La verità negata: trama, recensione e opinioni sul film

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La verità negata è un film tratto da una storia vera, anzi, da una lotta molto accesa fra chi voleva negare la realtà e chi, invece, combatteva per i propri ideali. La battaglia legale iniziata fra il saggista britannico negazionista ed esperto di Adolf Hitler David Irving, l’editore Penguin Books e l’accademica americana ebrea Deborah Lipstadt, è passata alla storia. Nel 2000 si arrivò in tribunale e i migliori avvocati del Regno Unito accorsero in difesa della donna, mentre Irving decise di rappresentarsi da solo. Dalle vicende processuali, la Lipstadt scrisse un libro che è stato fonte di ispirazione per il regista Mick Jackson. Ecco tutte le news in merito al bellissimo film che vi consigliamo di vedere e la nostra recensione.

La verità negata: cast e trama

Nel cast de La verità negata, sesto film del regista Mick Jackson vi sono: Rachel Weisz, Tom Wilkinson, Timothy Spall, Andrew Scott, Jack Lowden e Caren Pistorius.

Trama

Al centro della storia vi è la battaglia legale fra Lipstadt e il negazionista dell’Olocausto David Irving. Dopo le accuse mosse da Irving, infatti, la squadra di avvocati della Lipstadt è stata costretta a dimostrare in tribunale che l’Olocausto era avvenuto realmente. Il processo, tenutosi a Londra, e durato ben 4 mesi, ha tenuto banco fra l’opinione pubblica. La vitoria di Deborah Lipstadt è stata acclamata da tutti i parenti delle vittime a cui la docente di studi ebraici ha dato voce.

La verità negata: recensione

E’ davvero possibile negare la verità? E’ una cosa fattibile cancellare anni di storia? Come si possono chiudere gli occhi di fronte alle prove di quanto accaduto? Non è infatti detto che, seppur non abbiamo vissuto in prima persona certi avvenimenti, essi non siano accaduti sul serio.

Sugli interrogativi posti poco fa si fonda il film La verità negata. Nella pellicola non si parla direttamente di Olocausto, ma più che altro di una battaglia fra un uomo e una donna per il riconoscimento di uno dei periodi più brutti della storia dell’umanità.

Non dovete aspettarvi un film d’azione o un documentario storico con le voci di coloro che hanno vissuto sulla loro pelle l’orrore dell’Olocausto e che hanno avuto la fortuna di poterlo raccontare agli altri per evitare che la storia si ripetesse. Nella pellicola è l’ars oratoria dei protagonisti a farla da padrone. E’ la parola ad essere la vera protagonista. Lo scontro fra avvocati è davvero molto avvincente. Il dibattito coinvolge il telespettatore, così come la ricerca di prove affinché nessuno possa negare l’evidenza.

La recitazione di Tom Wilkinson è perfetta. Il suo personaggio risulta più naturale che mai. Lo spettatore rimane stupito dalla sua astuzia, dalla sua testardaggine e dalla sua attenzione per i dettagli. Tutto ciò contribuisce a far restare chi  guarda con il fiato sospeso fino alla fine. Il caso, infatti, seppur semplicissimo, almeno in apparenza, diventa subito alquanto complicato. E’ però impossibile che il pubblico si immedesimi, salvo casi eccezionali, in David Irving.

Siccome la vicenda si svolge in un tribunale il rapporto fra emozioni e razionalità è tutto sbilanciato verso quest’ultima. E’ ovvio che nel dibattito, in puro stile inglese, si perdano gran parte delle emozioni perché, altrimenti, corte e giurati verrebbero obnubilati dai loro sentimenti e non potrebbero ragionare sull’evidenza dei fatti. Questa razionalità imperante, però, ha portato al film alcune critiche.

Qualcuno avrebbe preferito assistere a liti più violente, sentire gli attori parlare alla pancia degli spettatori. Eppure si sa, a parte in certi casi, nei dibattiti in tribunale non c’è nulla di così emozionale. Grazie alla dialettica, con estrema astuzia, le due parti in causa sviscerano le loro ragioni e sfoderano i loro assi nella manica, senza però grossi clamori. Al posto di: urla, parolacce o scazzottate – inammissibili davanti alla Corte – sono le parole l’arma più potente!

Il regista ha fatto un lavoro essenziale e schematico per rendere le vicende giudiziarie dei protagonisti il più comprensibili possibile. Le inquadrature ridotte all’osso, però, hanno sollevato altre critiche. C’è, infatti, fra chi ha già visto il film, chi avrebbe preferito che Jackson osasse un po’ di più. Per dirla alla Celentano c’è chi avrebbe sperato che il regista fosse leggermente più ‘rock’ e meno ‘lento‘.

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