Predator, trama e recensione completa del Film a cura di Christian Fregoni

Predator, il film

Anni ’80. Il cinema d’azione “muscolare” americano è nel pieno della sua prolificità. È un cinema ricco di scene action adrenaliniche e battutacce di quart’ordine, dette al termine di sparatorie surreali, in cui le armi vomitano bossoli in continuazione e i nemici cadono uno dopo l’altro in un crescente susseguirsi di cadaveri metallici e organici. I film sono popolati da eroi che trasudano più testosterone che raziocinio ed è questo ciò che piace: perché ammettiamolo, andando a vedere titoli come “Commando” o “Cobra” non ci si può aspettare altro no?

In questo contesto generale, si insinua quatto quatto il regista John McTiernan quando nel 1987 sbanca i botteghini con uno dei suoi titoli più famosi ed apprezzati, entrati di diritto nel panorama cult mondiale: stiamo parlando di Predator.

Per l’occasione viene radunato un cast di icone del cinema action senza precedenti: Arnold Schwarzenegger, Carl Weathers, Sonny Landham, Bill Duke e Jesse Ventura, per citarne alcuni. La posta in gioco è succulenta e il rischio di scivolare nel pericoloso baratro del già visto e del riciclato è altissimo, ma il risultato finale è degno dei migliori esemplari di azione fantascientifica.

Predator, trama del film

L’elicottero che trasporta un ministro statunitense è stato abbattuto dai guerriglieri avversari nella giungla del Centro America e solo un uomo è tanto abile da poter condurre un’operazione di recupero così delicata: il maggiore Dutch Schaefer. L’agente speciale Dillon della CIA lo sa bene, perciò fa radunare Dutch e la sua squadra di commandos speciali per portare a termine l’importante missione.

Il team giunge presto sul luogo della collisione e qui si rendono conto che un’altra squadra specializzata era già stata inviata prima di loro per cercare di recuperare il politico americano. Normale amministrazione potrebbe pensare Dutch, se non fosse che i corpi dei soldati vengono rinvenuti completamente scuoiati e appesi penzoloni dai rami, come fossero trofei di caccia.

Dopo essere finalmente entrati in contatto con la guarnigione nemica, i commandos realizzano di essere stati manovrati come burattini da Dillon e dai piani alti della CIA in una differente operazione volta al ritrovamento di preziosi documenti coperti dal segreto militare. Proprio quando decidono di lavarsene le mani e cercare di raggiungere la zona di recupero, i soldati si trovano a dover fronteggiare una minaccia ben più grave e letale: un terrificante alieno predatore comincia a cacciarli e sterminarli uno alla volta, per portare a termine il suo sanguinoso gioco al massacro e reclamare la sua superiorità nel terreno di caccia prescelto.

La recensione e l’analisi del film Predator a Cura di Christian Fregoni

Difficile etichettare “Predator” semplicemente come film d’azione: la spina dorsale del titolo è sostenuta dai rigidi dettami del genere (scene caratterizzate da massicce dosi di adrenalina pura, sequenze di sparatorie nel fitto della giungla impervia, protagonisti veterani di guerra con poco sale in zucca e molti muscoli) ma comunque “sporcata” da incursioni di altri stili cinematografici.

Innanzitutto la base del soggetto è puramente fantascientifica, in quanto l’idea di un nemico alieno predatore, che si diverte a praticare il suo passatempo preferito sulla Terra, campo di gioco e terreno di caccia perfetto, trae a piene mani spunto dal panorama sci-fi. A ciò bisogna doverosamente aggiungere anche una punta di ispirazione all’action-horror classico (vedasi “Alien” di Ridley Scott, ad esempio), in cui un letale mostro sconosciuto massacra a turno tutti i personaggi raffigurati.

Proprio qui sta la forza del film di McTiernan: partire dalle linee guida di un genere ormai canonizzato per poi deviare artisticamente in un territorio quasi inesplorato, andando a delineare e definire le norme di un prodotto che diventerà oggetto di infinite rivisitazioni.

Predator” è in questo senso quasi un precursore di tutti i successivi titoli in cui l’uomo si troverà ad affrontare una minaccia aliena potenzialmente mortale a colpi di arma da fuoco. Non è cosa da poco, data la pericolosità di sfociare nel cliché più puro: bicipiti gonfi, armi e proiettili a tutto spiano e moralità posticcia vengono tutti eclissati dalla spettacolarità del soggetto stesso.

Il titolo si compone quasi di due linee narrative che corrono parallele inizialmente per poi andare a confluire nella trama vera e propria. All’inizio assistiamo alla rapida presentazione del Maggiore Dutch e della sua squadra di veterani, ognuno con la propria personalità sopra le righe, e all’ancor più rapida entrata in scena nella giungla per portare a termine la missione destinata.

A far da padrone in questo frangente è l’azione più pura, culminante nell’enorme scontro a fuoco contro i guerriglieri, in cui Arnold e il suo gruppo fanno pieno sfoggio di tutta la loro abilità bellica e il loro innato amore per la polvere da sparo. Azione frenetica e serratissima, fiumi di pallottole e uomini che “non hanno tempo di sanguinare” si alternano in un classico spettacolo di cinema muscolare anni ’80.

Le cose cambiano quando entra in gioco l’alieno, il Predator. Ora la giungla, da iniziale terreno agevole in cui muoversi diventa ostile quanto la minaccia extraterrestre. Sì, perché il Predator ha l’abilità di camuffarsi perfettamente con l’ambiente circostante, mentre al contempo è dotato di tecnologie avanzatissime per poter monitorare costantemente la posizione delle sue prede ambite: gli umani.

Lo stile quindi cambia e il ritmo del film oscilla tra momenti di flebile stasi a punte tensive da antologia: il team di militari esperti diventa vittima di un sanguinoso gioco del gatto e del topo, in cui vengono sorprendentemente esaltate le componenti psicologiche dei protagonisti, costretti a scontrarsi con una minaccia ignota, e a tutte le ingegnosità necessarie per salvarsi.

Il merito di questa alternanza di stili è senza dubbio da riscontrarsi nella solida regia di John McTiernan (che ci ha regalato anche un altro titolo passato alla storia: “Trappola di cristallo”) che sa dosare abilmente il potere soverchiante dell’azione più pura, per incentrare l’attenzione dello spettatore sul reale soggetto del film.

Il cast viene infatti scritturato non per particolari abilità recitative, infatti la pellicola non riluce nell’immaginario per questo, quanto per soddisfare i meri requisiti di base: un nucleo di soldati super-addestrati ad combattere qualsiasi minaccia in qualsiasi ambiente devono comportarsi come sanno fare meglio, ovvero parlare poco e sparare tanto.

Schwarzenegger, Weathers, Duke, Landham, Ventura e compagnia bella sono tutte pedine sacrificabili e questo lo sanno bene, per cui la componente recitativa deve passare in secondo piano rispetto a quella fisica.

Su tutti i personaggi coinvolti ne spicca uno in particolare comunque: il Predator. La sua esistenza stessa è avvolta dal mistero; ci viene presentato con una fugace scena in cui la sua astronave si avvicina all’atmosfera terrestre e poi ci ritroviamo precipitati nel cuore dell’azione, a provare a seguire le gesta del commando che cerca di sopravvivergli.

Le sue motivazioni sono ignote, così come la sua natura e ciò contribuisce a caratterizzare magistralmente il suo ruolo di definitivo antagonista. Aggiungiamoci poi tutto il colorito e immaginifico armamentario ultra-tecnologico di cui è provvisto e il gioco è fatto: una perfetta icona cinematografica ha qui trovato la sua genesi, al pari dell’Alien di Ridley Scott.

Questa considerazione finale chiarifica in modo esemplare perché “Predator” è diventato di diritto un CULT assoluto del cinema anni ’80, andando da lì a generare una schiera di film collegati: 3 sequels, di discutibile riuscita e successo, e 2 cross-overs con la saga di “Alien” (da dimenticare).

Voto: 8

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