Il calcio turco vanta una storia ricca e appassionata che ha prodotto figure leggendarie, ricordate ancora oggi con fervore da generazioni di tifosi. Tra queste spicca sicuramente quella di Lefter Küçükandonyadis, soprannominato Ordinaryüs per via della sua straordinaria abilità nel dettare i tempi di gioco come fosse un professore alla lavagna. Nato nel 1925 a Büyükada – la più grande delle Isole dei Principi nel Mar di Marmara – da una famiglia greco-ortodossa, Lefter divenne il primo calciatore turco a brillare nei campionati europei, segnando 388 gol in carriera per club come Fenerbahçe, Fiorentina, Nizza, AEK Atene e Boluspor, oltre a 52 reti con la nazionale turca.
Netflix ha deciso di portare sullo schermo la vita di questa leggenda in Lefter: la storia di Ordinaryus, diretto dal regista Can Ulkay che ricordiamo per il dramma a sfondo bellico Ayla – La figlia senza nome (2017). Un film che nelle sue due ore e rotti di visione si propone di raccontare una vita straordinaria, mescolando sport, identità nazionale, discriminazione e trionfo personale in periodi storici molto complessi, non solo per la Turchia ma per il mondo intero.
Lefter: l’uomo dietro il mito? – recensione
Gran parte della narrazione vede Lefter in persona ripercorrere le fasi cruciali della propria esistenza, fin quando bambino crebbe a Büyükada nell’ambiente multiculturale delle isole, dove greci, armeni, ebrei e turchi convivevano in una relativa armonia che sarebbe tragicamente crollata a metà degli anni Cinquanta. Il padre Hristo è un uomo rigido e severo che gestisce un negozio di alimentari e che disapprova profondamente la passione calcistica del figlio.
Ma il giovane Lefter possiede nel cuore un fuoco che non può essere spento, una connessione quasi mistica con il pallone che lo spinge ad esercitarsi di nascosto, affinando quelle capacità che lo renderanno un campione senza eguali in patria. Assistiamo così al suo debutto con il Fenerbahçe, alle difficoltà legate alla sua identità greco-ortodossa in un Paese sempre più nazionalista, ai traumatici eventi del settembre 1955 e naturalmente alla sua tormentata vita sentimentale, tra mogli e amanti. Proprio qui vi è uno dei problemi principali dell’operazione, con la sottotrama romantica largamente romanzata che prende a un certo punto il sopravvento sugli eventi sportivi e agonistici.
Un resoconto incompleto
La storia inoltre si ferma quando termina la sua carriera da calciatore, lasciando del tutto inesplorata la sua carriera manageriale dopo il ritiro, un periodo di cinque anni durante il quale allenò diverse squadra sia dentro che fuori dai confini nazionali. Per un biopic intitolato a un’icona dello sport, questa è una mancanza imperdonabile, che lo rende inspiegabilmente monco laddove invece ha preferito insistere sulla discutibile anima melodrammatica, tra passioni sentimentali più o meno da verificare a caratterizzare gran parte della seconda metà di visione.
Ne esce così un ritratto molto superficiale, con le imprese pallone al piede che vengono espletate in una manciata di sequenze realizzate con uno stile abbastanza classico, tipico delle produzioni a tema. Manca però quel guizzo in grado di rendere avvincente il gesto tecnico o il gol spettacolare, che rimane così un semplice sottofondo alla quanto mai convulse vicende personali del protagonista, che si ritrova impegnato anche in scene ad alta tensione quando la situazione geopolitica si fa alquanto tesa in quel della contesa Cipro.
Sembra quasi che Lefter: la storia di Ordinaryus finisca per vergognarsi del fatto che al centro della vicenda vi sia proprio un calciatore, preferendo concentrarsi su tutto il resto tranne che sullo sport che lo rese famoso come uno degli attaccanti più famosi della sua epoca.
Conclusioni finali
Un bio-pic sportivo solo sulla carta, che si rivela un’occasione sprecata in quanto di agonismo vero e proprio ve n’è poco, con le imprese sul campo lasciate in secondo piano rispetto alla melodrammatica esistenza di questo campione dalla vita travagliata. Il melodramma prende il sopravvento, con la malattia del padre e il tradimento coniugale a caratterizzare gran parte del minutaggio, svuotando l’operazione del suo senso primario.
Più interessante quando è l’epoca storica, tra dissidi geopolitici ed echi di guerra, a diventare accompagnamento di ciò che succede sul rettangolo da gioco, con alcune sequenze dal discreto tasso tensivo. Ma Lefter: la storia di Ordinaryus poteva sfruttare in maniera assai più efficace la classe e la tenacia di un fuoriclasse che ha fatto la storia del calcio turco.









