Una vita onesta: tra il crimine e la legge nessuna via d’uscita – Recensione

Una vita onesta

Il giovane Simon comincerà a studiare legge all’Università di Lund, ma cova il sogno di diventare uno scrittore affermato. Appena sceso dal treno, Simon finisce malauguratamente coinvolto nel bel mezzo di una rivolta, dove viene aggredito da un poliziotto che lo riteneva erroneamente colpevole dei disordini. Provvidenziale l’intervento di una ragazza col passamontagna che, insieme a un gruppo di ladri, stava usando il caos come copertura per rapinare una gioielleria: lei decide di trarlo d’impaccio stordendo l’agente.

In Una vita onesta Simon incontra la sua misteriosa salvatrice in biblioteca e finisce per innamorarsene al primo sguardo. Si chiama Max e fa parte di una banda di anarchici che si improvvisano come dei moderni Robin Hood, convivendo in una sorta di moderna comune bohémien nella villa di un anziano professore profondamente idealista. Simon si unirà a loro, ignaro delle conseguenze…

Una vita onesta…ma non troppo – recensione

Il ridondante voice-over che ci accompagna nei pensieri del protagonista introduce subito quello schematismo di fondo, che caratterizzerà poi le restanti due ore di visione. Visione che si concentra su una costante lotta di classe, forzando spesso la mano sulle caratterizzazione dei personaggi e su un susseguirsi di eventi sempre più caotico, tra colpi di scena e inaspettati tradimenti che fungeranno da machiavellico percorso di formazione per l’ingenuo Simon.

Un ragazzo colto che cita Salinger e altri classici della letteratura, ma il cui credo e la passione per la Legge che studia all’università si infrangono contro il fiume in piena di un amore complicato, dove tra gelosie e dolorose verità il Nostro capirà di più su sé stesso e sulla società, con tutti i pro e i contro del caso.

Le onde del destino

Questa nuova produzione Netflix batte bandiera svedese e si muove in un contesto di profondo disagio sociale, con il panorama urbano scosso da violente proteste di piazza e la netta contrapposizione tra ricchi e poveri. A differenza di altre occasioni qui non si cerca di mitizzare l’aura criminale di questa “gioventù bruciata 2.0” e la sceneggiatura ha almeno il merito di non ricercare il prevedibile lieto-fine, in favore di un epilogo più amaro e risolutivo.

Ma in Una vita onesta, un titolo che calca sin troppo la mano sul legame dicotomico tra il Bene e il Male riflesso nella figura di questo criminale in erba, i buoni spunti vanno di pari passo con alcune cadute di stile e il ritmo è incostante in una narrazione che, a conti fatti, non racconta nulla di effettivamente originale. Mancano delle motivazioni reali e il background dei personaggi, principali o secondari che siano, latita di profondità, impedendo allo spettatore di potersi realmente identificare con essi. In un film che si rivela patinatamente nichilista e cova un astio profondo sia per chi benestante e “figlio di papà” sia per chi di umili origini cerca di diventarlo illecitamente: non prende posizione e rimane sospeso tra due mondi, come il “bello e dannato” di un comunque idoneo Simon Lööf.

Conclusioni finali

Se la forma è corretta e la storia nei suoi punti chiave aveva delle potenzialità, Una vita onesta non rispecchia pienamente le premesse di partenza, banalizzando più del dovuto la lotta di classe a favore di un facile bignami di genere. Un protagonista tormentato e diviso, schiavo dell’amore e vittima dei suoi sbagli, è al centro di un film che si perde nei suoi fragili istinti da heist-movie e in un romanticismo forzato e incongruente.

Le quasi due ore di visione non mancano di passaggi più intensi e soluzioni interessanti, con la precisa regia di Mikael Marcimain e l’interpretazione del volenteroso Simon Lööf a coprire qua e là i succitati limiti narrativi, per un’operazione che con un pizzico di impegno in più avrebbe avuto da dire qualcosa di maggiormente interessante.

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