The Smashing Machine, Dwayne Johnson epico a Venezia: è partita la sua corsa agli Oscar

Dwayne Johnson
Foto di Luca Forte

The Smashing Machine di Benny Safdie si impone come uno dei biopic più intensi e sorprendenti presentati all’82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Il film racconta la parabola di Mark Kerr, leggendario campione di lotta libera e arti marziali miste, interpretato da un Dwayne Johnson mai visto prima, capace di spogliarsi del suo mito hollywoodiano per abbracciare la fragilità di un uomo che ha conosciuto tanto la gloria quanto il baratro. L’ex wrestler si impone con decisione come uno dei nomi favoriti nella corsa alle nomination per i prossimi Oscar, grazie a un’interpretazione che sorprende per intensità e maturità, segnando una svolta nella sua carriera.

Dwayne Johnson epico a Venezia 82

Johnson, che per anni il pubblico ha conosciuto come The Rock, ritorna idealmente sul ring per affrontare la sfida più ardua della sua carriera: dare volto e corpo a un uomo che ha fatto della forza fisica la propria identità, salvo scoprire quanto possa essere labile. La sua è una performance che sorprende per intensità e controllo, capace di restituire il dramma interiore di un personaggio diviso tra trionfi e dipendenze, amore e autodistruzione.
La regia di Safdie incisiva riesce a mescolare la brutalità del combattimento con la delicatezza di un ritratto umano. Non c’è compiacimento nello spettacolo dei match: dietro ogni pugno, ogni caduta, ogni vittoria, si intravede l’uomo spezzato, costretto a confrontarsi con i propri fantasmi.

È un racconto che, pur ambientato tra il 1997 e il 2000, ha una forza universale e attuale, in grado di interrogare il pubblico sul prezzo che si paga per essere vincenti a tutti i costi. Era dai tempi di The Wrestler di Darren Aronofsky (2008) che un film su un combattente non entrava così prepotentemente a Venezia, raggiungendo vette di autorialità e intensità capaci di conquistare tanto la critica quanto il pubblico. Lo dimostrano i lunghissimi 16 minuti di applausi che hanno accolto Johnson e Safdie al termine della proiezione ufficiale, consacrando il film come uno degli eventi più emozionanti del festival.

Accanto a Johnson, Emily Blunt conferma la sua capacità di muoversi tra cinema d’autore e blockbuster, regalando a Dawn Staples – la compagna di Kerr – una vitalità tormentata. La sua interpretazione non è mai accessoria: è il motore delle contraddizioni del protagonista, specchio di un amore che si trasforma in dipendenza tossica. La coppia Johnson-Blunt costruisce un gioco di forze che rende credibile e doloroso il cuore del film: la fragilità nascosta dietro la corazza.

Un biopic che richiama per intensità The Wrestler, ma che trova una sua voce originale nel modo in cui mette in scena la contraddizione tra mito e realtà. Un’opera che potrebbe segnare il definitivo passaggio di Johnson da star da box office ad attore maturo, pronto a raccogliere sfide più autoriali.

Dwayne Johnson: “Non vivo più il sogno degli altri, ma finalmente il mio”

Al Lido, Johnson si è presentato visibilmente coinvolto in un progetto che definisce “il più importante” della sua carriera. “Avevo voglia di interpretare un film così, diverso dai miei soliti. A Hollywood ti incasellano, ti spingono verso quello che il pubblico si aspetta da te. Io ho fatto tanti film di successo, alcuni divertenti, altri meno, ma questa volta cercavo qualcosa in più: raccontare una storia che mi appartiene.”

Per l’ex wrestler, The Smashing Machine è stato un salto nel buio: “Mi sono chiesto per anni se fossi capace di fare altro, ma avevo paura di mettermi a nudo. Questa è stata l’occasione per crescere come uomo e come attore.”

Il film nasce anche da un legame personale: “Ho conosciuto Mark Kerr quando facevo wrestling, per me era un eroe. Raccontiamo la storia di un uomo che scopre come la vittoria possa diventare la sua nemica, tra dipendenze e pressioni insostenibili.” Un percorso che l’attore ricollega anche alla figura del padre: “Era un wrestler, un uomo duro che non sapeva mostrare tenerezza. È cresciuto per strada e ha portato con sé molta vergogna. Anch’io ho vissuto quella durezza, ed è stato inevitabile riversarla nel mio personaggio.”

Johnson sottolinea come il film esplori l’anima nascosta dietro i giganti del ring: “Mark è una contraddizione vivente: un fisico imponente ma dentro tanta tenerezza. È la storia di uomini che sembrano invincibili all’apparenza, ma che in realtà coltivano molte fragilità.”

Infine, l’attore riflette sul suo percorso artistico: “Sono molto più di un attore da box office. A volte quando ti incasellano in un ruolo non riesci a capire di cosa sei davvero capace. Con questo film non interpreto più quello che gli altri vogliono da me: per la prima volta vivo il mio sogno e non quello degli altri.”

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