Ziam: arti marziali e horror nello zombi-movie thailandese – Recensione

ziam film

Thailandia, prossimo futuro. Il mondo intero e così anche il Paese asiatico è stato devastato dai cambiamenti climatici e dalla scarsità di risorse, aumentando la povertà e le disparità sociali. Singh, ex lottatore di Muay Thai riciclatosi camionista, sogna di ritirarsi per vivere serenamente con la sua fidanzata Rin, che lavora come dottoressa in ospedale.

In Ziam i loro piani crollano da un momento all’altro quando un’epidemia che trasforma gli infetti in voraci zombi affamati di carne umana si diffonde in maniera sempre più rapida e violenta, proprio all’interno dell’ospedale dove si trova la ragazza. Singh deve così far affidamento a tutte le sue abilità da combattente per infiltrarsi nell’edificio medico e salvarla prima che sia troppo tardi, ritrovandosi a prendersi cura anche di un bambino di nome Buddy. Nel frattempo il governo pensa a come contenere la situazione, anche con soluzioni drastiche.

Ziam: senza un attimo di tregua – recensione

Arriva dalla Thailandia questo interessante mix tra film di arti marziali, horror a tema zombi e distopia post-apocalittica, che sin da trailer e locandina promette violenza a palate. E non è un caso che l’ora e mezzo di visione di Ziam riporti alla mente uno dei più grandi cult asiatici degli ultimi anni, ovvero il viscerale e crudissimo The Sadness (2021), battente bandiera taiwanese. Pur senza raggiungere le vette di perversione e di frattaglie su schermo del suddetto, i punti in comune non mancano, a cominciare dal legame tra i due protagonisti con i rispettivi POV fino a quel ritmo forsennato che da un certo punto non lascia un momento di tregua.

Le mura dell’ospedale sono luogo ideale per ambientare questo racconto horror, con i malati che si trovavano lì per altre patologie pronti, loro malgrado, a trasformarsi in morti viventi o a essere sbranati vivi da chi già mutato. Per quanto non adatto ai deboli di stomaco, l’anima orrorifica evita per fortuna la ferocia gratuita, all’insegna di quello che rimane comunque un intrattenimento a tema.

Botte e cliché

Perché la parola d’ordine, pur all’interno di un’operazione caratterizzata da emoglobina a go-go, è divertimento per tutti gli appassionati del genere, con le coreografie muay-thay che vedono impegnato l’atletico Prin Suparat in combattimenti di discreta fattura, aiutati qua e là da effetti digitali e dal dinamismo di una regia sì variegata ma altrettanto furba nella gestione di diversi stacchi e inquadrature.

Ziam rimane infatti un film godibile per il principale target di riferimento, ma a tratti paga un’evidente leggerezza narrativa. La sceneggiatura avrebbe necessitato di qualche spunto in più e invece si affida a cliché consolidati: dal piccolo da salvare quale “malus bebé” alla love-story principale, fino a gesta di sacrificio ed eroismo e a quell’improbabile colpo di scena nell’epilogo – aperto forse a ulteriori sequel – la storia non brilla per originalità e compattezza. E l’ospedale degli orrori diventa così un macabro palcoscenico per una mattanza sui generis, ma al di fuori non resta molto altro.

Il film è disponibile nel catalogo di Netflix.

Conclusioni finali

Ziam è un film da prendere o lasciare, senza mezze misure: questa produzione thailandese punta tutto sull’azione e sull’impatto visivo, offrendo agli appassionati del genere un’esperienza godibile, tra adrenalina, arti marziali e horror.

Nonostante una trama derivativa e alcuni cliché prevedibili, riesce a intrattenere grazie a un buon ritmo e a scene di combattimento discretamente coreografate, anche se gli echi di recenti produzioni asiatiche a tema, ben più ispirate, lo fanno apparire come un compitino, sì diligente ma poco coraggioso.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here