American Crime Story, recensione no spoiler della serie di Ryan Murphy

American Crime Story

Era il 2016 quando lo showrunner e produttore televisivo Ryan Murphy decise, in tandem con la coppia di geniali sceneggiatori Scott Alexander e Larry Karaszewki, di allontanarsi temporaneamente dalla sua serie antologica di successo (stiamo ovviamente parlando di American Horror Story) e di “fondare” un nuovo progetto televisivo dalla medesima struttura. Ed è così che nasce American Crime Story, attualmente visibile su Sky e NOW TV per tutti gli abbonati ai due servizi.

Serie anch’essa antologica in cui ogni stagione tratta temi diversi con location ed interpreti sempre differenti, American Crime Story è attualmente costituita da tre appuntamenti distinti di grande successo: Il caso O.J. Simpson, L’assassinio di Gianni Versace ed Impeachment. La prima stagione tratta ovviamente dell’attore statunitense e del caso giudiziario contro di lui sul mistero della morte della moglie, la seconda stagione racconta invece le ragioni dietro alla brutale uccisione di Gianni Versace da parte dello psicolabile Andrew Cunanan, mentre il terzo ed ultimo appuntamento (almeno per ora) si incentra sullo scandalo di fine anni ’90 che aveva invischiato la vita privata del Presidente Bill Clinton e della segretaria Monica Lewinski.

La trama di American Crime Story

Come vi avevamo già preannunciato nel paragrafo precedente, American Crime Story è un progetto antologico suddiviso in tre stagioni televisive, ognuna incentrata su un evento storico/scandalistico appartenente a momenti temporali differenti ma sempre ambientanti nella cronaca statunitense. La prima stagione si concentra sulla figura di O. J. Simpson (Cuba Gooding Jr.) e sul delitto della moglie Nicole Brown e del compagno di quest’ultima. La stagione, infatti, parte dall’omicidio della donna e segue il lungo processo che vide come protagonista O.J., accusato dell’omicidio di Nicole.

La seconda stagione vede come argomento l’omicidio di Gianni Versace (Edgar Ramirez) da parte di Andrew Cunanan (Darren Criss) e la storia vista dal punto di vista di quest’ultimo. La terza stagione rievoca gli eventi del Sexgate, lo scandalo politico-sessuale causato dalla relazione fra il presidente degli Stati Uniti d’America Bill Clinton (Clive Owen) e la stagista Monica Lewinsky (Beanie Feldstein) durante il secondo mandato presidenziale dell’esponente del partito democratico.

American Crime Story, perché vederla?

Perché il progetto antologico di Ryan Muprhy non ha nulla a che vedere con l’estro e il linguaggio spesso ai limiti del kitsch di American Horror Story, suo cugino televisivo tuttavia. Qui lo showrunner statunitense firma una serie antologica rispettosa e dalla struttura narrativa precisa e chirurgica, regalando agli spettatori un ritratto, seppur di finzione, il più realistico possibile della cronaca che sta tentando di raccontare. Ad esempio, la prima stagione dedicata al caso O.J. Simpson ha il tono del racconto procedurale, tutto o quasi ambientato all’interno di un’aula di tribunale, mentre la seconda stagione sull’assassinio di Gianni Versace è invece un sorprendente racconto televisivo “a ritroso”, che inizia con la brutale uccisione del magnate della moda italiano fino a ripercorrere le tappe inverse al perché il sociopatico Andrew Cunanan decise di compiere quel gesto così sconsiderato e violento.

La terza ed ultima stagione, Impeachment, invece si allontana ancora una volta dai toni e dai linguaggi dei primi due appuntamenti per mettere invece in scena una cronistoria appassionante e femminista sullo scandalo sessuale che fece tremare il mondo alla fine degli anni ’90. Le tre stagioni di American Crime Story sono tutte supportate non solo da sceneggiature ferree e dinamiche curate e supervisionate dal duo Alexander e Karaszewski, ma anche da un nutritissimo cast in stato di grazia. A comparire in più di una stagione (Il caso O. J. Simpson e Impeachment) è la straordinaria e trasformista Sarah Paulson, veterana della tv di Ryan Murphy.

Perché non vedere American Crime Story

Certo è che American Crime Story non si sposa alla perfezione con lo spettatore che da un prodotto televisivo cerca sicurezza, comfort e poca violenza. Trattando con precisione e dettagli di alcuni casi di cronaca anche nera, il progetto antologico di Ryan Murphy farà senza dubbio felici i crescenti appassionati di racconti true crime, che ora come ora stanno spopolando sul web e sui social.

Proprio per questo motivo, lontani da American Crime Story tutti coloro che odiano questi argomenti o sono particolarmente sensibili, di certo la serie ideata da Ryan Murphy non è destinata ad una audicence alla spasmodica ricerca di qualcosa di leggero con il quale riempire la serata davanti al divano e al piccolo schermo di casa.

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