Ted Lasso, la recensione – no spoiler – della serie in streaming su AppleTV+

Ted Lasso

Ted Lasso non è una serie come tutte le altre. In un primo momento sembrava destinata a passare in sordina nel nascente catalogo di AppleTV+, oscurata da produzioni dal nome più altisonante. Poi, a un certo punto, c’è stata un’inversione di rotta. Il pubblico si è iniziato ad accorgere che questa serie, creata da Bill Lawrence e Jason Sudeikis per tre stagioni e da quest’ultimo anche interpretata, no, non era proprio una serie come tutte le altre. Perché Ted Lasso è stata, ed è ancora, un’opera capace di sparigliare le carte in tavola, di affrontare con una vitalità e un ottimismo unici argomenti spinosi e questioni complesse.

La trama di Ted Lasso

Ted Lasso (Sudeikis), coach di football americano, viene inaspettatamente assunto da Rebecca Welton (Hannah Waddingham), neopresidente del club di calcio AFC Richmond, come allenatore. Pur non sapendo nulla di questo sport, Ted decide di accettare l’incarico e si trasferisce a Londra, ignaro del fatto che il suo ingaggio è un tentativo della Welton di screditare l’ex marito (Anthony Head), precedente proprietario del Richmond.

Sebbene all’inizio non sia visto di buon occhio per la sua goffaggine e la sua praticamente nulla attitudine al calcio, Ted pian piano riesce, grazie al suo braccio destro Beard (Brendan Hunt), al suo carattere positivo e alle sue capacità di motivatore, a conquistare la fiducia dei giocatori e a far cambiare idea alla presidente Welton e ai tifosi del Richmond.

Ted Lasso, perché guardare la serie

Iniziamo dalla fine. Un biglietto lasciato da Ted Lasso nell’epilogo della terza e ultima stagione recita: «Non si tratta di me. Non è mai stato così». Ted Lasso non parla di Ted Lasso? Non necessariamente. Ted Lasso utilizza il suo protagonista come un grimaldello per inserirsi negli spogliatoi dell’AFC Richmond e da qui osservare il mondo attraverso una prospettiva spiazzante. Ted Lasso è una lente di ingrandimento che svela e disvela.

Chiunque si approcci a Ted pensa a un primo sguardo di trovarsi davanti a un incompetente, a uno scherzo, a un giullare giunto al posto sbagliato nel momento sbagliato. Ted, però, fa qualcosa di rivoluzionario. O meglio, il fatto che risulti così rivoluzionario ci porta a riflettere sullo stato delle cose in una società di cui il Richmond è una microscopica espressione. Ted non si scoraggia, non risponde a tono, non insulta. Si fa rispettare, ma usa la gentilezza e la cordialità come strumenti per scardinare le difese anche più granitiche dei proprio interlocutori. Si scontra con la maleducazione e con i grugniti – sono diventati iconici quelli di un personaggio anch’esso già iconico, Roy Kent (Brett Goldstein) – prendendo in contropiede con la sua positività, con il suo umore contagioso.

Quello che Ted Lasso poi fa, è affondare la propria ironia a uso e consumo di una riflessione su temi caldi e scottanti. Si affrontano a viso aperto i demoni della depressione nel mondo dello sport, con la questione della sanità mentale degli atleti che è ancora lungi da trovare l’adeguato spazio nelle discussioni dell’opinione pubblica. Ancora tratta la piaga del razzismo o delle difficoltà, in un contesto machista e spesso tossico come quello del calcio, che trovano gli atleti a dichiararsi apertamente omosessuali. In qualche modo poi decostruisce la figura del maschio novecentesco, ne riconosce l’inadeguatezza e l’anacronismo, mettendolo alla berlina con le sue false convinzioni ed esponendone le debolezze e le insicurezze.

Perché non guardare Ted Lasso

Ted Lasso è un po’ come una panacea per i mali. E’ una serie che forse non è perfetta e millimetrica da un punto di vista drammaturgico, con in particolare la terza stagione che cede un pochino sulla compattezza nel momento in cui deve chiudere tutte le sue linee narrative. Di certo non è però questo il portato innovativo di un racconto che davvero rinfranca l’animo e che merita, senza se e senza ma, una visione e una chance.

E’ una serie che è arrivata per la prima volta in un momento storico e sociale estremamente particolare come quello della pandemia (era il 2020), che forse anche per questa ragione ha attecchito con questa solidità nei cuori delle persone. Ma tutto l’affetto che Ted Lasso si è guadagnato se l’è guadagnato sul campo, dimostrando un’iniziativa senza precedenti nel raccontare le cose con il suo grande sorriso.

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