Intervista a David Pratelli: “Nel mio libro diventato film c’è anche l’elemento autobiografico”

david pratelli

Abbiamo imparato a conoscerlo come personaggio comico, uno dei migliori imitatori del panorama italiano che modifica la sua voce e la sua mimica per trasformarsi nei mostri sacri dello spettacolo e dello sport. Ma David Pratelli fa della sua versatilità una virtù e ha cambiato genere scrivendo un romanzo crime dalle sfumature horror dal titolo “Tenebra”; ora il romanzo è diventato un film, “Tenebra: questa è la mia vendetta”, che uscirà al cinema il prossimo 25 novembre ed è proprio David a parlarcene nell’intervista esclusiva che ci ha concesso.

Intervista a David Pratelli

Benvenuto, David. Parlaci innanzitutto del tuo romanzo e di come sia poi nata l’idea di realizzare anche un film.

“Il romanzo nasce da una mia grande passione, un grande studio verso la criminologia, il mistero e tutto ciò che possa esserci dietro atroci delitti che hanno caratterizzato anche il nostro Paese. Delitti non solo generati da vendette ma anche passionali e seriali, che riguardano soprattutto killer patentati che ormai hanno fatto una loro storia e carriera. Sono tutti racconti che, per quanto ci sia di vero o no, narrano una storia macabra che ha fatto parte del nostro mondo e della nostra vita. Io tanti anni fa, appassionato dal mistero, ho cominciato a scrivere un racconto sulla mente deviata di un serial killer. Cosa c’è dietro questa mente? Tutto ciò mi ha affascinato e ho scritto un libro giallo-thriller con qualche sfumatura horror e per concludere l’opera si è deciso di realizzarne un film. Parlando con il produttore, regista e attore Giuseppe Di Giorgio, siciliano emigrato, durante il lockdown duro è nata l’idea di costruire il film. Lui comprò il libro, pur non essendo io un grosso nome, ed è rimasto affascinato anche dalla scrittura semplice che gli ho dato. Insieme a Roberto Attolini ha cominciato a sceneggiare la storia e a prendere tutti quei dettagli per portarli dal romanzo al film, perché sono due cose diverse. Infatti la storia è tratta dal libro ma alcune variazioni ci sono perché cinematograficamente rendono diversamente. Penso ad esempio alla location, che da Roma e Perugia si è spostata a Pavia, ma la logica che c’è dietro rimane la stessa. Il film uscirà il 25 novembre, la giornata mondiale contro la violenza sulle donne perché è questo il messaggio che si vuole mandare: difesa e tutela per le donne. Non va tutelata solo il 25 novembre ma tutto l’anno. Il film però racconta anche la mente deviata e la frustrazione del serial killer, che si scoprirà guardando il film. È una produzione indipendente di Giuseppe Di Giorgio con Upgrade Film Production e Skygate. La regia è dello stesso Giuseppe Di Giorgio e le musiche sono di Andrea Salicini Ballandi, nipote del grande Bibi. Gli attori sono meno famosi di altri ma con grande talento e tanta voglia di dimostrarlo. Cito, oltre al regista e protagonista Giuseppe, anche Stefania Santececca, Enzo Stasino, Matteo Prosperi, Gloria Anselmi, Stefano Solaro, Nicole Blatto, Daniele Coppo, Giulia Renée, Pierluigi Giangitano, Daria Morelli, Elisa Mammoliti, Arianna Mancini, Carola Rubino, Dorothy Barresi e Shihap Montaser”.

Il film racconta di un uomo con un passato misterioso – adesso non vogliamo spoilerare nulla a chi non lo ha ancora visto – però possiamo dire che la sua, chiamiamola “natura”, lo induce a non tollerare l’inganno e il rifiuto delle donne e questo lo porta a ucciderle. Ecco, questa è purtroppo una tematica sì da romanzo, sì da film, ma è una tematica della realtà. Tu quanto pensi che sia stato davvero fatto finora dalle istituzioni in materia di femminicidio e di violenza sulle donne?

“Sicuramente sono stati fatti dei grandi passi da diversi anni a questa parte, ma bisogna fare molto di più perché c’è poca tutela. Purtroppo mi rendo conto che, a partire dallo stalking, devono essere messi in condizione anche gli uomini – e qui entrano in gioco gli psicologi – di accettare il ‘no’ della donna senza inseguire la donna come una proprietà. Bisogna instillare questo pensiero nella mente degli uomini, ma nella coppia in generale. C’è bisogno sì di una tutela, di un sostegno nei confronti delle donne che subiscono violenze, ma occorrono anche molti medici e psicologi che aiutino gli uomini che non ce la fanno a stare soli. Un uomo deve accettare anche di dover stare da solo e che la donna non sia una sua proprietà, altrimenti l’uomo si sentirà sempre libero di agire in una certa maniera. Lei è una persona che sta con te, non è tua. È una donna libera esattamente come l’uomo lo è e nessuno può cambiare tutto ciò, quello che va cambiato è la cultura. Occorre paradossalmente un’emancipazione maschile, la sua indipendenza dalla donna è fondamentale. L’uomo sta soffrendo la superiorità femminile e ciò lo spinge anche ai femminicidi, ma deve capire di dover essere contento e orgoglioso di avere a che fare con una donna superiore mentalmente e intellettualmente, imparando attraverso il confronto che la stima e l’autostima della dona sono positive per l’uomo stesso. Io adoro la mia compagna perché la vedo sicura di sé e per il confronto che ha con me, e si discute tanto eh, ma ci rispettiamo e ci vogliamo bene e c’è molta stima. La stima è fondamentale”.

Tu hai sempre interpretato sostanzialmente ruoli comici in tv, da dove nasce questa svolta noir?

“Sono quelle cose che… quando ti chiudi in una stanza e devi scrivere cose comiche ma non ti vengono, allora scrivi cose macabre. Mi hanno chiesto se in ‘Tenebra’ ci sia qualcosa di autobiografico… Io quando avevo 20 anni sono stato deriso da un gruppo di amici e ho subito una sorta di bullismo. Uscii con una donna e purtroppo per la tensione andai in bianco e questa ragazza mi derise col gruppo di amici e andò a dire che io ero impotente. Questa cosa è stata fatta alle mie spalle. In me in quel periodo è subentrata una forte rabbia nei confronti di chi mi derideva, mi sentivo ferito e sì, volevo vendetta. Una cosa del genere a un ragazzo di 20 anni, nel clou della sua età e della sua produzione ormonale, gli sega le gambe. Io ho pensato anche di volerle uccidere, ma poi ci ripensavo e capivo che non aveva senso. Io sono cattolico e credo di avere un cervello, ma una fame di vendetta è naturale in certi casi, però finisce lì e rimangono pensieri dettati dalla rabbia. Ho fatto prevalere la mia fede in Dio e ho saputo anche perdonarli, oggi con queste persone faccio anche due risate. Questa cosa probabilmente me la sono portata dietro scrivendone e facendo diventare questo killer l’incarnazione della vendetta a cui pensavo da ragazzo”.

Noir è stato anche il periodo che ci ha visti protagonisti negli ultimi 2 anni: quanto è stata dura andare avanti per voi lavoratori dello spettacolo durante la pandemia e con tutte le restrizioni del caso?

“Per le serate è stata una mazzata tremenda. C’è chi ha un guadagno annuale dagli eventi e azzerandosi è stato un massacro per tutti. Paradossalmente psicologicamente l’ho affrontata bene e mi sono messo a fare l’opinionista sul calcio e questo mi ha fatto prendere e recuperare quel bilancio che il 2020 mi aveva fatto perdere. Io sono fortunato perché ho avuto modo di recuperare, altri no. Quando c’era la pandemia e le sue chiusure alternate, l’ultima a dicembre 2021, mi ricordo quando ci si incrociava con gli amici e io dicevo: ‘L’importante è la salute… e i bonus!’ (ride, ndr). Che poi i bonus servivano a poco, al massimo ci si poteva comprare un panino”.

Ed è bello rivedere il pubblico anche nelle trasmissioni televisive con tutti i posti occupati. Lo stiamo vedendo anche a “Tale e quale show” nel quale hai partecipato nel 2019. Che ricordi hai di quell’esperienza?

“Un ricordo bellissimo, un’esperienza fantastica, sono stati 2 o 3 mesi intensi, anche faticosi per le prove e per la preparazione ma è stata un’esperienza straordinaria soprattutto per l’approccio psicologico. Della gara a me non importava niente, volevo solo divertirmi. Certo, quando i voti erano bassi ci restavo un po’ male perché mi preparavo molto. Ma poi alla fine è un gioco, una vetrina per professionisti che si vogliono divertire imitando e cantando, alcuni cantano, altri non lo avevano mai fatto. Io di cantanti sapevo fare solo Celentano e le altre imitazioni erano tutte parlate, mentre lì ho dovuto imitare e cantare e quindi ho imparato molto e sono cresciuto tanto”.

Quest’anno invece stai seguendo il programma? Per chi fai il tifo?

“Io tifo sempre per gli imitatori, quindi tifo per Claudio Lauretta, uno straordinario imitatore, uno dei migliori. Come senso di appartenenza sostengo sempre gli imitatori e ho piacere che uno di noi faccia la sua figura. Alla faccia di chi dice che c’è concorrenza! Spesso dicono che c’è rivalità, ma siamo tutti amici e a me se qualcuno imita un personaggio meglio di me non frega nulla. E a me chi mette zizzania mi rimane sui co**ioni. Lo spettacolo è bello quando c’è aggregazione e si gode anche di ciò che ottiene l’altro, essendo solidali se l’altro non riesce a ottenerlo”.

A “Tale e quale” hai fatto anche il giudice nelle edizioni precedenti: tornerai nelle prossime puntate?

Io non so niente, sono cose che tante volte capitano all’ultimo. Ma se sapessi di tornare non potrei nemmeno dirtelo...”.

La tua carriera televisiva nasce da un talent, perché nel 2002 – quindi 20 anni fa – hai vinto nel programma “Sì sì, è proprio lui!!!” su Rai 1 con la regia di Pierfrancesco Pingitore. Oggi a quale altro talent parteciperesti in qualità di giudice? O anche di concorrente…

“Io ti parlo chiaro e tondo: a me i talent mettono tanta ansia. Anche con “Amici” o “X Factor” io immagino la tensione di questi ragazzi che campano di illusioni e mi mettono ansia. Non saprei dove poter essere collocato, non ho mai avuto il desiderio di partecipare ai talent. Quello degli imitatori lo feci perché avevo 31 anni e mi fu consigliato dal mio agente, ma non avrei voluto fare neanche quello. A me i talent non piacciono, c’è troppa inflazione e ce ne sono troppi. Poi chiaro, se me lo proponessero, chissà… Ma non saprei neppure dove. Ecco! Pensandoci bene farei “Ballando con le stelle”, l’unico talent che mi renderebbe artisticamente più ricco. Lo farei volentieri per sperimentare questo lato, finché sono giovane, perché poi non ce la farei”.

Non hai mai però partecipato a un reality: ti piacerebbe farlo e in quale vorresti essere presente?

“Spero non me lo propongano mai, se accettassi sarebbe solo perché mi pagherebbero bene (ride, ndr). Se proprio devo sceglierne uno è il Grande Bordell… ehm, il Grande Fratello”.

Hai lavorato in Mediaset con “Guida al campionato” e in Rai con “Quelli che il calcio”, entrambi programmi storici che però hanno chiuso: quanto ti manca quel tipo di tv e quanto ti manca farla? Secondo te può ancora funzionare un programma simile oppure è davvero finita un’era?

“Bella domanda. Per quanto riguarda ‘Guida al campionato’ poteva andare avanti ma venne tolto sul più bello. È come se tu cancellassi dal calcio una squadra che ha appena vinto scudetto e Champions. Piaceva tanto ai ragazzi, continuando a farlo forse sarebbe finito comunque oggi perché non avrebbe tenuto testa al web e ai social. È stato solo chiuso in anticipo per evitare una fine poi. Però a tanti manca quell’appuntamento della domenica. ‘Quelli che il calcio’ invece ha fatto il suo corso ed era destinato a finire perché non faceva più ascolti e mi dispiace. È un ciclo che finisce, poi fatto di domenica pomeriggio con il campionato così spezzettato è difficile. Anzi, forse l’hanno tirata anche troppo per le lunghe perché già 5 anni fa avrebbero potuto chiuderlo, dall’addio di Simona Ventura. Quello forse è stato l’inizio della fine, dopo 10 anni di Simona finiva di fatto un’epoca fatta di un mix tra balletti, pallone e risate. La Ventura era fondamentale, dava lei l’impronta al programma, quindi dopo di lei è cominciata la fine”.

Domanda finale di rito: progetti futuri?

“Intanto non vedo l’ora di vedere cosa farà il nuovo governo perché spero che per noi professionisti dello spettacolo vorrei un pensionamento a 53 anni (ride, ndr). Poi vorrei proseguire con collaborazioni cinematografiche e siamo attivi su questo fronte. Inoltre sto facendo un programma in radio, ‘I Pratelli di Saint Vincent’ su Punto Radio in cui sperimento i miei vari personaggi dopo il successo di 20-25 anni fa lo abbiamo riproposto. Poi con le riaperture ho ripreso a fare serate ed è molto gratificante perché rivedere quella normalità interrotta quasi 3 anni fa è la ricchezza più bella. Avere un pubblico davanti che sorride e che applaude è impagabile.

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