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Steve: Cillian Murphy è un preside pronto a tutto in un dramma attualissimo – Recensione

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Inghilterra, metà anni Novanta. Stanton Wood è una scuola residenziale per cosiddetti “ragazzi difficili”, un’ultima spiaggia per adolescenti affetti da traumi irrisolti, problemi mentali o storie familiari complesse, che il sistema scolastico tradizionale ha già scaricato come individui indesiderati. Un luogo-rifugio, dove chi è stato etichettato come perdente, violento o semplicemente diverso riceve un’opportunità che altrove gli è stata negata.

A capo di questa istituzione siede Steve, un preside dedito anima e corpo ai suoi ragazzi, convinto che sotto la rabbia e le difficoltà comportamentali si celino personalità straordinariamente complesse che meritano rispetto e comprensione. Ma lo stesso dirigente, profondamente stressato e reduce da una passata tragedia, deve fare i conti con una crisi di nervi e con l’imminente chiusura dell’istituto, da poco annunciatagli come un fulmine a ciel sereno.

Steve: l’unione fa la forza – recensione

Tim Mielants, regista belga già autore dell’eccellente Small Things Like These (2024) – sempre con Cillian Murphy protagonista – torna a esplorare un territorio complesso e spinoso, rendendo protagonisti uomini e donne che desiderano ardentemente fare del bene ma si scontrano a ogni passo con ostacoli burocratici e difficoltà personali. Adattamento del romanzo Shy di Max Porter, che qui firma anche la sceneggiatura spostando il focus dalla storia dell’omonimo personaggio – uno dei ragazzi – a quella del preside, il film ambisce a essere un ritratto crudo e onesto di chi viene sistematicamente marginalizzato dalla società.

Le intenzioni sono indubbiamente lodevoli e il tema quanto mai urgente e sempre attuale: la rappresentazione della neurodivergenza nel cinema è stata troppo spesso affidata a stereotipi pigri, mentre qui i giovani “studenti” di Stanton Wood vengono mostrati senza accondiscendenza né pietismo, come esseri umani nella loro interezza.

Il problema è che questa scelta non sempre si traduce in un film strutturalmente solido, fremente di sussulti in un’ora e mezzo che vive su una frenesia a tratti assillante.

Un percorso irto di difficoltà

Lo stile del racconto e della relativa messa in scena è infatti aggressivamente caotico, con la camera a mano perpetuamente in movimento, droni che volteggiano sopra il campus, lunghi piani sequenza che seguono i personaggi attraverso corridoi affollati. Un approccio che “seziona” quanto accadente tra le stanze dell’unica location con una crudeltà chirurgica, rischiando però di appesantire eccessivamente le situazioni borderline e di concentrare troppo in troppo poco, con l’ora e mezzo di visione che sembra essere un tempo ridotto per il materiale a disposizione.

La presenza del finto documentario e delle interviste all’interno della narrazione aggiunge un ulteriore livello meta che invece di arricchire il discorso finisce per complicarlo, in modo più gratuito che effettivamente necessario.

Ci viene detto quanto Steve ami questi ragazzi, quanto siano straordinari, ma ci viene mostrato poco per sostenere e rendere credibile tale tesi. E questo nonostante l’impegno di Cillian Murphy che, ancora una volta, si mostra attore straordinario, in grado di infondere molteplici sfumature all’esasperato protagonista, con un cast di supporto che vanta in un ruolo chiave una altrettanto ottima Emily Watson.

Il film è disponibile nel catalogo di Netflix.

Conclusioni finali

Troppo spesso Steve cade nella trappola di cercare lo choc emotivo, la scena madre o l’esplosione drammatica senza però costruire appieno le fondamenta necessarie perché questi momenti e i relativi personaggi risuonino con una voce autentica. Un dramma che apre spunti di riflessione e pone l’accento su situazioni difficili e sempre più diffuse nella società contemporanea, che crea parallelismi tra gli studenti problematici e chi dovrebbe prendersene cura, mentre il sistema mette loro il bastone tra le ruote.

Il film, e il suo straordinario protagonista Cillian Murphy, hanno comunque il cuore nel posto giusto e affrontano tematiche importanti con una certa sensibilità. Peccato che si corra un po’ troppo, col minutaggio limitato per quanto vi era ancora da mostrare e raccontare. Seguendo un’unica, caotica giornata nella vita del preside mentre lotta per salvare la sua scuola dalla chiusura imminente e per proteggere i ragazzi a lui cari, la sceneggiatura vive di sussulti e di valori che avrebbero giovato di una maggior coerenza e solidità in certi passaggi.

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