Poker Face: la posta in palio è la vita nel film di Russell Crowe – Recensione

Poker Face

Una partita di poker può cambiare la vita di una persona? Come spesso anche il cinema ci ha insegnato, la risposta è sì e in questo caso non soltanto il destino del protagonista è legato al tavolo da gioco, ma anche quelli dei compagni di un tempo, con i quali ha trascorso un’infanzia apparentemente spensierata. Russell Crowe, a otto anni di distanza dal suo esordio dietro la macchina da presa con l’imperfetto The Water Diviner (2014), ci riprova proprio con questa storia, da lui stesso sceneggiata, che vede le carte come co-protagoniste.

O almeno nelle intenzioni, perché a conti fatti degli assi e dei jack se ne sa ben poco nel corso dell’ora e mezzo di Poker Face, con il relativo match mai realmente approfondito, semplice sfondo alle vicende dei personaggi e a quella trama thriller che prende forzatamente il sopravvento nella seconda metà di visione, destinata a un’improbabile resa dei conti. Ma andiamo con ordine…

Poker Face: all in o all out? – recensione

Jake Foley, un magnate della tecnologia, organizza una serata di poker contattando i suoi amici di gioventù: ognuno di loro ha fatto carriera e la posta in palio sarà molto alta. Il padrone di casa nasconde un segreto riguardo alla sua salute, che non è riuscito ancora a rivelare alla figlia adolescente – già provata dalla dolorosa scomparsa della madre – e sembra voler chiudere i conti con qualcosa del suo passato.

Ma con così tanti soldi in ballo, quella che doveva essere una intima reunion rischia di trasformarsi in qualcosa di molto diverso. Mentre emergono vari segreti sulle vite dei diversi giocatori presenti, ognuno con un proprio scheletro nell’armadio, una banda di uomini armati è intenzionata a ripulire l’isolata dimora dove ha avuto luogo il ritrovo e in cui, tra verità e bugie, ognuno dovrà fare i conti con la propria coscienza.

Una storia sbagliata

Una trama a dir poco pretenziosa e inconcludente, fin da quel prologo che vede il personaggio principale far visita a un santone in cerca di una tardiva spiritualità. Ma già dal flashback iniziale, che ci porta a scoprire sommariamente le dinamiche tra le versioni adolescenziali dei vari contendenti, l’impressione è che a Poker Face manchi un’identità di vedute e che troppo spesso i diversi spunti finiscano per correre da soli, senza una necessaria coesione d’insieme.

La regia cerca qua e là di ravvivare l’azione, ma poco può per limitare i danni di un racconto che si prende fin troppo sul serio nelle sue assurde esagerazioni, con diversi colpi di scena legati alle varie figure coinvolte che vengono esposti in un momento di drammatiche confessioni, finendo per assumere contorni involontariamente tragicomici. E che dire di quando l’anima di genere prende il sopravvento, con ennesime forzature che portano pressoché l’intero cast a ritrovarsi nella medesima location per quella caotica conclusione?

Crowe si impegna in veste d’attore ma poco può per limare un alter-ego eccessivamente abbottonato ai cliché di uno script improponibile e il resto del cast, che vede tra gli altri la partecipazione di Liam Hesworth e del rapper RZA, non brilla per carisma.

Il film è disponibile nel catalogo di Amazon Prime Video.

Conclusioni finali

Nonostante il titolo, della partita sul tavolo verde non frega niente a nessuno, sin a cominciare da quel Russell Crowe che – nelle triplici vesti di attore, regista e sceneggiatore – si smarrisce all’interno della sua stessa creazione. Passo indietro rispetto al pur non del tutto riuscito suo esordio dietro la macchina da presa con The Water Diviner (2014), il film si perde in dialoghi verbosi e in risvolti assurdi, fino a quella svolta tensiva che raschia il raschiabile con le unghie e con i denti nella mezzora finale.

Poker Face è un pasticcio senza arte ne parte, pensato male e realizzato peggio, popolato da volti anonimi e da sottotrame ridicole, con il dramma e la suspense a far capolino forzatamente in una storia che manca di fondamenta.

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