Marco Maddaloni: “Dal Grande Fratello esco con la consapevolezza di essere un punto di riferimento per molti giovani” | Intervista

Marco Maddaloni

Marco Maddaloni è stato uno dei protagonisti dell’ultima edizione del Grande Fratello 2024. Durante la permanenza nella casa di Cinecittà, il campione di Judo ha deciso di abbandonare il programma per stare vicino alla sua famiglia in un momento difficile. Vediamo insieme cosa ci ha raccontato della sua esperienza nel reality e dei progetti futuri. Noi di SuperGuidaTv abbiamo intervistato in esclusiva Marco Maddaloni.

Marco Maddaloni, intervista al concorrente del Grande Fratello

Come stai dopo questa esperienza al Grande Fratello?

Rientriamo a piccoli passi ma rientriamo. Va abbastanza bene ma la vita fuori ha continuato a correre, e tu magari hai abbassato un poco il ritmo perché dentro stavi più sereno, avevi tempo per pensare, per fare. Però, una volta uscito poi ti devi mettere di nuovo a regime“.

Cosa ti è mancato di più a parte tua moglie e i tuoi figli?

Nulla, forse la quotidianità. In linea di massima era una cosa che avevo messo in preventivo e mi andava bene. Il gioco di restare lì dentro ne valeva la candela, il problema sono gli affetti che non li riesci a sostituire“.

Cosa porterai dentro di te di questa nuova esperienza televisiva?

La consapevolezza di essere un punto di riferimento per molti giovani, non è che prima non lo sapevo, ma mi sono sentito più grande tutto assieme. Nel senso che non pensavo di poter dare così tanto anche a ragazzi grandi di età come 26, 27 anni. In un certo senso li ho vissuti più come figli che fratelli più piccoli, si sono affidati a me con la loro stima e il loro rispetto e questa cosa non la dimenticherò. Anche a Pasquetta, avevo Paolo e Letizia a casa, Angelica, Mirko e Perla li sento sempre. Vittorio anche. Sono cose che mi resteranno“.

Se dovessi racchiudere tutta la tua esperienza in questo reality in un momento, quello più bello: qual è stato?

L’incontro con i miei figli e mia moglie. Sicuramente quello fuori dalla casa, quando li ho visti arrivare che non li vedevo da un mese. È stato un qualcosa di pazzesco“.

C’è stato un momento difficile. Tu hai dovuto abbandonare il reality perché tua moglie Romina ha perso il papà. Stessa cosa ti era capitata all’Isola dei Famosi dove avevi perso la nonna. Cosa si prova in queste situazioni, perché hai fatto due scelte differenti?

A volte i social distolgono un po’ la realtà. Io non ho fatto due scelte differenti, la prima volta con mia nonna mi hanno avvisato una volta che già avevano fatto i funerali. Io mi trovavo in Honduras, avevano già seppellito mia nonna e mancavano tre/quattro giorni al rientro in Italia. Non era stupido, era inutile abbandonare il reality, perché una volta rientrato cosa avrei potuto fare? Avrei portato i fiori sulla tomba di mia nonna ma lo avrei potuto fare anche una settimana dopo. Qui è stato completamente diverso. Mi hanno chiamato in confessionale che mio suocero era ancora in ospedale, comunque era vigile infatti io sono riuscito ad arrivare lì alle 4 e mezza di notte. Sono riuscito a parlarci anche il giorno dopo e nella nottata poi si è spento. Sono due situazioni completamente diverse”.

Quali sono le emozioni che si provano in questi momenti? Tu hai pensato subito a tua moglie immagino.

Sì mi hanno tranquillizzato subito sia gli autori che la psicologica. Mi hanno detto stai sereno non è successo nulla a tua moglie. Cosa ho pensato quando mi è stata comunicata questa notizia? Speriamo che non succeda nulla, ho pensato: speriamo che riesca ad arrivare in tempo ed è solo un falso allarme. Non ho tanto rammarico perché mio suocero è una persona che mi sono vissuto appieno, una, due volte a settimana pranzavamo, cenavamo insieme. Era presente con i miei figli. C’è il dispiacere che ha lasciato un vuoto immenso, grande, ma nessun tipo di rammarico“.

Tornando al reality: la vittoria di Perla è stata meritata? Cosa il pubblico ha premiato in lei?

“Credo che dopo sei, sette mesi di reality hanno vinto un po’ tutti quelli che sono arrivati in finale. Questo lo pensai anche quando sono arrivato alla finale dell’Isola, lì eravamo in 5, e non esultai contro Marina (La Rosa) perché era solo una questione di classifica ma non si poteva dire che lei non avesse vinto, non sarebbe stato corretto. Cosa è stato premiato di Perla? È una questione di tifoseria, di pubblico, il suo pubblico era più vasto degli altri concorrenti. Questo a essere razionali è la spiegazione, perché in fondo tutti hanno dato tanto, chi più, chi meno. Possiamo parlare di Massimiliano, che è caduto e si è rialzato, Bea che è sempre stata in prima linea ad affrontare le dinamiche, Rosy che è stata in cucina per sette mesi a cucinare per tutti. La stessa Perla, il reality ha raccontato la storia sua e di Mirko e comunque a 26 anni non era facile una situazione del genere. Sono stati tutti delle belle figure.

Hai ricordato il momento della vittoria all’Isola dei Famosi dove tu non hai esultato. Questa caratteristica te la porti dietro dalla tua carriera sportiva, dove si rispetta l’avversario?

Sì. È sempre questo, tranne poi ovviamente un’esultanza che parte da dentro e ci può stare, tipo quando segni e sfoghi. In linea di massima c’è sempre il rispetto per l’avversario, questo si, viene dallo sport. Non ti nascondo che quando ha vinto Perla io ho esultato, non era una cosa che dipendeva da me, io ero esterno, da tifoso, come di una squadra. Lei è una ragazza che in casa ci siamo dati tanto, mi ha visto come una figura quasi paterna, quando sono uscito mi ha rincorso fino alla porta rossa che non mi voleva far andar via. C’era un legame molto forte, per questo è stata una cosa che mi è partita da dentro“.

Da protagonista del mondo del judo, a protagonista del mondo della tv. Hai fatto Pechino Express, l’Isola dei Famosi, cosa ti piace e ti affascina dei reality?

“La tv è bella perché ti accende dei riflettori, un po’ come lo sport quando vai a combattere e ci sono diecimila, ventimila persone che ti guardano. La tv è uguale. Entri in un contenitore dove ti guardano tantissime persone, è un po’ quell’egocentricità che ha lo sportivo, soprattutto negli sport individuali. In più per me è diventato un lavoro, quando ho iniziato 10 anni fa a Pechino Express, percepivo un tot, ma negli anni è diventata una stabilità anche se non mi sono mai basato su quello perché faccio completamente altro nella vita. Però non ci possiamo nemmeno prendere in giro. Sappiamo che quando uno va in un’ospitata televisiva. Cosa devo fare se ancora non mi stanno dando un ruolo? Se fosse per me avrei fatto l’opinionista e non il concorrente ma se mi propongono quello, posso rifiutare una volta, due. Questa volta però non ho vinto”.

Il reality più difficile qual è stato?

“Questo qui, ma solo per una questione di tempistiche, di quando è avvenuto nella mia vita, con dei figli grandi. È durato di più, se ti dovessi dire non ho figli ma qual è il più difficile, allora ti direi l’Isola. Pechino è quello dove mi sono divertito di più. Il Gf è quello che mediaticamente ti dà più di tutti. Io ho vinto due reality, partecipato più volte in tv a Made in Sud, Detto Fatto, ma il riscontro che sto avendo con il Gf non l’ho mai avuto in nessun’altra trasmissione. Prima per strada su 10 persone ti fermavano tre, oggi ti fermano sette. Sui social prima facevi una storia te la vedevano un tot, oggi ogni storia circa 120 mila persone. È proprio un riscontro mediatico completamente diverso”.

C’è un altro programma che ti piacerebbe provare, tipo Ballando con le Stelle?

“Sono molto ambizioso, ci sono delle cose che mi piacciono. Il mio sogno sarebbe presentare Made in Sud che oggi è diventato Made in Italy. Da concorrente invece mi piacerebbe partecipare a Celebrity Hunted“.

Chi vorresti come partner alla conduzione di Mad in Sud e a Celebry hunted come compagno?

Mad in Italy con mia moglie e Celebry Hunted con Massimiliano Rosolino così si ricompone la coppia di Pechino Express. Se poi non deve essere mia moglie, allora Belen Rodriguez, però poi va a finire che divorzio (Ride ndr)”.

Come è cambiata la percezione del pubblico nei tuoi confronti prima e dopo aver fatto i programmi?

“Si è spolverato tutto il palmares sportivo, perché prima nessuno ti conosceva e adesso si. Per strada mi dicono: campione possiamo fare una foto? Campione lo ero già più di 10 anni fa, è che ora che sono più un imprenditore, un personaggio televisivo più che un atleta. Però si è rispolverata quella parte della mia vita: la carriera sportiva. Per tutti sono sempre il judoka, poi per fortuna, sia il Grande Fratello che all’Isola ha fatto vedere i miei valori. La maggior parte delle persone non mi chiede una foto: mi stringe la mano per fare i complimenti sul tipo di persona che, sono e questa è la cosa che più mi fa piacere”.

Voi siete una famiglia di sportivi, con Clemente Russo anche, sempre attenti ai valori sociali. Hai anche scritto un libro ‘L’anima del campione’, come è avvenuta la scelta di raccontarti.

Ogni volta che mi trovavo in albergo da solo per le gare all’estero, mi sentivo sempre solo e mi andava di scrivere la mia storia, da dove sono partito, come ho visto con i miei occhi il mio quartiere. Le mie scelte difficile, come è molto facile perdersi, a volte le persone non lo sanno ma uno sliding doors può succedere a 12, 13, 14 anni in quartieri come Miano, Secondigliano, Scampia. Ho iniziato a scrivere, mi è venuto un po’ tutto di getto anche se ci ho messo veramente un paio di anni perché non mi andava di ripercorrere delle cose della mia vita, dei periodi e stoppavo un po’. Piano, piano l’ho portato a termine e mi fa piacere perché un po’ tutti potranno conoscere la mia storia“.

Secondo te, qual è l’importanza oggi dello sport nella società contemporanea. A che punto è?

Lo sport è sempre messo in seconda linea, non mi viene nemmeno di dire che la scuola è messa in prima. Perché se ci interfacciamo con le scuole all’estero, tutte le volte che sono andato fuori per competizione, o alle Seychelle perché mia moglie è di lì, la scuola è dieci volte la nostra. Veramente i bambini parlano tutti quanti due, tre lingue, hanno tutto un altro tipo di approccio. Lo sport qui è abbandonato a se stesso, se non fosse per degli individualisti che si mettono lì e fanno crescere lo sport. Non dico che noi non avremmo una cultura sportiva perché per fortuna siamo una bella realtà nel mondo, ma spesso e volentieri è fatta da individualisti che portano avanti i loro sogni e con sé portano avanti delle tradizioni come la scherma, il nuoto, il judo, il pugilato. Sono sempre fatti da maestri che prendono e partono, non da una realtà che potrebbe partire dalle scuole, con le scuole dell’obbligo.

Tu mi fai uscire mio figlio alle 16, va bene ci sta, ma inserisci un’ora fatta bene di sport ma non l’educazione fisica. Ci vorrebbero un tot di sport, così almeno tuo figlio nelle ore di educazione fisica sai che non sta giocando a pallavolo che magari è basso, non vuole nemmeno giocare. Mi ricordo che quando ero piccolo giovano ai tre tocchi, nemmeno pallavolo, che sport è? In vita mia, spesso e volentieri, le cose che ho fatto positive le ho copiate. Mi sono messo lì, ho guardato qualcuno che era più bravo di me o che stava facendo un qualcosa che a me piaceva, e dicevo guarda cavolo quello ha fatto quello, come devo fare a fare così? Che ci vuole a guardare gli Stati Uniti d’America, le altre nazioni che hanno college, istituti dove i ragazzi escono da lì dentro che sono forti a basket, a nuoto, a pugilato, a lotta libera. Escono da scuola che non hanno perso tempo. Invece no, io devo fare le corse per prendere mio figlio a scuola, lo devo portare in palestra in Scampia, in tutto questo devo essere richiamato dalla maestra perché non ha fatto i compiti. Che poi lei mi dovrebbe spiegare a che ora glieli devo inserire questi compiti ad un bambino di 7 anni, però Maddaloni che fa? Si guarda l’orticello suo e capisce come fare allenare il figlio. Ma ci vorrebbe comunque una base fatta in tutta Italia, ne potremmo giovare tutti”.

Ritornando al libro, quali sono i messaggi principali e i valori di vita che pensavi di trasmettere a chi lo legge?

Di non mollare mai perché il risultato può arrivare quando meno te lo aspetti. E poi di non farsi che un sogno possa trasformarsi in incubo. Le persone devono capire che noi ci dobbiamo svegliare e far di tutto per realizzare i nostri sogni però nella vita poi ci sono tante cose belle che vale la pena vivere. Non dobbiamo farci logorare da un qualcosa che on riusciamo a ottenere“.

Vincere l’Isola dei Famosi è stato diverso dalle vittorie del Judo? Se sì, in che modo?

“È stato diverso per una questione che non dipendeva da me, dipendeva dal pubblico. Io non potevo sapere cosa il pubblico potesse pensare di me. Mentre quando salivo sul tatami dipendeva tutto da me”.

Quando sei tornato a casa dopo i reality, c’è qualcosa che tua moglie ti ha detto di ricorrente? Sia prima che dopo.

“È stato completamente diverso a questo giro. Prima di partire per l’Isola ci guardammo e gli promisi che l’avrei vinta e che sarei tornato il più tardi possibile. Per me era una grande occasione anche lavorativa per farmi conoscere nel mondo della televisione. Pechino Express avevo avuto una cassa di risonanza ma l’Isola su Canale 5 aveva un’altra cassa di risonanza. Questa volta no, la chiamata è arrivata due giorni prima e sapevo che lasciamo mia moglie con tre bambini, una realtà lavorativa molto pesante che doveva gestire lei. Non ricordo nemmeno che ci siamo salutati, e quando sono uscito è stato peggio di quando sono partito. Perché quando mi trovavo a capotavola al Gf che stavo mangiando post puntata, mi sono trovato dopo due ore in un ospedale a vedere mio suocero disteso.

Oggi fa un mese che è venuto a mancare, abbiamo la messa, è tutto molto strano. Io leggo i commenti, perché sono uno che risponde a tutti, mi piace di regalare risposte a tutti. Per questo leggo anche gli haters che la maggior parte non hanno una foto profilo e mi dicono: il lutto è già passato. Le persone dovrebbero capire che il lutto si porta dentro e la vita va avanti e ho tre figli, una moglie. Il sorriso è dovuto alla vota che ci regala ogni giorno, un giorno nuovo. E chi come me, è fortunato, perché ringraziando il signore io ho una bella vita. Che faccia reality o che non li faccia, però è stato tutto strano. Completamente diverso da tutto quello che mi potevo aspettare”.

In Italia non è ancora noto che sport come il tuo, che portano tantissime medaglie e risultati, non sono retribuiti come il mondo del calcio. Tu hai dichiarato di partecipare ai reality per guadagnare e condurre la vita che desideravate. Hai spiegato di aver avuto uno stipendio di 1.400 mila euro come Polizia. Come mai le tue parole hanno avuto tanto clamore?

Si è parlato perché sul web hanno estrapolato una frase di un’intervista a Chi, facendo il titolo: “Guadagnavo 1.400 euro, a me piace la bella vita”. Purtroppo, sui social, non tutti cliccano poi effettivamente sui link per leggere i contenuti. Vedono quella scritta, e danno le conclusioni. E io capisco che bisognava fare like ma a me dispiace perché la vita è la mia. Sull’articolo di Chi era spiegato che io prima di fare televisione guadagnavo 1400 euro perché i gruppi sportivi militari pagano questo stipendio che è un ottimo stipendio per le famiglie italiane. Io combattevo per quell’arma e guadagnavo quei soldi che mi bastavano anche per il tenore di vita che facevo prima di avere tre figli.

Poi facendo i tre figli e aumentando il tenore di vita che mi sono potuto permettere grazie ai reality, ho guadagnato qualcosa di più. Ma quando parliamo di bella vita, c’è da precisare che che 1400 era un ottimo stipendio, non giudico chi guadagna quella cifra perché un libero professionista come me ne può guadagnare oggi 4, 5, 8 e domani zero. Se si vede nei social la casa è che per fortuna sono stato intelligente a investire ma ci sto dentro io e i miei figli. Nell’articolo di Chi, che era scritto bene, ho detto di voler permettere ai miei figli di fare una vita migliore della mia. Nel senso che mio padre, per mandarmi in Giappone ad allenarmi, doveva fare i debiti. Se doveva farmi fare un allenamento con uno specialista non poteva permettersi di dare 50 euro perché altrimenti lo doveva fare con tutti i tre figli. Se io volessi far fare un corso di recitazione a mia figlia Giselle, se volessi farla crescere in una casa non di 60 metri quadri dove abitavo io fino a 5 anni fa, mi farebbe piacere che loro avessero una casa grande con la loro cameretta.

Questa è la bella vita per me, non è avere i panfili. Oggi veramente mi potrei permettere di fare la bella vita perché io sto pensando a come stare dietro ai miei figli, a come investire per loro, non voglio che un giorno mio figlio ha una casa di proprietà e non se l’è guadagnata. Magari grazie agli investimenti che ho fatto, se gli piace il calcio io gli faccio fare una lezione privata a settimana in cui è da solo con altri due bambini. Potrei guadagnare di più insegnando nelle palestre, ma non vado perché quelle ore le voglio dedicare ai miei figli.

Voglio vedere quando si allenano, voglio passare del tempo con mia moglie. Io il tempo è una cosa che metto nel fatturato finale dell’anno che non fanno tutti. Ti giuro, ci sto ragionando da un po’. Quando parlo con le persone mi parlano di fatturato utile incassato e nessuno mi parla che per fare un milione di euro, centomila euro stanno venti ore al giorno fuori. Invece io spesso e volentieri rinuncio a delle palestre che mi dicono vuoi venire due ore, tre volte a settimana ti diamo tot. Però quelle ore combaciano sull’allenamento di mio figlio di calcio, e io non dovrei guardarmi l’allenamento di mio figlio, no. Quei trenta, quaranta, dieci mila euro di fatturato mi toglierebbero duecento l’ora all’anno vicino ai miei figli. Voglio guadagnare di meno fin quando me lo posso permettere, può essere pure che il prossimo anno vado in Cina ad allenare la Nazionale cinese e i miei figli li vedrò dalla videochiamata. Finché posso, metto il tempo prima di tutto”.

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