Taylor Jacobsen viene licenziata dal suo lavoro alla Clotz Cookies, fabbrica di biscotti natalizi in profonda crisi. E come se non bastasse, tutto ciò avviene nella prossimità del 25 dicembre. La protagonista di My Secret Santa – Mia mamma è Babbo Natale! è madre single della preadolescente Zoey, che sogna di entrare nella prestigiosa Sun Peaks Snowboard Academy. Il problema è che Taylor non solo è in ritardo coi pagamenti dell’affitto ma non può permettersi nemmeno lontanamente la retta dell’accademia.
Quando scopre che i dipendenti della catena di alberghi dove ha sede il corso ricevono uno sconto del 50%, decide di candidarsi a un qualsiasi ruolo. Peccato che l’unica posizione aperta sia quella di Babbo Natale, con uno stipendio sorprendentemente generoso di duemila dollari a settimana. Taylor si rivolge allora al fratello, costumista e truccatore professionista, per creare un travestimento completo: costume imbottito, barba posticcia, protesi in silicone e così via. Incredibilmente riesce a superare gli altri candidati e diventa il nuovo Santa Claus del resort, finendo per innamorarsi di Matthew, l’affascinante figlio del proprietario…
My secret Santa: questione d’identità – recensione
Su Netflix continua senza sosta l’abbuffata di titoli natalizi ed eccoci di fronte a questa nuova produzione diretta da Michael Rohl, veterano delle produzioni a tema, che si propone di inserire una premessa alla Mrs. Doubtfire (1993) in un’atmosfera zuccherosa tipica delle rom-com ambientate in quei magici giorni dicembrini. Il risultato purtroppo è un’operazione più derivativa della già bassa media e talmente priva di personalità da risultare dimenticabile già mentre la si guarda.
La vicenda di My Secret Santa – Mia mamma è Babbo Natale! rischia di apparire paradossalmente inquietante, con il costume improvvisato della protagonista che risulta del tutto inverosimile, al punto che viene a chiedersi come mai nessuno si accorga dell’inganno. Certo data la premessa di partenza un minimo di sospensione dell’incredulità era richiesta allo spettatore, ma qui sembra mancare quell’autoironia che aveva invece fatto la fortuna di cult come il succitato con Robin Williams o il Tootsie (1982) con Dustin Hoffman.
Senza troppe pretese
Le ambizioni qui va detto sono ai minimi storici e la sceneggiatura non fa altro che limitarsi a seguire una lunga scia di stereotipi, sfruttando la doppia identità per dar vita a confessioni improvvisate nei confronti di quel Babbo Natale che diventa catalizzatore di verità altrimenti inconfessabili, con tanto di gag eccessivamente lunga all’insegna del trasformismo dove la Nostra si cambia ripetutamente nel bagno degli uomini, fino a quando la farsa non viene alla luce. Ma naturalmente il lieto fine è dietro l’angolo e nessun ostacolo appare mai realmente credibile per far propendere verso altri esiti.
La barba, il naso pronunciato, le sopracciglia folte creano effettivamente l’illusione dell’iconico dispensatore di regali amato dai bambini di tutto il mondo. Alexandra Breckenridge cerca di fare il possibile in quel per lei inedito ruolo maschile, ma il personaggio a conti fatti appare soltanto una bizzarra caricatura. Laddove l’operazione funziona di più è nella gestione classica da rom-com, con la love-story in divenire e i chiarimenti madre-figlia, ma in un film che vorrebbe puntare tutto o quasi proprio sulla sua anima natalizia è un po’ poco.
Conclusioni finali
Una commedia a sfondo natalizio che non è abbastanza divertente per funzionare nella sua anima leggera, non abbastanza romantica per coinvolgere come love story e non abbastanza emotiva per toccare il cuore. E quell’improbabile premessa all’insegna del travestimento, con questa miss Babbo Natale in costume più inquietante che rassicurante, è troppo labile per reggere il peso dell’ora e mezza complessiva di visione.
Per gli onnivori di rom-com festive, disposti a perdonare qualsiasi difetto purché ci siano neve, romanticismo e l’immancabile lieto fine, My Secret Santa – Mia mamma è Babbo Natale! offre il minimo sindacale. Chi cercasse anche solo un briciolo di originalità, farebbe invece meglio a rivolgere direttamente lo sguardo altrove.