The Prosecutor: Donnie Yen giudice e giustiziere in un avvincente legal-action – Recensione

The Prosecutor:

Fok Chi-ho è un ex ufficiale di polizia che, dopo un evento traumatico durante la sua ultima missione sul campo, ha deciso di cambiare barricata o meglio, prospettiva, diventando un pubblico ministero per combattere la criminalità direttamente dalle aule di tribunale. Fok non è però un burocrate da scrivania: mantiene l’istinto da operativo e una propensione quasi ossessiva per la verità che lo porta a scontrarsi con le alte sfere del potere.

Il caso centrale di The Prosecutor riguarda un giovane ingiustamente accusato di traffico di droga, un capro espiatorio incastrato da un potente cartello criminale che vanta agganci insospettabili. Per scagionarlo, Fok dovrà condurre una battaglia che si gioca tanto sulle arringhe in aula quanto sui moli del porto di Hong Kong, tra codici penali e ossa rotte.

The Prosecutor: un eroe per tutte le occasioni – recensione

Non è mai semplice per un’icona del cinema d’azione orientale come Donnie Yen tentare di evolvere una filmografia costruita sulla fisicità dirompente e su quella compostezza etica che ha trovato il suo apice di maggior successo internazionale nella saga di Ip Man. Con The Prosecutor, l’attore e regista prova a cercare una via mediana, ibridando la solidità del legal drama di matrice anglosassone con le fiammate ipercinetiche tipiche del genere dei polizieschi duri e puri alla Raging Fire (2021), altro titolo memorabile del quale era assoluto protagonista.

Il risultato è un’opera che vive di una dualità costante, narrativamente non sempre coesa e precisa ma pronta a esplodere di sortite action memorabili, con salti incredibili e botte da orbi dove il Nostro, impegnato sia davanti che dietro la macchina da presa, si scatena come di par suo per la gioia di tutti gli appassionati del genere. Ci troviamo infatti davanti ad un film che vorrebbe essere un saggio morale sulla giustizia e sulle falle del sistema legale, ma che finisce, inevitabilmente, per soccombere al carisma marziale della sua star.

Pro e contro del film

Dal punto di vista della scrittura, The Prosecutor non brilla certo per originalità, adagiandosi su un canovaccio relativamente classico che guarda a certo cinema anni Novanta. La sceneggiatura, alla quale ha collaborato lo stesso Yen, procede per blocchi narrativi piuttosto rigidi: una prima parte più riflessiva e didascalica, volta a stabilire le coordinate morali del protagonista e la complessità del caso, e una seconda metà dove la tensione cresce, lasciando che l’azione prenda il sopravvento sulle parole.

Il rischio del “compitino” è sempre dietro l’angolo, appesantito da alcuni dialoghi eccessivamente enfatici e da una retorica tipica di molte produzioni cinesi pensate per il grande pubblico, con tanto di villain la cui caratterizzazione sfiora il macchiettistico.
Eppure nelle quasi due ore di visione ci si diverte, con le scenografie urbane di Hong Kong, spesso riprese in suggestive sequenze notturne che trasformano la città in un labirinto di vetro e cemento, dove la legge è costantemente messa alla prova e per fare la cosa giusta bisogna agire in prima persona.

Conclusioni finali

Non sarà il miglior film di Donnie Yen, ma The Prosecutor è un solido action-movie che si contamina di sfumature legal-drama, con il protagonista che da ex poliziotto diventa pubblico ministero, mantenendo però quell’indole per la giustizia che lo porta a impegnarsi attivamente, anche a costo di ritrovarsi in situazioni estremamente pericolose.

Se la sceneggiatura paga diverse forzature e qualche eccesso di retorica, nazionalista e non, è nella sua anima puramente ludica che le due ore di visione convincono senza se e senza ma, con una manciata di sequenze coreografiche mozzafiato dove il popolare attore dà il meglio di sé, nell’ennesima incarnazione di quell’eroe che lotta contro i soprusi, costi quel che costi.

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