Volevo nascondermi, il film che racconta la vita di Antonio Ligabue

Volevo nascondermi - film

Volevo nascondermi è un film drammatico di genere biografico diretto da Giorgio Diritti nel 2020. La pellicola racconta la complicata esistenza di Antonio Ligabue, un uomo perseguitato da problemi psicofisici che trovò riscatto nella pittura e creò opere oggi unanimemente riconosciute come dei capolavori.

Nel difficile ruolo del protagonista troviamo un ispirato Elio Germano, ormai avvezzo a calarsi nei panni di grandi personalità del passato, come abbiamo potuto vedere ne Il giovane favoloso, il docufilm di Mario Martone su Giacomo Leopardi. La maggior parte della critica ha promosso Germano, riconoscendogli la capacità di aver saputo rendere al meglio il tormento interiore del personaggio.

Volevo nascondermi va in onda Giovedì 7 Settembre su Rai Tre in prima serata. Vediamo la trama, il cast e qualche informazione essenziale su Antonio Ligabue.

La trama in breve e il cast di Volevo nascondermi

Volevo nascondermi è un delicato biopic su Antonio Ligabue, uno dei più grandi pittori italiani del ‘900, di cui racconta la vita esteriore ma, ancora di più e forse ancora meglio, l’animo fragile ed inquieto.

Segnato fin dalla nascita da gravi problemi di salute sia fisica che mentale Antonio, che ha ricevuto un’istruzione frammentaria e riesce a svolgere solo piccoli lavoretti saltuari, soffre la fame e il freddo ma, ancora di più, l’emarginazione e la solitudine. Quando Renato Marino Mazzacurati, riuscendo ad intuirne il talento ancora inespresso gli fa conoscere la pittura, davanti a Ligabue si spalanca un mondo nuovo e meraviglioso. Attraverso linee e colori infatti, l’uomo riesce a comunicare le proprie emozioni e a dar forma al suo tormentato io interiore. La pittura diventa la sua vera, unica ed insostituibile compagna di vita fino al giorno della morte.

Per quanto riguarda il cast, oltre ad Elio Germano troviamo anche, fra gli altri, Oliver Ewi e Leonardo Carrozzo.

Chi era Antonio Ligabue

Il talento e l’arte possono riscattare anche le esistenze in apparenza più misere e drammatiche. E’ stato certamente così per Antonio Ligabue, nato a Zurigo (Svizzera) il 12 Dicembre 1899 dall’italiana Maria Elisabetta Costa.

Affetto fin da piccolo da patologie di una certa entità (fra queste il rachitismo e il gozzo), Antonio venne affidato ancora bambino ad una coppia di svizzeri che considerò sempre i suoi genitori. Non andò mai d’accordo invece, con Bonfiglio Laccabue, l’uomo che l’aveva adottato dopo averne sposato la madre. Per questo motivo preferì farsi chiamare Ligabue.

L’incontro con Renato Marino Mazzacurati nel 1928, segnò la svolta in quella che fino ad allora era stata una quotidianità fatta quasi esclusivamente di miseria, fame, freddo e continui ricoveri in manicomio. Mazzacurati insegnò al giovane Ligabue l’uso dei colori ad olio, aprendogli di fatto la strada che il discepolo avrebbe poi deciso di seguire per sempre.

La pittura, a volte anche la scultura, fu per Ligabue terapia e riscatto. Dipingere era il solo modo in cui riusciva davvero ad esprimersi, a lenire le sofferenze che lo affliggevano e ad impegnarsi sentendosi realizzato come persona. Attraverso i colori accesi e le linee decise, l’artista immortalò principalmente ciò che aveva intorno, campagna, animali e lavori agricoli soprattutto. Così trasformò sofferenza, solitudine e frustrazione in creatività, giocosità, arte pura e semplice, ma non per questo di poco valore, anzi.

L’artista si spense il 27 Maggio del 1965 a Gualtieri, nel cui cimitero riposa, e i suoi quadri oggi non hanno prezzo.

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