La Llorona: un horror struggente su una tragedia poco conosciuta – Recensione

La Llorona

L’ormai anziano generale Enrique Monteverde, accusato dalla popolazione indigena Maya di crimini di guerra durante il conflitto civile guatemalteco, si trova a processo in un’aula di tribunale dove le sue vittime testimoniano delle violenze di cui si è macchiato molti anni prima, raccontando con dignità straziante gli stupri sistematici, i massacri di bambini, la distruzione totale della comunità.

In La Llorona i giudici inizialmente lo condannano ma la sentenza viene rapidamente annullata in appello, spingendo folle di manifestanti ad assediare la sua sfarzosa villa in una zona ricca della città. Simultaneamente, la casa stessa comincia a essere palcoscenico di strani fenomeni: tubi che perdono incessantemente allagando il pavimento, piogge di rospi che invadono la proprietà, e soprattutto il pianto notturno di una donna che nessuno riesce a identificare ma che terrorizza il vecchio padrone di casa. Quasi tutti i servitori si dimettono in massa, rifiutandosi di continuare a lavorare per un uomo accusato del genocidio del loro popolo. È in questa situazione che appare Alma, giovane donna Maya dall’indole silenziosa e quasi spettrale che offre i propri servizi come domestica

La Llorona: il mito e l’orrore – recensione

Chi conosce anche solo alla lontana il mito della Llorona, figura centrale del folklore latinoamericano, sa già quale atmosfera possa evocare questo dramma psicologico mascherato da horror, che ci porta dentro le ombre di una dittatura meno nota di altre. È un film che avanza con una tensione lenta e inquieta, guidandoci nel dolore di un popolo strappato con brutalità alle proprie origini, mentre i fantasmi del passato – reali o simbolici che siano – tornano a chiedere una giustizia che le istituzioni hanno negato per interessi e complicità.

Ci troviamo così davanti alla vendetta di una madre che non risparmia niente e nessuno e trova, in un rinnovato e tardivo legame al femminile, la chiave per aprire un passaggio tra mondi che reclamano verità e giustizia. Per comprendere appieno la potenza devastante di La Llorona è necessario contestualizzare gli eventi storici che il film affronta con coraggio e lucidità. Durante la guerra civile guatemalteca che si protrasse per trentasei anni (dal 1960 al 1996), il dittatore Efraín Ríos Montt, generale evangelico autoproclamatosi presidente attraverso un colpo di stato, orchestrò quello che le Nazioni Unite hanno definitivamente riconosciuto come genocidio contro le popolazioni Maya del Paese, particolarmente concentrato nella regione Ixil.

Dietro e davanti lo schermo

Il regista Jayro Bustamante, che aveva già raccontato il folklore indigeno con il toccante Vulcano – Ixcanul (2015), opta per un ritmo strisciante e inquieto, accompagnandoci nella discesa nell’orrore di un villain, per quanto ormai stanco e anziano, che si è macchiato di crimini indicibili. La presenza della nuova arrivata Alma intensifica esponenzialmente i fenomeni inspiegabili avvenenti all’interno di quelle quattro mura, con le manifestazioni spiritiche che diventano più frequenti e intense, fino a quella resa dei conti finale tanto spietata quanto necessaria e ricolma di significati non banali sulla solidarietà femminile.

Il dramma della Donna che Piange, condannata a vagare per l’eternità struggendosi per i propri figli morti annegati viene qui rivisitato in un’opera che è insieme horror soprannaturale, dramma claustrofobico e denuncia politica di feroce urgenza. L’ora e mezzo di visione è il miglior tributo a una tragedia dimenticata, capace sia di spaventare che di commuovere e far riflettere, con la presenza scenica della protagonista María Mercedes Coroy a strappare applausi, e brividi, a scena aperta.

Conclusioni finali

Un’opera folgorante, che riesce nell’impresa per nulla scontata di essere contemporaneamente efficace horror spiritico e denuncia politica di devastante sensibilità. Con La Llorona il regista guatemalteco Jayro Bustamante affronta la guerra civile che ha sconvolto il suo Paese e il genocidio della popolazione di origine Maya, mettendo al centro del racconto una ragazza pronta a incarnare il mito della Donna che Piange, figura tipica del folklore latinoamericano.

Un film che dimostra ulteriormente come il cinema di genere possa essere strumento di riflessione sociale sofisticata quando nelle mani di autori che comprendono come utilizzarlo senza essere limitati dalle sue convenzioni. Il sano terrore va di pari passo con atmosfere drammatiche e dolenti, in una storia che ci ricorda come il fantasma più terrificante sia l’indifferenza davanti al male compiuto.

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