Goodbye June: il drammatico esordio alla regia di Kate Winslet – Recensione

Goodbye June - film

Nelle settimane precedenti il Natale, June – matriarca di una famiglia allargata – viene ricoverata d’urgenza in ospedale dopo un improvviso peggioramento delle sue condizioni: la donna è infatti da tempo malata di cancro. I quattro figli adulti, ovvero Julia, Helen, Molly e Connor si ritrovano così costretti a radunarsi al suo capezzale, accompagnati dall’anziano padre Bernie, che fatica a metabolizzare l’imminente perdita della compagna di una vita.

In Goodbye June ogni membro della famiglia porta con sé il proprio fardello esistenziale: Julia è un’efficiente donna in carriera che fatica a gestire emotivamente i suoi i tre figli; Helen è un’insegnante di danza olistica e cerimonie new age; Molly è una casalinga frustrata e infine Connor, il più giovane e unico maschio, è il classico eterno bambinone mai uscito dall’orbita genitoriale. Ognuno di loro dovrà fare i conti con quei drammatici giorni a venire, con le cure palliative che accompagneranno la tragica ora sempre più prossima.

Goodbye June: fino all’ultimo sguardo – recensione

La struttura narrativa di Goodbye June è quella canonica della riunione familiare forzata da un evento nefasto, esplorata dal cinema di ogni latitudine infinite volte. Vecchie ruggini che riemergono, non detti celati da anni, segreti che vengono alla luce, tensioni che esplodono e infine la riconciliazione catartica che suggella quel finale ad alto tasso emotivo.

Il film segna l’esordio dietro la macchina da presa di Kate Winslet, che vestendo anche il ruolo di una delle figlie non tenta di sovvertire le regole genere ma decide di attraversarlo andando sul sicuro, puntando tutto o quasi sulle interpretazioni dell’eterogeneo e talentuoso cast per elevare del materiale narrativo sulla carta risultante ricolmo di cliché ben più che abusati.

La sceneggiatura è opera del figlio ventunenne Joe Anders, frutto della sua relazione con il regista Sam Mendes, e trae ispirazione dalla morte della nonna materna Sally, scomparsa per cancro ovarico nel 2017. Comprensibile l’impegno profuso dall’amata attrice e dall’erede, che però rischia di ceder sotto il peso delle proprie ambizioni personali.

Insieme per sempre

Un progetto intimo e dall’approccio potenzialmente terapeutico, una sorta di mezzo con il quale elaborare il lutto direttamente vissuto attraverso la finzione, trasformando il dolore privato in un racconto dall’impatto potenzialmente universale. Ma è proprio in questa dimensione autobiografica dichiarata a rappresentare al contempo la forza e il limite più evidente dell’operazione: Goodbye June è un’opera che vive di sincerità d’intenti ma fatica a liberarsi dalla trappola della retorica consolatoria, oscillando costantemente tra momenti genuini e clamorose scivolate negli archetipi dei melodrammi più lacrimevoli.

Un progetto che sembra pensato per creare un costante ricatto emotivo nei confronti del pubblico, con quasi ogni sequenza inscenata per spingere chi guarda a commuoversi e a immedesimarsi con il dramma affrontato dai personaggi sullo schermo. Se ci aggiungiamo l’ambientazione natalizia, con l’evento clou prossimo a compiersi proprio il 25 dicembre, la ricetta è servita. Certo molti spettatori avranno modo di riconoscersi in alcune delle situazioni sostenute dai personaggi, ma qui si carica eccessivamente il racconto di sottotrame e umori, rischiando di perdere di vista il cuore pulsante di una storia di morte e di vita, diventante così una sorta di amara caricatura, più lontana dalla realtà di quanto probabilmente voluto.

Conclusioni finali

Affrontare la morte di una persona cara è un evento traumatico e Kate Winslet ha cercato di metabolizzare la scomparsa della madre nel suo esordio alla regia, riversandovi emozioni e sensazioni vissute in quei drammatici giorni. Ecco così che la numerosa famiglia riunitasi al capezzale dell’anziana madre malata di Helen Mirren, prossima alla certa dipartita, diventa un film in cerca di lacrime, che annega i momenti genuini in una retorica a tratti insostenibile.

Goodbye June può contare su un cast eterogeneo e di assoluto valore, alle prese con personaggi che diventano involontarie macchiette, tra sottotrame non sempre ispirate e la perenne ricerca del pathos emotivo a togliere fluidità a un racconto che già nelle sue dinamiche narrative aveva sufficiente materiale struggente, senza bisogno di artificiose aggiunte a caricarne ulteriormente l’anima luttuosa.

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