Saiyaara: amore fa rima con dolore nel melodramma bollywoodiano – Recensione

Saiyaara

Ahaan è un giovane cantante di talento il cui genio musicale è pari soltanto alla sua incapacità di gestire le emozioni. Perseguitato dall’ombra di un padre alcolizzato, vive la sua arte come una maledizione, senza riuscire a trovare l’ispirazione per i suoi pezzi. La sua vita prende una svolta inaspettata quando incontra Aneet, una dolce ma determinata giornalista incaricata di scrivere un pezzo su di lui.

In Saiyaara tra i due scatta un immediato colpo di fulmine e Aneet diventa la sua musa, l’unica capace di dare parole alle sue melodie lasciate incompiute, aiutandolo a trasformare il dolore in musica. Nonostante l’iniziale reticenza da parte dei genitori di lei, la loro relazione sembra procedere per il meglio, ma una tragica scoperta sulla salute della ragazza rischia di cambiare tutto per sempre.

Saiyaara: un racconto universale – recensione

Un dramma romantico a sfondo musicale in pieno stile bollywoodiano, con le canzoni a giocare un ruolo chiave nelle dinamiche emotive che caratterizzano le due ore e mezzo di visione, incentrate sull’avvolgente quanto tormentata love-story tra i due protagonisti. Va sottolineato che ci troviamo davanti a un remake, con l’originale coreano A moment to remember (2004) che riusciva a intercettare meglio l’anima tragica della vicenda, qui a tratti spettacolarizzata anche troppo.

L’obiettivo dichiarato di un film come Saiyaara è ovviamente quello di far sgorgare la lacrima facile a un pubblico prontamente ricettivo e almeno in questo caso può dirsi riuscito, complice una sceneggiatura che innesta lo spauracchio della malattia mentale quale ostacolo apparentemente insormontabile a quel lieto fine che tutti richiedono. Non manca comunque la necessaria catarsi al termine di un racconto che punta forte le sue carte su suddetto approccio retorico, con tutti i pro e i contro del caso.

Una canzone d’amore, per farmi ricordare

Il problema principale del film è che porta questa premessa straziante all’estremo, ridondando in più occasioni su assunti che erano stati già ampiamente chiariti, il tutto per inserire qualche nuova hit dal sound catchy e orecchiabile, in favore di quel pubblico amante delle sonorità pop ed enfatiche tipiche della scena musicale locale. Le lungaggini rischiano di togliere respiro a un dramma che diventa, minuto dopo minuto, sempre più telefonato.

La regia di Mohit Suri, per quanto esteticamente apprezzabile, si limita in realtà a una confezione patinata da videoclip, con diversi passaggi cantati che appaiono effettivamente gratuiti e mal integrati con la storia narrata. Va detto che il principale target di riferimento sarà certamente disposto a chiudere un occhio – e spalancare le orecchie – su succitate negligenze, pronto semplicemente a farsi trasportare nel dramma affrontato dai due innamorati.

Innamorati che possono contare sulla discreta e palpabile alchimia tra i rispettivi interpreti, ovvero l’esordiente Ahaan Panday – “bello e dannato” quanto basta – e la dolce Aneet Padda, già vista su Prime Video nella serie Big Girls Don’t Cry.

Il film è disponibile nel catalogo di Netflix.

Conclusioni finali

Rifacendo un dramma coreano di inizio millennio in chiave bollywoodiana, Saiyaara si presenta come un melò che non riesce a mantenere le promesse iniziali. Un film che, pur potendo contare sulla buona alchimia tra i suoi protagonisti e su una componente musicale di sicuro impatto, almeno per chi apprezza certe sonorità, cade nelle trappole di uno script che esaspera eccessivamente la sua verve tragica.

Una visione che si limita a intrattenere il principale target di riferimento, senza però lasciare effettivamente il segno. L’estetica da videoclip e le canzoni strappalacrime calcano pesantemente la mano sul comparto emozionale, ma senza la necessaria spontaneità a supporto.

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