Breaking bad, la recensione no spoiler della prima vera serie tv

Breaking Bad

“Qualcuno deve proteggere questa famiglia dall’uomo che protegge questa famiglia”, è in questa frase che probabilmente è racchiusa la trama di uno dei più grandi capolavori della tv: Breaking Bad (the breaking bad). A pronunciarla è Skyler White, interpretata da Anna Gunn, proprio mentre parla con suo marito Walter, protagonista della serie. Ma perché “Breaking Bad” è considerato un capolavoro di tale portata? La risposta è semplice: perché non c’è niente di meglio su piazza.

Breaking Bad, la trama

Un insegnante di chimica (Bryan Cranston), con una moglie incinta (Anna Gunn) e un figlio disabile (RJ Mitte), vive ad Albuquerque, in New Mexico. Per sbarcare il lunario è costretto ad arrotondare lavorando in un autolavaggio, subendo le continue umiliazioni dei clienti e del suo capo. Eppure Walter White, è questo il nome del protagonista, è un vero genio della chimica che per vicende avverse non fa parte della società da lui stesso fondata insieme al suo amico Elliot (Adam Godley), diventato invece milionario. La sua vita non è delle migliori, certo, ma il suo animo pacioso lo fa andare avanti serenamente e col sorriso, ma questa stasi non durerà nemmeno un episodio. A Walt viene diagnosticato un cancro ai polmoni: secondo i medici morirà in pochi mesi.

La sua vita improvvisamente cambia, Walter si trova di fronte a quella che James Joyce chiamava “Epifania” scoprendo una verità e una realtà del tutto imprevista che ribalta ogni sua certezza. Da padre di famiglia amoroso e fedele, in un primo momento non dice nulla ai suoi cari mentre cerca di studiare un piano che consenta loro una certa stabilità economica anche quando il tumore lo avrà portato via. Ed è grazie a un incontro fortuito con il suo ex studente Jesse Pinkman (Aaron Paul), oggi spacciatore e “cuoco” di metanfetamina, che Walt trova la strada perfetta per garantire un futuro alla sua famiglia. È proprio l’insospettabile signor White che, scoperto il vero lavoro di Jesse, va da lui e gli propone di diventare soci in affari: a Walt, genio della chimica, il compito di preparare la metanfetamina più pura che si sia mai vista in città, mentre a Jesse il dovere di venderla.

La svolta è quanto di più inaspettato e improvviso per un uomo come Walt, così calmo, ingenuo e a volte impacciato, tanto da prendersi spesso e volentieri gli sberleffi di suo cognato Hank (Dean Norris), agente della DEA, la polizia antidroga. Ma proprio questa sua caratteristica lo rende insospettabile permettendogli di rimanere a lungo nell’anonimato del suo pseudonimo “Heisenberg”, dietro il quale disegna una trama criminale degna del miglior gangster e che lo trascinerà in un vortice di sangue, sofferenza e macchinazioni disturbanti che vi faranno odiare quello stesso protagonista che fino a poco prima cercavate di giustificare tifando per lui. Ma d’altronde lo dice anche il titolo stesso: il crimine ha le sue “breaking bad”, reazioni collaterali.

Perché guardare Breaking Bad

Per comprendere la grandezza del lavoro svolto dal genio visionario di Vince Gilligan e del suo team dobbiamo tener conto del preciso contesto storico in cui si colloca: il 2008. Dunque prima del boom delle piattaforme streaming, prima che il concetto di “serie tv” divorasse lo show business producendo quintali e quintali di materiale da binge watching, prima che il pubblico fosse abituato a un certo tipo di narrazione (che probabilmente si era intravista solo ne “I Soprano”) Gilligan sforna un progetto nuovo, diverso, che cambia i regolari parametri del racconto televisivo. Esatto, televisivo, perché BB nasce per la tv e non per le piattaforme e non si ipotizza nemmeno una possibile distribuzione in streaming; eppure risulta ancora oggi una delle series più viste su Netflix, una delle più amate e ha ricevuto talmente tanti premi che dovremmo scrivere un articolo a parte solo per elencarli tutti.

Breaking Bad è un racconto sporco, crudo, che ti coinvolge e ti porta ad amare e odiare il suo protagonista Walter White. Ti mette sul suo stesso piano, riesci a immedesimarti in lui e probabilmente inizialmente prenderesti le sue stesse decisioni che contribuiscono in modo determinante a renderlo sia protagonista che villain. E quel villain finisci per odiarlo per quanto ha superato il limite, per quanto la sua geniale abilità di escogitare piani faccia così del male a chi gli sta intorno. E vediamo quell’uomo, una volta pacioso e indifeso, diventare un mostro, un killer a sangue freddo, ribaltando le sue buone intenzioni di garantire un futuro alla famiglia dopo la sua morte trasformandole in cupidigia, avarizia, egoismo e complessi di onnipotenza. Il tutto interpretato in modo assolutamente fenomenale da Bryan Cranston, che prima di allora era conosciuto dal grande pubblico principalmente per aver interpretato Hal nella sitcom per ragazzi “Malcolm in the middle”, personaggio completamente diverso sia esteticamente che moralmente da Walter White.

Ed è proprio la recitazione un punto di forza notevole dell’intera serie; ci sono scene che fanno venire i brividi, che sembrano stringerti in una morsa per quanto sono pressanti e vive, che ti fanno dimenticare che quello che si sta vedendo è solamente una serie tv. Ma non bisogna fare riferimento solo alle doti recitative di Cranston (la cui interpretazione è stata definita da Anthony Hopkins “la migliore recitazione che io abbia mai visto”); tutti gli attori hanno ritmi, tempi e momenti giusti. Pensiamo ad esempio a quelli che, dopo White, sono considerati i personaggi più amati della serie: Jesse Pinkman di Aaron Paul, Hank Schrader di Dean Norris, Gustavo Fring di Giancarlo Esposito e Saul Goodman di Bob Odenkirk. Ecco, nelle loro performance scorre la linfa vitale di quest’opera che nobilita in maniera definitiva il piccolo schermo non facendolo sfigurare di fronte alla grandezza del cinema (concetto che nel 2008 non era così scontato).

E gli stessi personaggi che interpretano i vari attori sono delle gemme, delle enormi pietre preziose incastonate in un gioiello d’oro massiccio che le lega in uno scintillio abnorme che si staglia nell’atmosfera dark e noire dell’intera serie. In BB non esistono comparse, ogni attore che recita o che si presenta davanti alla telecamera riesce in qualche modo a esprimere delle emozioni e dà l’impressione al pubblico che dietro quella persona ci sia un vissuto che potrà raccontare, che nulla è messo lì per caso, che niente è stato fatto per mero scopo riempitivo. Ma oltre alla elaboratissima caratterizzazione dei personaggi, sono i dettagli a fare la differenza. Il loro ruolo è fondamentale ma non opprimente per la narrazione, non rendono la trama troppo cervellotica ma giocano col pubblico destando la sua attenzione e la sua curiosità.

In conclusione, perché dovreste guardare Breaking Bad? Perché per quanto le tematiche siano lontane da noi sia geograficamente che concettualmente, questa serie è una puntuale metafora di quanto sia corruttibile l’animo umano e di quanto il processo innescato dal crimine lo faccia sprofondare nell’abisso più buio nel quale il concetto di morale ormai è solo un ricordo. È un percorso dantesco nella cavità infernale, in cui ogni passo fa scendere in un peccato più grande e disturbante fino ad arrivare al culmine, a Lucifero. Ma qui, Lucifero, è lo stesso Walter White.

Breaking Bad, perché non guardarla

Dopo un simile encomio può risultare strano elencare i motivi per cui non dover guardare quest’opera, ma qualche sua caratteristica potrebbe far tentennare gli utenti dai gusti contrastanti. Spoiler: questo paragrafo sarà molto più breve del precedente. Innanzitutto è una serie crime e probabilmente se non amate il genere non riuscirete ad apprezzarla a fondo. Se non vi piacciono scene violente e insanguinate vi consigliamo di scegliere un’altra serie dal catalogo di Netflix, magari più soft e più alla vostra portata perché evidentemente – per quanto sia un capolavoro – Breaking Bad non è adatta a tutti. In secondo luogo, e questo è forse l’unico vero neo dell’intera opera, la narrazione risulta un po’ lenta soprattutto nelle prime stagioni. Se siete abituati a serie scoppiettanti in cui ogni episodio è pieno di effetti speciali, colpi di scena e fuochi d’artificio, Breaking Bad tradirà le vostre attese. Il processo evolutivo della trama e dei personaggi è degno delle montagne russe, con picchi improvvisi e salite graduali che – se avete poca pazienza – possono addirittura farvi annoiare e abbandonare la visione.

La caratteristica non va tanto additata al fatto che il prodotto risalga al 2008, ma è più che altro una peculiarità delle opere di Vince Gilligan, che anche nel prequel spin-off “Better Call Saul” (prequel sì, ma da guardare rigorosamente dopo Breaking Bad) rallenta il ritmo narrativo accompagnandoci nella graduale evoluzione del personaggio protagonista e di coloro che gli gravitano attorno. Essendo una serie in 5 stagioni siete giustificati se dopo qualche episodio avrete la tentazione di guardare altro, ma vi assicuriamo che la parte finale dell’opera vale anche 10 anni d’attesa se necessari, perché è il cuore pulsante dell’intera produzione e regala un mix letteralmente esplosivo di emozioni, hype e colpi di scena che vi faranno sbarrare gli occhi e sobbalzare dalla sedia.

Dunque, in definitiva, Breaking Bad è una serie che consigliamo di guardare? Assolutamente sì, perché se l’insieme del tutto la rende un capolavoro al netto della lentezza delle prime stagioni, allora siamo davvero di fronte alla più grande serie tv mai prodotta. Change my mind.

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