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Jupiter – il destino dell’universo, recensione film a cura di Christian Fregoni

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Che le sorelle Wachowski abbiano segnato in modo indelebile la nostra percezione del cinema fantascientifico è indubbio, dopo averci donato la rivoluzionaria trilogia di “Matrix” ed essersi addentrate in un’opera di rara complessità, purtroppo poco recepita, quale “Cloud Atlas”, le due emissarie dell’apertura ad un tipo di cinema di stampo prettamente transgender ci regalano questa storia di forte critica sociale mascherata da storia d’amore interstellare.

Jupiter Ascending, come preferibilmente sarebbe da titolare il film, è un esempio di messaggio politico veicolato attraverso la spettacolarità di un tipo di cinema più mainstream e blockbuster.

In mezzo agli sfolgoranti effetti speciali, che le Wachowski non lesinano ad utilizzare nella maniera più ottimale possibile, si cela un modesto prodotto, unanimemente poco apprezzato, intriso di una fortissima valenza politica.

La trama di Jupiter – il destino dell’universo

Spieghiamoci meglio: il film narra la storia di Jupiter Jones (Mila Kunis), russa di nascita ma immigrata per necessità negli Stati Uniti. Qui, assieme alla madre e alla zia, svolge il più umile dei lavori per riuscire a campare. La ragazza infatti è una semplice donna delle pulizie, lavorando principalmente all’interno di abitazioni di persone molto facoltose.

Il suo destino però si rivela presto ben diverso quando, dopo un tentato rapimento da parte di entità aliene, ella viene tratta in salvo da Caine (Channing Tatum), un ibrido umano creato per ragioni belliche. Il supersoldato è un incrocio tra un uomo e un lupo, specie denominata “lycatante”, e spiega a Jupiter la realtà dei fatti.

La Terra non è nient’altro che un semplice possedimento materiale, facente parte di una più ampia schiera di pianeti abitati, colonizzati per il solo ed unico scopo di procurare una continua fonte di sostanze nutritive per delle potentissime casate aristocratiche cosmiche. Gli esseri umani che conosciamo infatti, non sono altro che veri e propri innesti, coltivati al fine di maturare abbastanza DNA da poter poi prelevare, attraverso un processo chiamato “mietitura”, per permettere alle millenarie dinastie aliene di sopravvivere al corso del tempo. Una di queste in particolare, la famiglia Abrasax, vede nell’esistenza di Jupiter una seria minaccia per il mantenimento della propria egemonia interplanetaria.

I tre coeredi alieni, notando che la ragazza rappresenti in tutto e per tutto la vera reincarnazione della propria regina madre, capiscono che la propria lotta intestina per il controllo dell’eredità materna potrebbe trovare una fine imminente e fanno di tutto per entrare in contatto con la nuova sovrana universale.

Dopo aver conosciuto la figlia Kalique (Tuppence Middleton), più interessata a far perdurare in eterno la propria bellezza esteriore che al controllo delle proprietà materiali, Jupiter viene trasferita sull’astronave del secondo figlio Titus (Douglas Booth), originale datore di lavoro di Caine. Tentando di circuire la ragazza in un meschino tentativo di matrimonio combinato, per potersi accaparrare il diritto di rivendicare gli averi lasciati in eredità dalla regina originale, Titus viene fermato dal tempestivo intervento del lycatante.

Entra quindi in gioco il maggiore e più spregiudicato dei tre figli, Balem (Eddie Redmayne), ormai ritenuto il legittimo successore della madre, che si arroga il diritto di proprietà solo e unicamente per il puro godimento personale, provocato dalla mietitura e ripopolazione di interi pianeti. Balem fa rapire l’intera famiglia di Jupiter, per poterle estorcere una formale abdicazione del titolo regale e, successivamente al provvidenziale tentativo di salvataggio da parte di Caine, trova la meritata fine dopo il catastrofico collasso totale del proprio impianto di raffinazione del DNA umano.

Recensione Jupiter – il destino dell’universo

Ci troviamo decisamente di fronte a un film sui generis, profondamente intriso della peculiare poetica delle sorelle Wachowski. Portavoci di un tipo di cinema progressista dagli orizzonti espansi, le due sorelle registe e sceneggiatrici decidono di incentrare la storia facendo leva sulla caratura morale degli emarginati, dei reietti della società.

Non a caso, infatti, Jupiter è un’immigrata russa, rifugiatasi negli USA dopo l’abominevole assassinio del padre con la madre e la zia. Per vivere pulisce i gabinetti delle residenze di persone molto facoltose, ma ciò che preme alle registe non è la mera esteriorità. Jupiter, dentro di sé, è sempre stata destinata ad essere la “regina della Terra” e la sua condizione iniziale non ne può prescindere.

La ragazza viene aiutata a portare a compimento il proprio fato da un eroe atipico, portabandiera dell’idea transgender che permea tutte le pellicole delle due sorelle, incrocio tra essere umano e bestia (che da un lato richiama anche l’ambivalenza interiore presente in ognuno di noi). I due rappresentano quindi il tipico modello di coppia ideale, come pensato dalle Wachowski, una relazione che non si basi sulla soddisfazione del puro interesse personale e materiale, che vada oltre le apparenze (spesso dettate dall’ignoranza o dalla troppa smania di presunta onnipotenza), ma che si basi sulla bellezza interiore nascosta in ciascun essere (umano e non).

I veri “esseri umani” sono individui spregevoli, spietati commercianti di tempo vitale, che per il raggiungimento del proprio piacere edonistico sono pronti a falcidiare intere coltivazioni di umani “inferiori”, appositamente inseriti in un contesto vitale terreno solo per usufruirne al momento opportuno. In questo senso il film costituisce una tremenda critica alla concezione capitalistica, canonizzata oramai come principale dottrina economica da seguire, per il progresso della società.

I ricchi, nobili e aristocratici dipinti nella pellicola, sono l’incarnazione di tutto ciò che è malvagio, marcio e deleterio per la sopravvivenza delle persone comuni. Jupiter è invece l’eccezione che conferma la regola: il suo cosmico lignaggio reale non ne intacca la rettitudine morale.

Lei rappresenterebbe un unicum in questo senso, una regina aperta mentalmente, non disposta a godere di vantaggi immeritati, a scapito della vita della povera gente. Infatti, alla fine della pellicola, ciò viene ulteriormente confermato: la ragazza avrebbe potuto reclamare immediatamente la Terra come suo possedimento personale, permettendo anche alla sua famiglia di vivere come nababbi, ma non è ciò per cui l’Universo l’ha destinata (ricollegandoci al titolo del film).

Meritorio, inoltre, il comparto degli effetti speciali, profusamente utilizzati dalle Wachowski per creare un caleidoscopio di scenari fantascientifici da mozzare il fiato, così come per dare il giusto pathos alla moltitudine di sequenze di combattimento che permeano la pellicola. Sia che si ambientino sulla Terra, su astronavi aliene o su pianeti extraterresti, le battaglie intraprese dai protagonisti sono una più spettacolare dell’altra grazie alla fantasia visiva e tecnica.

Non è comunque tutto oro ciò che luccica, il film non è privo di difetti e siamo decisamente lontani dai precedenti lavori per i quali le Wachowski sono più conosciute. La pellicola non brilla per abilità recitativa, infatti sia la Kunis che Tatum ci hanno dato prova di capacità attoriali molto più credibili in altre pellicole.

Entrambi i personaggi risultano quasi bidimensionali, la Kunis nella pressoché totale incapacità a far trasparire le emozioni (quando deve pulire un gabinetto od essere catapultata attraverso un varco interstellare l’espressività è la stessa) e Tatum, troppo sciatto nell’interpretare il tenebroso supersoldato dal passato tormentato.

La trama del film, inoltre, non rappresenta il massimo dell’originalità e a ben pensarci si potrebbe già intuire l’evolversi e il concludersi della vicenda, dopo poche decine di minuti di visione. Altra nota dolente è purtroppo data dall’alienante colonna sonora, troppo grave e solenne in momenti in cui non è realmente richiesta tutta questa partecipazione dal parte dello spettatore.

Pro del film:

  • La presenza delle sorelle Wachowski, con la loro particolare poetica narrativa, dietro la macchina da presa salva questo film dall’inserirsi nella moltitudine di pellicole già trite e ritrite che trattano le medesime tematiche.
  • Incredibile presa di posizione delle registe nel farsi carico di un’aspra critica alla società odierna
  • Effetti speciali degni di questo nome.

Contro del film:

  • Trama banale e scontata, il minaccioso alone del “già visto” è nascosto dietro l’angolo e seminarlo non è per nulla facile.
  • Attori sotto tono e perfettamente dimenticabili. Un vero peccato!
  • Colonna sonora fuori luogo e fuori controllo.

Voto: 6

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Articolo scritto e Curato da Christian Fregoni

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