno fatta a livello di fiato perché era ripidissima, era lunghissima sotto il sole con quella borsa gigante. Però credo che la cosa più difficile che io ho vissuto erano quelle sfide lì quando la produzione si metteva l’uno contro l’altro e dovevamo scegliere, dovevamo tirare fuori il lato selvaggio dentro ognuno di noi. Quella situazione del cane mangia cane, cioè io devo sopraffarti per vincere. Quello è delicato. Però mi ha insegnato molto nella vita quella Pechino Express.

E del tuo compagno di viaggio, cosa ci racconti? Ti senti ancora con qualcuno del cast?

Io e Fabrizio Colica siamo veramente amici, ci sentiamo spessissimo e a volte ci siamo anche visti. Poi dopo Pechino abbiamo fatto anche tanti lavori insieme, da video ci siamo incontrati ad eventi. Io e Fabrizio eravamo gli scoppiati, siamo una coppia nata dal caso, però siamo riusciti a diventare veramente amici, a unirci e a fare un sacco di progetti insieme. Non dico ringrazio Dio per il fatto che il mio compagno sia fatto male, anche il fratello di Fabrizio, però dalla nostra unione è nato qualcosa di bello.

Tornando al brano, hai detto che “Cittadino del Mondo” è per chi ha certi sogni e ricordi mescolati. In Italia oggi quanto è facile o difficile far sentire questa voce?

Devo dire che in Italia è ancora molto difficile far sentire questa voce. Proprio stamattina leggevo i commenti di un mio video che è diventato virale e mi rendevo conto che la gente non è pronta al mondo che stiamo vivendo. Quando leggo certi insulti tipo “Ritorna al tuo paese, tu non sei italiano, voi siete brutti, voi che venite a rubarci il lavoro”, rimango scioccato e dico ma come posso raccontare la normalità della mia vita quando tu sei ancora fermo a certi clichè, a certe idee che ormai sono anacronistiche per i tempi che corrono.

Cosa significa per te essere afroitaliano oggi e quanto è cambiata secondo te la percezione del pubblico da quando hai iniziato?

Vabbè, io ammetto questo, vi dico solo questo. Io la canzone Afroitaliano quando è uscita l’ho intitolata Afroitaliano e ci ho messo l’hashtag nel titolo perché quando ho scritto Afroitaliano su Instagram ai tempi e su Facebook non c’era alcun post. Nessuno si definiva Afroitaliano nel 2017 quando è uscita la canzone. Se ora scrivo Afroitaliano su Instagram ci sono milioni di post. Quindi tanta gente si definisce così, tanta gente comprende di avere questa identità complessa, doppia, multipla e soprattutto vedo che anche i giornali hanno cominciato ad utilizzarlo. Zanichelli non mi darà il merito, chiaramente non sono stato io, però ora quel termine è stato inserito nel dizionario internazionale. Prima no, questo è stato possibile grazie ad una generazione di artisti che si è chiamata così, si è definita così.

La forza sta nella diversità, è un messaggio artistico ma anche politico. Quanto senti il peso o il privilegio di rappresentare questa nuova Italia?

Hai detto bene, peso e privilegio, perché mi rendo conto che i muri che io ho dovuto abbattere nel 2017 quando sono entrato nel mainstream, la mia musica, la mia canzone era su MTV, in tv, erano veramente grandi, epocali. È chiaro che un ragazzo che emerge adesso nel 2025 non deve abbattere questi muri qua. Io avevo proprio la necessità, esigenza e bisogno indispensabile di parlare in modo semplice e farmi comprendere. Era necessario che io facessi una canzone in cui, come in afroitaliano dico la prima volta che ho detto ti amo, ti giuro l’ho fatto in italiano. Era necessario che io lo facessi perché gli italiani cominciassero a farsi un’idea del fatto che esistono altre persone con origini diverse che però fanno parte di questo paese. Chiaramente ora i ragazzi possono anche evitare di fare certe canzoni che ho fatto io e di dire certe cose perché le porte sono già state aperte fino ad un certo punto. Chiaramente il lavoro da fare è ancora grande, c’è ancora tanto lavoro da fare.

Il brano cittadino del mondo anticipa il tuo nuovo EP, “Community”. Che cosa puoi spoilerarci? Suoni, temi, ospiti?

In realtà Community ho provato a raccontare questo mondo di cui io faccio parte. Sono contento che grazie alla mia musica ho avuto modo di conoscere un sacco di persone afroitaliane e non, che fanno parte del mio mondo. Tutti creativi, tutte persone stilosissime e posso dire che abbiamo creato la nostra bolla di vita qua a Milano ed intorni, anche fuori Milano, in cui ci capiamo. Quindi il mio EP Community racconta questo nuovo mondo, questa nuova Italia. In realtà non ci sono tanti ospiti, è più il mio racconto personale.

Collabori con Davide Shorty in questo singolo. Cosa vi unisce artisticamente e com’è nata la collaborazione? In passato hai collaborato anche con Fabri Fibra, ci racconti un po’ di queste due collaborazioni?

Davide Shorty ci siamo conosciuti proprio a Londra. Infatti uscirà il video di Cittadini del Mondo e vedrai che molte delle riprese sono state fatte a Londra. Davide è letteralmente un cittadino del mondo, anche lui sa fare il rap addirittura in inglese perché ha vissuto per così tanti anni in Inghilterra e posso dire che tra me e Davide c’è una grande intesa, ci capiamo. Dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti c’è sempre stato questo bel feeling, questo affetto perché anche lui, essendo un italiano che è andato a vivere a Londra, conosce molto il mio mondo. E oltre a quello posso aggiungere questo, a differenza di molti artisti che fanno generi black, generi urban, Davide è veramente una persona informata, educata, che conosce veramente la realtà e ha un grande rispetto per le origini black di questi generi musicali, cosa che a molti artisti manca. Invece Fabri Fibra è il mio mentor, è semplicemente la persona che quando ero un totale sconosciuto mi ha dato una chance, mi ha dato la possibilità, abbiamo fatto delle canzoni insieme, ma al di là di queste canzoni insieme Fabri Fibra è sempre stata una persona che mi ha consigliato, mi ha dato un sacco di consigli, mi ha fatto prediche su come emergere nel music business, su come comportarsi, gli sono grato, è un fratello.

C’è un’altra collaborazione che sogni?

Chiaramente ora sogno, c’è questo genere qua afrobeats che sta diventando veramente conosciuto, infatti questa canzone qua cittadino del mondo è afropop, e quindi i mostri sacri dell’afrobeats, sognerei di collaborare con loro, da Burna Boy a Wizkid, Davido, però in Italia ultimamente sono ossessionato da Sayf è incredibile.

Afrowive è un format che stai portando in giro, ecco come è nato il progetto e cosa vuole smuovere nel panorama italiano?

Noi ci siamo resi conto l’Italia dorme sull’afrobeats, cosa vuol dire? È che fuori dall’Italia l’afrobeats è il genere più diffuso, più nuovo, cioè che più sta ottenendo popolarità, in certi contesti ha tipo spostato via l’attenzione dall’hip hop, perché comunque è un genere preso bene, che fa ballare, adatto alle feste, però purtroppo in Italia se ne parla ancora troppo troppo troppo poco, se ne parla poco, quando questo genere sta ridefinendo anche proprio l’immagine nel mondo, vedo video di persone giapponesi, coreane, così, che cantano questo genere musicale, però l’italiano in Italia se ne sa ancora troppo troppo troppo poco, chiaramente l’Italia arriva sempre ultimo, quindi il nostro format afro wave è una maniera per far conoscere questo genere qua, anche far conoscere i piatti africani e soprattutto una maniera per far suonare gli artisti emergenti, farli conoscere e dargli un piccolo, una possibilità di fare live e farsi sentire.

Dalla Nigeria a Castiglione delle Stiviere, da Cambridge a Pechino Express, dai palchi ai set cinematografici. Ti senti più artista, attivista o narratore?

Hai detto narratore, la verità è che io mi sento un creativo, quello che tendo a fare con le varie forme d’arte a cui prendo part è raccontare la mia storia e di quelli come me. Quello che faccio maggiormente è scrivere. Scrivo le canzoni, chiaramente imparo le parti, però anche quando recito nei film collaboro sempre con i registi per adattare i personaggi, non sono mai il tipo di persone a cui fanno fare il ruolo, basta stai zitto, cioè c’è sempre collaborazione tra me e i registi e sì, sono un narratore della nostra realtà.

C’è un momento particolare nella tua carriera in cui hai pensato ce l’ho fatta, sto davvero lasciando un segno?

Ti dirò, a me capita questa cosa qua, per quanto sia un Leone quindi egocentrico e tutto quanto, io quando esco di casa mi dimentico, è una cosa strana da spiegare, però mi dimentico che sono famoso, che sono conosciuto e che la gente può osservarmi, quindi mi capita sempre che magari sono sul treno, sulla metro, camminando per strada, la gente mi guarda e io penso, ma cosa gli ho fatto, perché mi guarda male e poi vengono da me e dicono, Tommy, grazie per quello che stai facendo e soprattutto ultimamente la sento spessissimo questa frase, grazie per quello che stai facendo. Questa è la cosa che più mi soddisfa in assoluto, perché purtroppo quando io ero piccolo non c’era nessuno che avesse una piattaforma che potesse farsi sentire, non c’erano musicisti afro con il mio aspetto in televisione, in giro, sui social, quindi sapere che per un ragazzo di 16 anni ci sono io e c’è un’altra schiera di altri ragazzi afro-italiani che fanno la loro musica, ci sono i tiktoker, gli youtuber e tutto quanto, è una cosa che mi soddisfa, che mi fa piacere e mi fa piacere essere stato uno dei pionieri di questo mondo qua.

C’è un sogno che non hai ancora realizzato, che vuoi assolutamente portare a termine nei prossimi anni?

Sì, quello che ho fatto nel mondo della musica, che comunque mi sono fatto sentire, è uscito un mio progetto con una major e da lì sono usciti un’infinità di altri progetti, quello che ho fatto con la musica lo voglio fare anche nel cinema. Spero che un giorno sia normalizzato che ci siano film, serie televisive che raccontano la nostra realtà però fuori dai cliché tipici italiani, la nostra vera vita, la nostra vera community. Io vivo in un mondo in cui ci sono mille persone piene di talento, videomaker, fotografi, artisti, ballerini, tutto quanto e veniamo da tutte le parti del mondo e viviamo per me un’Italia che è il futuro, però l’Italia non la conosce questa realtà, io spero di raccontarla.

Ballerino ballando con le stelle o giudice in un talent? X-Factor, Amici?

Sicuramente ballerino no, ballerino mai, per quanto si dica avete il ritmo nel sangue non è il mio caso, però giudice ad un talent posso immaginarmici, ma più che l’idea di essere in un talent e essere giudice, in realtà a me piace l’idea di aiutare le altre persone a realizzarsi, è proprio una cosa che mi aggrada, che mi fa sentire soddisfatto.

Quindi coach ad Amici?

Più una cosa del genere, coach è una persona che è di supporto, però ci tengo a dire uno di quei veri coach, perché io ho tanti amici che sono andati in talent e magari in televisione il mentore, la celebrità di turno era lì che diceva no, lavoriamo insieme bla bla bla e poi quando è finito il talent addio chi si è visto si è visto, è una cosa che mi ha sempre rattristato.

A chi si sente fuori posto cosa direbbe oggi Tommy Kuty?

Trova la tua Community, ognuno di noi ha una community là fuori da trovare, trova la tua community, questa è la mia risposta.

Perché vale la pena ascoltare il tuo brano? Lancia tu in prima persona a chi ci guarda.

In questo mondo di pazzi, razzisti, persone con la mente chiusa, è giusto celebrare la bellezza della diversità nel mondo. Ascolta Cittadino del Mondo, Tommy Kuti featuring Davide Shorty.

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