Il mio amico pinguino: un film emozionante da un’incredibile storia vera – Recensione

Il mio amico pinguino

Nel giugno del 2011, al largo dell’isola di Ilha Grande in Brasile, un pescatore in pensione di nome João Pereira de Souza salvò da morte certa un pinguino di Magellano ricoperto di petrolio. L’uomo lo portò a casa sua, antistante la costa, e lo curò fino alla completa guarigione, per poi liberarlo nei pressi di un’isola vicina un mese più tardi.

Con sua grande sorpresa il pennuto, ribattezzato DinDim, fece ritorno nel giro di poche ore. Non è un caso che il titolo del film sia proprio Il mio amico pinguino, giacché la bestiola per ben otto anni sarà fautrice di questo rituale, del tutto insolito e mai documentato prima di allora. DinDim apparirà nel mese di giugno per restare fino al febbraio successivo, prima di ripartire per le acque patagoniane, per un legame con il suo “padrone” destinato a suscitare l’attenzione dell’opinione pubblica, con tutte le conseguenze del caso.

Il mio amico pinguino: insieme per sempre? – recensione

Il nuovo film diretto dal regista brasiliano David Schurmann, già noto per i suoi documentari oceanici, porta sul grande schermo la storia vera diventata virale nel 2016 e capace di catturare l’attenzione di milioni di persone in tutto il mondo. Il racconto di un’amicizia incredibile che va contro ogni logica, trasformata in un’esperienza cinematografica dal sapore old-school, guardante ai cult dove per tutte le famiglie dove gli animali erano elemento chiave della pellicola.

Niente battutine o strizzate d’occhio al pubblico adulto, nessuna colonna sonora invadente con brani commerciali inseriti forzatamente, ma soltanto la forza delle emozioni e dei buoni sentimenti, confezionata in un’ottica capace di approcciarsi sia agli spettatori più piccoli che a quelli già cresciuti.

Su due piedi e due zampe

Nel ruolo del protagonista troviamo Jean Reno, alle prese con un’interpretazione insolitamente delicata nei panni di un uomo spezzato dal dolore per via di una tragedia passata – raccontata nel flashback iniziale – della quale si è ritenuto ingiustamente responsabile per tutta la vita. Una figura complessa e semplice al contempo, pronta a riscoprire la gioia dopo anni di lutto e isolamento autoimposto.

La macchina da presa e la fotografia ci regalano immagini meravigliose che spaziano dai tramonti vibranti sulle coste brasiliane alle infinite distese della Patagonia, in quello che si rivela a conti fatti una sorta di vero e proprio inno alla natura e al ciclo delle stagioni, con le riprese dal taglio documentaristico a condurci nelle abitudini e nell’intimità di queste colonie di pinguini, pronti ad affrontare nuotate di giorni e giorni.

La trama va detto è spoglia e lineare, non offre rivelazioni inaspettate o scene madri vere e proprie, limitandosi a una semplicità di insieme che è poi il pregio principale de Il mio amico pinguino, pronto a farsi commovente parabola sull’importanza di rispettare e amare il mondo animale.

Conclusioni finali

Un racconto tenero e autentico su un’amicizia impossibile, confezionato con cura artigianale e interpretato con sincero trasporto emotivo da un intenso Jean Reno, nei panni di un uomo semplice e affranto ma dal cuore gentile. Il mio amico pinguino coniuga l’istinto documentaristico a un cinema emozionale vecchia scuola, con emozioni e sentimenti che sgorgano genuinamente nell’adattare questa storia vera che suscitò scalpore e incredulità lo scorso decennio.

Un film capace di incantare i più piccoli e di commuovere e far riflettere i grandi, che ci insegna a rispettare la natura e non sottovalutarla, dove qualche libertà narrativa non guasta la nobiltà di intenti, per un film mostrante con sensibilità un legame che supera ogni logica e confine.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here