Nel 1970, poco dopo il decollo dall’aeroporto di Tokyo del volo diretto a Itazuke, un aereo passeggeri viene dirottato da alcuni membri armati della Fazione dell’Armata Rossa, che chiedono di essere condotti a Pyongyang. Poiché tra Giappone e Corea del Nord non esistono accordi per un possibile atterraggio, il piano dei dirottatori si complica rapidamente.
L’azione in Good News si sposta così a Seul, dove un misterioso individuo conosciuto con il soprannome di Nobody, celebre negli ambienti governativi per via di come conduce le operazioni segrete, viene incaricato di partecipare a una missione di salvataggio clandestina. Squadre d’intelligence e militari di Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti tentano così una mossa disperata, nel tentativo di far passare l’aeroporto di Seul come se fosse quello di Pyongyang: una trovata a dir poco paradossale, che rischia di avere conseguenze assai pericolose.
Good News: buone e cattive nuove – recensione
La sceneggiatura prende spunto da una storia vera ma la trasforma rapidamente in una satira cinica e divertente, che mette a nudo gli altarini di un sistema ai più alti livelli interessato unicamente al proprio tornaconto piuttosto che alla vita degli ostaggi che si trovavano a bordo. D’altronde tutto è politica e con una situazione internazionale assai tesa, che coinvolgeva al solito i rapporti tra le superpotenze americana e sovietica, il rischio di creare crisi diplomatiche a catena era troppo alto per prendere iniziative scomode.
E così quello che ha tutti i connotati narrativi di un thriller ad alta tensione diventa una sorta di black comedy che riflette sui molteplici volti della verità e di come questa venga poi o meno effettivamente data in pasto al pubblico, tra messe in scena e omissioni importanti che tagliano fuori i veri eroi della vicenda. Il tutto in due ore di visione che vivono sulla verve di un cast eterogeneo e frizzante, alle prese con personaggi spesso amabilmente sopra le righe.
Un divertimento non fine a se stesso
A tratti emergono echi di un grande cult sudcoreano di inizio millennio quale The President’s Last Bang (2005), anch’esso realmente ispirato a un drammatico caso di cronaca nera. Ma la regia di Byun Sung-hyun, che ricordiamo per l’avvincente intreccio politico di Kingmaker (2022) e per l’esaltante action-movie Kill Boksoon (2023) ha personalità da vendere, riuscendo a colmare anche i tempi potenzialmente morti con una solida gestione di gag e battute, che vanno di pari passo con le fasi più intense e pericolose del racconto.
Certamente qualche taglio qua e là avrebbe probabilmente giovato al ritmo complessivo. I centotrentasei minuti di visione risultano forse eccessivi per una storia che, seppur stratificata, avrebbe beneficiato di un montaggio più serrato. Soprattutto nella seconda metà , quando la situazione all’aeroporto si protrae oltre il necessario, il film comincia a girare in tondo. E quei ripetuti riferimenti al manga/anime di Rocky Joe, per quanto nerd e giocosi, appaiono più gratuiti che effettivamente necessari ad un racconto che si perde qua e là in ridondanti vacuità .
Good News riacquista forza quando si fa più critico e inflessibile, mostrando con ferocia narrativa come le istituzioni tradiscano sistematicamente i cittadini comuni in favore della propria sopravvivenza, e di come una buona menzogna valga per loro molto più di una brutta verità .
Conclusioni finali
Tra dirottatori imbranati e governi ancora più imbelli, Good News riprende una storia realmente avvenuta adattandola liberamente in forma satirica, audace e riuscita quanto basta per farsi effettivamente tagliente e corrosiva di un potere che non si fa scrupoli a costruire bugie in favore di interessi, siano questi personali o nazionali.
Byun Sung-hyun ha preso un evento storico potenzialmente tragico e lo ha trasformato in una canzonatura amara sull’incompetenza burocratica e sulla manipolazione istituzionale, letta in chiave sì leggera e paradossale ma non meno lucida nel contestualizzare quella verità di comodo. Un cast corale eccellente e una regia ad alto ritmo, nonostante qualche passaggio a vuoto e/o ripetitivo, mantengono un buon equilibrio tra i due registri narrativi ed emotivi, per due ore e rotti tra risate e spunti di riflessione.









