George Woodhouse lavora per l’NCSC britannico ed è considerato uno dei migliori analisti dell’organizzazione, specializzato nel rintracciare talpe e traditori grazie a una capacità deduttiva unica al mondo. Una sera viene informato che l’agenzia ha una falla: qualcuno ha fatto trapelare dei codici top-secret con il potenziale di destabilizzare un governo alleato. Il protagonista ha due settimane per identificare il colpevole tra cinque sospett(at)i, tutti colleghi di alto livello con accesso alle informazioni compromesse.
In Black Bag: Doppio gioco la situazione si complica drammaticamente quando George scopre che tra coloro che potrebbero essere colpevoli figura anche sua moglie Kathryn St. Jean. Pure lei è un’agente leggendaria, operativa in un’unità diversa ma complementare, e i due formano una delle rarissime coppie sposate all’interno di una partitura dove i legami personali sono sconsigliati se non apertamente proibiti. Come possono due spie convivere quando la natura stessa del loro lavoro richiede estrema segretezza?
Black Bag: valigie nere e misteri alla luce – recensione
Proprio questa è la domanda che Steven Soderbergh fa al pubblico e ai suoi stessi personaggi in questo raffinatissimo thriller a sfondo spionistico, definizione anche sin troppo stretta ad uno dei film più precisi degli ultimi anni. Film che tra l’altro arriva a stretto giro da un altro capolavoro del regista, l’horror-drama Presence (2025), con il quale condivide quell’eleganza di messa in scena e quella precisione narrativa che rendono entrambe le opere meritevoli di molteplici visioni.
La sceneggiatura di David Koepp, autore anche della succitata ghost-story in soggettiva, sviscera una potenziale crisi coniugale in un contesto spionistico alla John le Carré, con un pizzico di commedia nera a far capolino nelle fasi più concitate della vicenda. Un racconto che sa farsi irresistibilmente cinico, quando non spietato, nel mettere a nudo le dinamiche di coppia, analizzate sotto la lente di ingrandimento da chi, per lavoro, è abituato a decifrare codici e labiali per salvaguardare la sicurezza (inter)nazionale.
E non mancano nemmeno rimandi a un grande classico della drammaturgia quale Chi ha paura di Virginia Woolf? (1966), con quella cena in cui gli invitati si ritrovano a un tavolo affinché il racconto espleti infine quella verità dai mille volti, con punti di vista e oggettività a integrarsi in una macchina narrativa macchiavellicamente perfetta.
Volti giusti al posto giusto
Un gioco delle parti mirabile, che può contare su un cast eterogeneo e di grande talento. Se nei ruoli più o meno secondari troviamo volti conosciuti come Pierce Brosnan, il Regé-Jean Page di Bridgerton e Naomie Harris, i protagonisti hanno il fascino e carisma di Cate Blanchett e Michael Fassbender: la prima seducente e imperscrutabile, il secondo freddo e calcolato(re), millimetrico in ogni movimento o espressione.
E d’altronde Black Bag è un film che vive su composizioni simmetriche, su un’illuminazione sofisticata e su movimenti di macchina fluidi, con Soderbergh pronto a guidare lo sguardo dello spettatore esattamente dove vuole. Il tutto in una storia che rifugge emozioni facili o momenti spettacolari, in un costante lavoro di sottrazione che riempe l’insieme di nuove e inedite sfumature, in una sorta di oasi cerebrale dove niente e nessuno può essere fuori posto. A cominciare proprio dal pubblico stesso.
Conclusioni finali
Un film di spie che evita l’anima ludica, per concentrarsi, attraverso le premesse di una crisi coniugale e di un tradimento in seno alla compagnia di intelligence, sulle derive del mondo dell’informazione e del controllo assoluto, con l’intero pianeta e chi lo abita, nei suoi più piccoli dettagli, a nuda e completa disposizione di analisti allenati a rintracciare colpe e colpevoli e prevenire potenziali complicazioni in ogni angolo del globo.
La manipolazione psicologica vive attraverso i personaggi di Michael Fassbender e Cate Blanchett, coniugi divisi da un segreto e pronti a uno scontro di freddezza e lucidità, mentre la caccia al sospett(a)to diventa sempre più chirurgica e implacabile e dal tutto ci si concentra sui singoli, in una partita a scacchi dove non tutti usciranno indenni. Black Bag richiede attenzione totale e maniacale a chi guarda, in attesa che venga svelato il complesso meccanismo narrativo ordito da Soderbergh con una messa in scena di estrema eleganza high-tech.