Fin da quell’intenso prologo a marchio action che stabilisce le premesse narrative, K9 Squadra Antidroga mette le cose in chiaro, concentrando il pathos emotivo sul forte legame esistente tra l’agente di polizia Jake Rosser, reduce della guerra in Iraq e affetto da PTSD, e il suo inseparabile cane poliziotto Ace.
Durante una sparatoria nelle strade di Los Angeles, l’animale viene tragicamente ucciso. La reazione di Jake alla perdita lo porta ad aggredire un paramedico, rifiutatosi di soccorrere il cane prima dei suoi colleghi umani. Questo gesto impulsivo, catturato in video, lo porta al congedo forzato e lo mette in rotta di collisione con gli Affari Interni, che gli consigliano di dimenticare l’accaduto. Ma Jake decide di agire da solo, immergendosi in un “mondo sotterraneo” ricco di pericoli e ambiguità , per trovare i responsabili e vendicare il suo partner a quattro zampe, con il fondamentale ausilio di un nuovo partner canino.
K9 Squadra antidroga: uomini e cani – recensione
Fin dai tempi di Turner e il casinaro (1989), dove Tom Hanks univa le forze con un simpatico esemplare di dogue de Bordeaux, il panorama cinematografico è costellato di produzioni che esplorano il legame indissolubile tra l’uomo e il suo compagno a quattro zampe, spesso “sfruttando” il secondo quale catalizzatore dell’anima emotiva del racconto.
K9 – Squadra antidroga, il film diretto da John Stalberg Jr., è un poliziesco che si addentra nell’animo underground di un’America ferita, con le rivolte che sconquassano le strade di Los Angeles, la vita dei senzatetto nei quartieri di periferia e lo spettro del fentanyl, quell’antidolorifico che è diventato una sorta di droga senza via d’uscita per migliaia di persone. La sceneggiatura cerca sin da subito di creare un forte senso di immedesimazione con il protagonista interpretato da Aaron Eckhart, i cui traumi passati e la ricerca di risposte lo vedono muoversi come un fantasma, tra corruzione e interessi politici che minano le fondamenta civili e la fame di giustizia.
Non tutto funziona
Peccato che queste tematiche così complesse vengano affrontate in maniera più che superficiale, tra istinti reazionari e un dipinto a dir poco caricaturale dei quartieri più difficili e di chi abita in quelle strade malfamate. Manca un ritratto credibile del contorno, che toglie verosimiglianza a una storia che vive quasi esclusivamente sul proprio dichiarato assunto.
Il fatto che Socks, ovvero il nuovo cane che il Nostro decide di adottare per trasformarlo nel suo partner-in-action, sia anch’esso profondamente segnato dalla vita in canile crea una sorta di parallelismo tra i due e giustifica quella resa dei conti finale, dove Jake è pronto a tutto pur di riportarlo a casa sano e salvo.
K9 Squadra antidroga, disponibile nel catalogo di Amazon Prime Video, fa certamente il suo, ma non brilla in quanto a esecuzione e latita nella gestione delle figure secondarie, trovando quale carismatico appiglio l’intensa performance di Eckhart, che continua a crederci anche quando non sembra crederci più nessuno. Tanto da essersi meritato la realizzazione di un sequel già annunciato dal titolo Muzzle: City of Wolves.
Conclusioni finali
Un agente traumatizzato non riesce a superare la morte del suo cane poliziotto, ucciso in servizio durante una missione. Mentre ai piani alti si preferisce insabbiare il caso, lui intende vederci chiaro e rischia di scoprire qualcosa che doveva restare sepolto…
K9 Squadra antidroga cerca di farsi forza sul legame tra il protagonista umano e il suo nuovo amico a quattro zampe, ma a conti fatti il legame è più debole del previsto e il focus si concentra sulle indagini del caparbio personaggio di Aaron Eckhart, nota più lieta di un cast altrimenti mal caratterizzato. Qualche spunto gradevole nella gestione tensiva del racconto, ma nell’insieme la sceneggiatura banalizza certe tematiche sociali complesse con disarmante semplicità , a favor di un intrattenimento di genere che guarda ad una pur onesta serie B.









