Merv: un amore in crisi e un cane depresso in una prevedibile rom-com – Recensione

Merv

Merv, un esemplare misto di terrier, ha perso la sua vivacità, la coda non scodinzola più come prima e si trascina pigramente tra le due case dei suoi due “genitori”. Anna e Russ, coppia che ha recentemente chiuso la propria relazione, si dividono la custodia settimanale del cane: una settimana con lei, optometrista meticolosa e organizzata, una settimana con lui, maestro elementare dal cuore d’oro e l’appartamento in perenne disordine.

Quando il veterinario diagnostica a Merv una vera e propria depressione canina, provocata per l’appunto dalla recente rottura familiare, i due ex si ritrovano costretti alla più imbarazzante forma di co-affidamento: rimanere insieme per il bene del cane. Russ scopre l’esistenza di una località balneare per cani e decide di accompagnare il suo fidato amico a quattro zampe, salvo essere raggiunto presto da Anna: il loro rapporto ha forse un’altra chance?

Merv: l’amore che non muore – recensione

Il secondo lungometraggio di Jessica Swale, drammaturga e sceneggiatrice britannica vincitrice dell’Olivier Award, arriva a cinque anni di distanza dal suo esordio dietro la macchina da presa, ovvero il ben più convincente Giorni d’estate (2020) con Gemma Arterton. Con Merv la regista sembra essersi standardizzata su un approccio “da piattaforma”, puntando al massimo risultato di visualizzazioni con il minimo sforzo.

D’altronde già la premessa di questa rom-com suggeriva una certa prevedibilità di fondo, con l’inserimento del cane quale elemento per scardinare le difese emotive del grande pubblico. Se poi l’animale si trova a essere assai estremamente triste per l’inaspettata rottura dei suoi padroni, la ricetta è servita e il film già scritto, con tutti gli scontatissimi colpi di scena che uno si prospetta già dai primissimi minuti a essere ampiamente rispettati, dolce epilogo incluso.

Senti chi parla

Il protagonista a quattro zampe ruba in più occasione la scena ai suoi colleghi umani, pur interpretati da due attori solitamente frizzanti come Zooey Deschanel e Charlie Cox, diventando catalizzatore delle aspettative del pubblico, specchio peloso delle dinamiche irrisolte tra Anna e Russ, promemoria costante di ciò che i due hanno smarrito nel corso del tempo e forse possono ancora recuperare prima che sia troppo tardi.

È una sorta di variazione a quattro zampe del classico pensiero relativo al dover restare insieme unicamente per il bene dei bambini, anche quando l’amore è ormai al capolinea. E qui la figura di Merv è proprio come se fosse quel figlio mai avuto, con il discorso relativo alla mancata maternità che si inserisce come inaspettato dilemma melodrammatico, forse l’unica soluzione narrativa parzialmente originale in un insieme altrimenti assai ripetitivo.

Nuovi potenziali interessi romantici che minano la love-story alla base, gelosie che affiorano, suoceri che rimpiangono i tempi passati e siparietti danzanti che citano classici del genere come Dirty Dancing (1987): tutto è dichiaratamente derivativo e soprattutto il sentimento che lega i due, ex solo sulla carta, sembra ancora bello saldo. L’amore non è bello se non è litigarello dice un famoso proverbio, che rispecchia al meglio le dinamiche del film con l’aggiunta del miglior amico dell’uomo a fondamentale supporto.

Conclusioni finali

Il materiale narrativo a disposizione sarebbe bastato per un mediometraggio, con i cento minuti di visione che diluiscono la storia d’amore dei due protagonisti in una serie di passaggi ridondanti, con l’obiettivo non ammesso di salvarla ad ogni costo per il benessere mentale del loro amato terrier, caduto in uno stato di profonda depressione proprio a causa di quel legame incrinatosi.

Merv è un film povero di idee e di contenuti, che si fa forza unicamente sulla furba presenza del simpatico cagnolino, alpha e omega emotivo sul quale il pubblico rivolge le proprie aspettative nell’attesa che il sentimento tra i padroni riaffiori e conduca all’inevitabile lieto fine. Ma tra soluzioni telefonate e presunti momenti di crisi che una crisi non sanno nemmeno cosa sia, è più volte la noia a far capolino.

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