Corrado Fortuna protagonista in Vanina – Un vicequestore a Catania: “Noi attori dobbiamo essere sinceri e raccontare che ci sono momenti in cui non si lavora per mesi” – Intervista

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Corrado Fortuna, protagonista in Vanina – Un vicequestore a Catania, in onda in queste settimane su Canale 5, dove interpreta il dottor Manfredi Monterreale, racconta a noi di SuperGuidaTv la sua vita da attore a 360 gradi, senza risparmiare quelli che sono dettagli che fanno parte della vita di un attore, e che spesso non vengono raccontati. Fortuna ci parla della sua carriera fatta di luci ma anche di momenti bui, come quando non lavori per mesi e devi fare i conti con il commercialista.

Corrado Fortuna, intervista al protagonista di Vanina – Un vicequestore a Catania

Che personaggio è il suo? Come si è approcciato al ruolo e cosa ha pensato quando ha letto la sceneggiatura?

“Ero molto contento quando ho letto la sceneggiatura, ho molta attenzione per i romanzi italiani e i film italiani. Io oltre a recitare scrivo anche, avevo letto un romanzo di Cristina e mi ha fatto gongolare parecchio far parte di questo progetto. Il mio personaggio è interessante perché innamorato di Vanina, ma non è quel tipico maschio come lo sono stato anche io delle volte, che davanti a un tentennamento dell’altra persona si dispera oppure molla l’impresa. Manfredi reagisce sorridendo ai rifiuti di Vanina. Alleggerisce sempre. Io vorrei avere la sua leggerezza nella vita. Lui fa il pediatra, ha un rapporto quotidiano con i bambini che non stanno bene. Questa ricerca di leggerezza è data anche da questo. Come dice lui a Vanina: i bambini reagiscono alla malattia in maniera più leggera rispetto ai genitori, questo è un insegnamento di vita”.

Medico pediatra, motociclista, cuoco e amante della buona musica. Quanto ha di lei questo personaggio? E cosa lei non ha ma che vorrebbe?

“Non ho in comune con lui la ricerca della leggerezza, ci sto lavorando. Mi accomuna a lui tutto il resto, non sono solo amante della musica ma faccio il Dj, suono la chitarra, sono stato un motociclista un Ducatista per la precisione. Da quando è nato mio figlio la moto è parcheggiata in giardino sotto un telo perché mi è venuta quella paura proprio per la leggerezza che mi manca”.

Di cosa ha paura?

“Da quando è nato mio figlio, quell’uomo pesante che sono, si è spaventato di andare in moto. Le paure che avevo da giovane mi sembrano ridicole, senza però sminuirle. Le paure che ho oggi sono legate alla mia famiglia. Il momento della vita di mio figlio è quello in cui sei tentato di assisterlo, di aiutarlo: e non devi farlo mai. Devi cercare di fagli fare le cose da solo. Questa esaltazione è dovuta dal fatto di volerlo vedere sempre più indipendente. Quello che mi fa paura è il futuro dei giovani, il futuro di questo Paese che è il secondo Paese più anziano dopo il Giappone. Mi fa paura il futuro della generazione di mio figlio”.

Come evolverà il personaggio?

“La puntata di mercoledì 10 è quella dove il mio personaggio brilla di più. Manfredi racconterà se stesso. Posso anticipare che ci sarà la scena più romantica che io abbia mai girato da quando faccio l’attore. Manfredi rimane fino alla fine della serie e non molla l’osso”.

Ci sarà una seconda stagione? Come è stato lavorare sul set?

“Non posso sbilanciarmi perché è ancora troppo presto. È stato comunque un grande rischio per la tv italiana, ma anche per il regista, per il produttore, il fatto di affidarsi per grandi ruoli a nomi non necessariamente di fama. Grande merito a Giusy Buscemi che si è approcciata a questo ruolo e a tutto il cast come un angelo, con grande umiltà. Mai vista lamentarsi, ha messo tutti allo stesso livello”.

Attore, regista, conduttore e scrittore. Quale di queste vesti sente più sua e come ha preso la decisione di buttarsi anche in alti ambiti e non solo quello della recitazione?

“La mia vita di tutti i giorni è fatta di scrittura, perché ovviamente è quello che faccio di più, ma anche solo per una questione di tempo, perché non lavoro al cinema così tanto da poter essere impegnato tutti i giorni. Un impegno quotidiano è necessario nella vita di tutti, per fortuna nella mia c’è la scrittura. Io da piccolo volevo fare lo scrittore, pubblicando ho realizzato il mio sogno di ragazzino. Amo alla follia il mio mestiere di attore. Io sul set farei anche il catering, ci starei anche gratis, questo non lo scrivere perchè poi me lo propongono veramente (ride ndr). In questo memento mi sto concentrando sul mio mestiere di attore, e finalmente vedo sullo schermo la mia faccia di uomo adulto. Ho fatto 46 anni, e questo mi da’ la possibilità di avere ruoli da padre, da marito e devo dire mi piace molto”

Cosa la spinge a buttarsi in nuove avventure?

“Sono uno che si butta parecchio, adesso credo che sia importante tenere a fuoco un paio di obiettivi. Le cose fatte bene hanno bisogno di tempo e dedizione. Quando ho condotto il programma “Conosco un posticino” che ho amato e che ho anche scritto, era un momento perfetto per quella cosa. Quello che mi piacerebbe fare è un podcast, sto ragionando su cosa potrei proporre, sono un grande ascoltatore di podcast”.

Lei prenderebbe parte a programmi tv come Pechino Express o LOL?

“LoL si perchè andrei a far il mio mestiere. Pechino Express c’è un precedente. La mia non è snobberà, è che mi vergogno di andare in televisione a fare i fatti miei con ad esempio mia moglie. Mi era stato proposto e ho rifiutato. Lo guardo, anche perchè amo la televisione nazional popolare. Però litigare ad esempio con mia moglie sotto il sole è una cosa che mi vergogno. Ricordo che una volta mi invitarono al Maurizio Costanzo Show, la sua redazione non poteva crederci che io gli dicevo che non volevo andarci perchè mi vergognavo di stare in televisione. Quando non vesto i panni di un personaggio e non faccio il mio mestiere mi sento in imbarazzo. Costantino Della Gherardesca lo stimo tantissimo, lo trovo un fenomeno. LoL invece è il mio mestiere. Adoro la tv fatta bene, anche ridicolizzarsi, travestirsi, lì non mi vergogno. Anche su Instagram pubblico poco del privato, anche lì è per imbarazzo”.

La regia è nel suo futuro?

“Con la regia ci avevo provato alcuni anni fa, le cose non andarono per diversi motivi, ci sto riprovando con un progetto al quale tengo tantissimo. È un sogno al quale non voglio smettere di credere. Finito il libro che sto scrivendo voglio ritornare a lavorare a questo progetto, credo di essere portato a fare il regista, a comunicare con gli attori. Adoro il set, mi piace molto, ho avuto grandi maestri. Riccardo Milani, con cui ho lavorato di più sul set è un grande direttore d’orchestra. Anche Antonio Frazzi, adesso farò delle brutte figure perchè dimentico sicuramente qualcuno. Ho imparato a stare sul set da persone che sono innamorate di questo mestiere e sono dei professionisti. Vorrei sperimentare questa cosa, lo confesso a cuore aperto”.

Le piacerebbe la regia di un suo romanzo?

“Perchè no! Il progetto a cui sto lavorando non è legato a un mio libro, però sarebbe bello trasformare anni di lavoro in qualcosa di diverso”

Lei ha lavorato con Paola Cortellesi. Ha visto il film? Cosa ne pensa di questo successo?

“Sono felice per lei, merita questo successo e sono sbalordito. 19 nomination alla debutto alla regia. L’unico film, ci tengo a ricordarlo, che aveva avuto 19 nomination ma non era un esordio alla regia, era il Capitale Umano di Paolo Virzì, dove io ero assistente alla regia. Parlando di grandi maestri cito appunto Paolo Virzì. Tornado invece a Paola, sono felice, sia per il tema del film e anche del suo successo. Questo risultato non era immaginabile. Se c’è un film che si merita un’attenzione particolare come ha meritato Io Capitano di Garrone è il film di Paola. Sono strabiliato”

Nota una nuova tendenza del cinema italiano sulla scena mondiale iniziata forse dalla vittoria agli Oscar con La Grande Bellezza?

“Credo che il cinema italiano si sia espresso al meglio in anni di crisi: che sia una crisi dovuta al dopoguerra o alla società. Credo che le crisi facciano bene a chi deve raccontare le storie. È un periodo complicato e credo che possa far nascere gradi storie. Un periodo che non nasce con la guerra in Ucraina, ma nasce venti anni fa. In questo momento torniamo ad essere interessanti per il mondo, pur essendo un film Felliniano che racconta un po’ la società. Credo che siano aumentati i bei film e quindi l’attenzione. Con questo non dico che l’industria cinematografica italiana sia salva”.

C’è qualcosa che le hanno proposto e che ha rifiutato ma poi si è pentito?

“Una volta eravamo con mia moglie a Ischia, un produttore italiano alle 3 di notte mi disse: ‘Corrado ricordi quando appena ragazzino rifiutasti di fare la campagna pubblicitaria di questo brand, con questi nomi ecc. per una cifra enorme?’. Mia moglie disse: ‘Cosa? Cosa? Cosa?’. Era era campagna pubblicitaria enorme, che ha avuto un grande successo. Quando si è un ragazzino si è anche un coglione. Di questa cosa mi sono un po’ pentito, poi per il resto non ho rifiutato grandi cose. Oggi non ho la velleità di costruire una carriera come quando avevo vent’anni. Nella mia posizione rifiutare i progetti è un po’ da stronzi. Anche nell’etica del lavoro, questo è un lavoro dove migliori facendolo. Per allenarti hai bisogno di lavorare. Io quando scrivo o sono sul set sono felice. Per me è importante recitare perchè scopro cose di me che non conoscevo. Ad esempio con Vanina, erano anni che non facevo un progetto che mi teneva sul set per così tanti mesi. È sempre un grande esperimento per me lavorare”.

Sempre in tema di colleghi: si parla molto di Alessandro Borghi per la serie su Rocco Siffredi: quanto avrebbe voluto essere lei l’interprete?

“Quella di Alessandro è una carriera straordinaria. Non ho ancora visto la serie, lo avrei fatto, credo che non ci sia niente di più simile tra me e Rocco Siffredi nonostante mio cugino mi ha detto delle sue performance (Ride ndr). Un po’ d’invidia a pensarci: mettersi alla prova con un personaggio così fisico, lavorare con il corpo. L’invidia è una cosa sana. Voglio spezzare una lancia a favore dell’invidia sana, quella che ti sprona ad andare avanti a fare ancora meglio. Io ho avuto una botta di culo facendo il protagonista in un film di Virzì e subito dopo l’opera prima di Franco Battito, questa cosa mi ha lanciato nel mondo del cinema in un modo unico e raro. Poi le cose si sono allentate e successivamente rialzate. Questo è un mestiere che se sei paziente, se metti a fuoco l’obiettivo e se lavori, prima o poi le cose girano. Ovviamente ci sono momenti difficili, dove sbrocchi, ma prima o poi le cose girano”.

C’è differenza quando deve interpretare un ruolo esistente rispetto a un personaggio inventato?

“Io ho fatto entrambe le cose, mi approccio allo stesso modo cercando dentro di me, nella mia storia personale, nella mia storia emotiva cerco anche dei lati oscuri di un personaggio e ricordarmi cosa prova il mio corpo in quelle situazioni. Quando si tratta di interpretare una persona esistente è normale che ti aiuta molto parlare con il personaggio. Cerco di fare scopa con un’emozione. Cerco l’emozione di quel personaggio, tutto il resto arriva dopo. Io mi fido molto della memoria del corpo”.

La soddisfazione più grande che le ha dato il suo lavoro? Cosa ha comprato con il primo stipendio?

“Una moto, la Ducati di cui ti dicevo prima. Un po’ più fortunato perchè era un primo ingaggio da protagonista. Presi una cifra che investii in una Ducati di seconda mano. La soddisfazione più grande invece la fine della proiezione a Venezia di ‘My Name Is Tanino’. Io abitavo in una comune a Pontassieve, in affitto, immagina essere alla prima del film a Venezia in Sala Grande. Altra soddisfazione è sulla di fare la comparsa nel film di Woody Allen, sono stato una settimana sul set con lui, e mi sembra ancora assurda come cosa”

C’è qualcosa di scaramantico che fa?

“Medito, pratico meditazione da un po’ di tempo. Quando ho qualcosa di importante come un provino, o prima di salire sul palco. Forse come oggetti qualcosa di un personaggio che interpreto. Se il personaggio ad esempio ha una penna, allora cerco di avere quella penna nella tasca di pantaloni”.

Che rapporto ha con la fama?

“Non ho una fama tale da avere una vita impossibile. Ho imparato negli anni a essere gentile anche quando dico di no. Rispetto tanto i miei stimatori. Ricordo che alla prima di un film in sala c’erano 12 persone e l’altro attore non voleva entrare, io dissi: ‘quelli sono i miei 12 spettatori, tu pensi che io non entri a ringraziarli?’. Ho un atteggiamento di gratitudine verso loro. Non so come sia la vita di chi debba vivere schermato. A me non è successo perchè non ho voluto che succedesse. Penso che se non scappi non ti insegue nessuno”.

Un ruolo che sogna di interpretare?

“Un grande ruolo drammatico mi piacerebbe molto. Sperimentare questa cosa di essere attore a 46 anni. Ho fatto un film che aveva delle bellissime premesse ma non ci siamo riusciti, non ha ottenuto quanto meritava. Una vita drammatica di un uomo che lavorava contro il bracconaggio degli animali”.

Come dovrebbe chiamarsi un film sulla sua vita?

“ìMa che ci faccio qui?’. Io ho avuto il privilegio di diventare amico di grandissimi del cinema. Ho frequentato Bernardo Bertolucci, e certe volte mentre sei a cena a casa di queste persone, capita di andare in bagno e ti siedi sulla tazza del cesso di Bernardo Bertolucci e ti chiedi: ma che ci faccio qui? Cosa è successo nella mia vita per essere qui? Come lo dico ai miei genitori. Questa avventura finirà in un mio racconto sicuramente. Quando ho fatto il provino per Allen, quando mi dissero che ero stato preso, pensavo di dover fare il protagonista. Pensavo a come dirlo a mio padre che è il suo mito. Anche questo potrebbe essere un titolo: ‘Come lo dico ai miei?'”

Un libro che ha letto, un film o una serie che avrebbe voluto interpretare?

“Tutti i film in cui c’è George Clooney, per sparare alto. Per essere invece aderenti alla realtà è un po’ difficile. Un libro invece che avrei voluto scrivere è ‘Anna’ di Niccolò Ammaniti oppure ‘Il selvaggio’ di Guillermo Arriaga. Pensando a un personaggio di un film è troppo difficile. Ci sono tanti ruoli, anche delle serie italiane, tipo ‘1992’. Avevo fatto un provino, quella mi sarebbe piaciuta molto. Anche ‘Il Cacciatore’, ho fatto tanti provini, conosco Alfonso Sabella, ho rosicato tanto che non sono riuscito a vederlo. Dissi a Davide Marengo che talmente che ho risicato che non l’ho mai vista. Rosico ma sono obbiettivo quando devo ammettere che quel ruolo sta meglio a un altro che a me. Io avrei voglia di fare tante cose che vedo, che poche me ne vengono in mente”

Progetti futuri

“Progetti non ci sono al momento. Non so se la sequenza di provini di queste ultime settimane sia solo una coincidenza con la presenza di Vanina in televisione. Detto questo potrei dirti non posso dirtelo per scaramanzia ma non è così. Ti dico che non c’è nulla. Mi hai fatto un’intervista sulla vita di un attore e penso che sia interessante raccontare anche i momenti bui. Ci sono mesi e mesi per tutti, in cui stai a casa. Ci sono anni che non arrivi a fare 20mila euro. Si vende un’immagine a chi legge questi articoli, poco aderente alla realtà della nostra vita. Stiamo raccontando la mia vita, penso che sia interessante raccontare anche questo. Ci sono tanti momenti nella vita di un attore, e io ho la fortuna di fare 3 provini al mese e mi sento fortunato per questo, ma non è che siamo sempre sulla passerella. Questo è importante da raccontare. Questa idea che la vita degli attori sia una vita smeralda fatta di vacanze e rapporti con le star, Instagram l’ha centuplicata, non è che tu posti la chiacchierata con il commercialista su Instagram. Vale per tuti i miei colleghi. Tutti i giorni bisogna avere pazienza e sforzarsi di trovare lavoro, ed è interessante raccontarlo. Il rischio di fare il lavoro che piace e proprio questo. Mio padre è un avvocato, io non lascerò a mio figlio quello che mio padre lascerà a me. Io trovo disonesto non affrontare questa tematica. La realtà di Instagram è una realtà di facciata, ci tenevo a raccontare la vera vita di un attore in questa intervista”.

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