Intervista ai Bnkr44 a Sanremo 2024: “I talent non ci appartengono” | Esclusiva

Bnkr44

Abbiamo intervistato a Sanremo 2024 i Bnkr44 ovvero i Bunker Quarantaquattro, la band formatasi a Empoli nel 2019, per scoprire cosa si aspettino dalla partecipazione di questo Festival e quali progetti abbiano. Abbiamo avuto l’impressione che questi artisti abbiano le idee molto chiare su quello che vogliono fare e sui messaggi che vogliono lanciare. La loro canzone parla della “noia” che affligge i giovani che vivono in Provincia dove la mentalità è ancora piuttosto ristretta e non vi sono opportunità di trovare la propria strada in ambito musicale, di fare esperienze significative per la propria formazione artistica ed essere ispirati da altri artisti.

Intervista ai Bnkr44 a Sanremo 2024

Come è nato il vostro brano Governo Punk

Il brano è nato dall’idea di fare un pezzo che ci rappresentasse e parlasse di noi, della nostra realtà, della provincia e un po’ della classica noia che viviamo noi ragazzi fuori dalle città. Trovandogli una chiave ironica, divertente e forte. Abbiamo deciso così di raccontare con immagini metaforiche per non fare il classico pezzo sulla classica noia provinciale. 

Quali sono le vostre aspettative da questo Festival?

Sicuramente l’aspettativa è quella di cercare di sorprendere. Stiamo studiando gli outfit, le apparizioni. Quando siamo in giro siamo sei pazzi vestiti tutti di un colore che non passa inosservato. La nostra aspettativa è quella di allargare il nostro pubblico, di far scoprire alla gente i nostri vecchi dischi perché ne abbiamo già fatti uscire tre e abbiamo anche fatto tre tour. In parte una gavetta l’abbiamo fatta. Vorremmo far scoprire la nostra storia. 

Oggi è difficile emergere, soprattutto per una band. Avete mai pensato di partecipare ad un talent?

No, non ci abbiamo mai pensato. 

Come mai? 

Non ci appartiene proprio. 

Per la serata delle cover cosa avete portato, quale è stata la vostra scelta? 

Abbiamo portato il grande Pino D’Angiò, che salutiamo. Arriverà stasera o domani? Arriva stasera. Volevamo fare un pezzo che facesse divertire noi e le persone. Ci sembrava il pezzo giusto il suo, visto che comunque è tornato in auge nell’ultimo anno e grazie a Tik tok è letteralmente esploso. E’ una canzone conosciuta in tutto il mondo e non solo in Italia, cioè Pino è conosciuto in tutto il mondo. Siamo molto gasati e abbiamo trovato il punto perfetto tra noi e Pino. 

Questo è stato soprannominato un po’ il festival delle fragilità. Ci sono molti artisti che parlano di una generazione fragile. In conferenza stampa Marco Mengoni ha detto che è importante riuscire a gestirle le proprie fragilità, non solo scappare o evadere. Voi avete avuto difficoltà da questo punto di vista anche venendo da un contesto un po’ più provinciale? 

Sicuramente non è facile partire da un contesto così vuoto di espressione. Ancora oggi se dici che vuoi fare musica risulti essere un pazzo.

E’ difficile incontrare persone che hanno lo stesso sogno in paesini così piccoli dove c’è una mentalità un po’ chiusa, mancano dei centri dove i ragazzi possano esprimersi o capire cosa vogliano fare nella vita.

Io mi accorgo che se vai tre giorni a Milano incontri un sacco di gente che ti da ispirazione, vedi come lavora e impari davvero tanto. Arrivi così a dire: “Wow anche io voglio fare quello”. Da dove veniamo noi è più difficile trovare questo tipo di stimoli. 

Oggi si parla tanto anche di binomio tra musica e violenza. Ma è la musica che influenza i giovani o è la musica che li racconta? 

La musica che li racconta. La musica è uno specchio della società. 

Per quanto riguarda il FantaSanremo a che punto state? 

Siamo settimi. Siamo ancora settimi? Non lo so come siamo andati ieri sera, ma so che proprio ieri sera abbiamo cercato di rimediare al settimo posto della prima serata e portare a casa qualche punto. 

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