Quando un film genera così tante polemiche, il rischio che buona parte di queste siano gratuite e non inficino direttamente la qualità cinematografica è alta. E difficilmente in tempi recenti si è visto un tram-tram mediatico tale come quello che ha circondato l’uscita di Biancaneve, nuovo live-action Disney che si proponeva, nelle intenzioni, di aggiornare il grande classico animato del 1937. In quanto se ne è già parlato fin troppo, non entreremo nel dettaglio su tutto ciò che esula dalla pellicola in se stessa. Ma anche con tutta la buona volontà e tralasciando la realtà di internet e il fenomeno degli hater, è assai difficile trovare qualcosa da salvare in questo ennesimo adattamento della fiaba dei fratelli Grimm.
Fiaba ricordiamo già modificata ad hoc dalla casa di Topolino in occasione della primissima trasposizione, ma che qui cerca a tutti i costi di parlare d’altro e acclimatarsi nel contemporaneo senza la necessaria profondità, limitandosi a un riciclo in salsa musical improbabile, popolato da scelte e personaggi sbagliati.
Biancaneve: un regno in guerra – recensione
Biancaneve nasce durante una tempesta di neve: figlia del re e della regina, conduce un’infanzia felice, benvoluta dagli abitanti. Alla morte improvvisa della madre, il sovrano si risposa con una donna bellissima ma crudele, ossessionata dalla propria bellezza. Approfittando della misteriosa scomparsa del re in guerra, la nuova consorte prende il potere, riducendo il regno alla miseria e confinando Biancaneve nelle cucine del palazzo.
Passano gli anni e un giorno lo Specchio Magico proclama Biancaneve la più bella del reame: la matrigna ordina allora al cacciatore di ucciderla, ma questi disobbedisce all’ordine e la lascia fuggire. La ragazza trova rifugio in una casetta isolata nel bosco, dove viene accolta dai Sette Nani. Saranno loro, insieme all’affascinante leader dei banditi Jonathan, ad aiutarla a sconfiggere la regina cattiva nella speranza di riportare pace e armonia.
Modifiche a una storia classica
Viene da chiedersi il motivo del perché si sia scelto di realizzare i Sette Nani con un’irritante computer grafica quando poi nel cast sono presenti, in altri ruoli minori, dei veri attori affetti da nanismo. Questa è soltanto una delle molteplici ingenuità che caratterizzano una messa in scena che cerca qua e là di riprendere alcuni passaggi iconici dal film originale, salvo poi inserire tematiche contemporanee in maniera più o meno meccanica
Il risultato non può che essere un gran pasticcio e se anche le canzoni e i balletti a supporto del racconto si rivelano poco ispirati – difficilmente vi ritroverete a canticchiarne i ritornelli – gioco forza la visione perde ritmo e leggerezza, fino a quella resa dei conti finale quanto mai spenta. Inoltre sia Rachel Zegler nei panni della protagonista che Gal Gadot risultano fuori parte, attorniati da figure secondarie poco ispirate che danno vita a un contesto di scarso interesse già da quel veloce background esposto in rapida successione nei primissimi minuti.
Ciao ciao principe azzurro, sostituito in favore di un brigante dal cuore d’oro, una delle tante scelte che snatura i passaggi clou del racconto, che pur pensato come produzione per il pubblico dei più piccoli difficilmente troverà il gradimento di una platea infantile, giusto o sbagliato che sia, sempre più smaliziata. Marc Webb, del quale avevamo pur apprezzato lo sfortunato dittico – da rivalutare – dedicato a Spider-Man nonché il cult romantico 500 giorni insieme (2009), sembra qui incapace di reggere il peso di un progetto che partiva con ben altre aspettative, finite soggiogate a soluzioni arbitrarie e pretestuose.
Il film è ora disponibile nel catalogo di Disney+.
Conclusioni finali
Sarebbe forse stato d’uopo chiedere allo Specchio Magico qualche consiglio su come aggiornare un grande classico di tal portata, giacché questa nuova versione sembra essersi intestardita più sulla presunta forza dei messaggi che sulla magia del racconto originale. Il live-action di Biancaneve è un fallimento su tutta la linea, non soltanto nel comparto prettamente estetico, con una CG di pessima qualità a cominciare proprio dai tanto discussi nani, sette ma non magnifici.
Manca ispirazione nelle canzoni e nell’anima musical, con un sapore artificioso che si trascina nei cento minuti di visione, dove la contrapposizione tra i personaggi di Rachel Zegler e Gal Gadot diventa paradossalmente più interessante per la chiacchierata rivalità tra le due attrici che per un’effettiva e dicotomica lotta tra Bene e Male. Per un film che allontana i grandi cresciuti con un prototipo di ben altro spessore e difficilmente conquisterà le platee di piccoli spettatori, a cui strizza forzatamente l’occhio nel tentativo di cercare un pubblico più magnanimo.