10Dance: quando la danza diventa linguaggio del desiderio – Recensione

10Dance

Shinya Suzuki e Shinya Sugiki condividono non soltanto il nome di battesimo ma anche l’abilità nella danza. Il primo è il campione giapponese di danze latine, figlio spirituale di Cuba dove è nato; Sugiki, al contrario, è il secondo classificato mondiale nei balli standard, paladino di un’eleganza glaciale e geometrica dove ogni gesto è frutto di un calcolo millimetrico e di ore e ore di allenamento.

Quando Sugiki propone a Suzuki di allenarsi insieme per partecipare al 10Dance, una maratona estenuante che richiede la padronanza di tutte e dieci le discipline, cinque latine e cinque classiche, la sfida non è soltanto atletica ma esistenziale. Per vincere dovranno insegnarsi l’un l’altro e abbattere le barriere dei rispettivi stili: nel farlo scopriranno che tra di loro è nata un’inaspettata e travolgente attrazione reciproca.

10Dance: fino all’ultimo passo – recensione

Adattamento dell’omonimo manga di Inoue Satoh, serializzato dal 2012 e divenuto cult tra gli appassionati del genere, il film porta sullo schermo una storia di ossessione, rivalità e desiderio ambientata nel competitivo mondo del ballo da sala professionistico. Un universo di rigore e disciplina, dove ogni movimento è codificato e ogni passo misurato, che diventa terreno fertile per esplorare le tensioni tra i due protagonisti, divisi tra tradizione e passione, tra i pregiudizi sociali e il desiderio di esprimere finalmente i propri sentimenti alla luce del giorno.

Il cinema giapponese ha sempre avuto un rapporto peculiare con il genere Boys’ Love, riferito a storie, prevalentemente manga, anime, drama e webtoon, focalizzate su relazioni romantiche o sessuali tra personaggi maschili, create principalmente per un pubblico femminile. Con 10Dance, disponibile in esclusiva su Netflix, il regista Keishi Otomo, già conosciuto per la saga live-action di Rurouni Kenshin e per il kolossal in costume The Legend & Butterfly, ha realizzato un melodramma a sfondo agonistico dove la competizione sulla pista da ballo e l’attrazione romantica si intrecciano in un tourbillon emotivo tanto elegante quanto tormentato.

La danza della vita

Otomo, coadiuvato dalla sceneggiatrice Tomoko Yoshida, costruisce il film su un’intuizione tanto semplice quanto efficace: la danza come linguaggio alternativo del desiderio, fondendo due visioni diverse che si riflettono anche nelle sfuriate emotive via via accadenti fra i due protagonisti. Ogni lezione, ogni sessione di prova, ogni coreografia diventa così un campo di battaglia di sensazioni represse, dove si scontrano e si attraggono concezioni opposte non solo dell’arte ma della vita stessa.

Con il costante voice-over di uno dei due ad accompagnare le fasi clou del racconto, qualche vago split screen e la secondaria, ma a tratti fondamentale, presenza delle loro partner femminili a spingere la storia sui giusti binari, 10Dance trova forza in scelte registiche di impatto e in quelle musiche che seguono quelle mosse istintive in pista, dove il film offre il meglio in sequenze scatenate e coinvolgenti anche per chi poco avvezzo a certi ambienti.

Due ore di visione per una love-story sui generis che si basa su un processo doloroso e necessario, passante attraverso sguardi trattenuti, sfioramenti apparentemente casuali e quella danza del corteggiamento dove i silenzi pesano più di qualsiasi parola.

Conclusioni finali

Un’operazione dal fascino ambiguo, sospesa tra l’ambizione di rinnovare il cinema Boys Love tipicamente nipponico e la scelta più scontata di assecondare le convenzioni consolidate del genere. Il risultato è un film a tratti trascinante, soprattutto quando si affida alla potenza evocativa dei corpi in movimento e alle esplosive coreografie danzanti, altrove meno convincente quando scivola nel didascalico o nel melodramma più convenzionale.

10Dance si rivolge principalmente agli appassionati del manga originale ma tramite la distribuzione internazionale su Netflix si apre anche ad un pubblico più ampio, a chi in cerca di storie d’amore capaci di uscire dagli schemi e ha una passione per le sempre più popolari trasmissioni televisive di ballo. Le due ore di visione scorrono via veloci, sostenute dalle carismatiche interpretazioni dei protagonisti e da alcune sequenze, coreografiche e non, stilisticamente accattivanti, anche se di spunti effettivamente originali ve ne sono forse meno del previsto.

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