Oggi alla Mostra del Cinema di Venezia è arrivato Stefano Sollima per presentare la serie “Il Mostro” che ripercorre i tragici eventi legati a otto duplici omicidi, eseguiti nell’arco di diciassette anni con la stessa arma, una pistola Beretta calibro 22, che hanno seminato il panico in tutta Italia. Si tratta di uno dei casi criminali più intricati e longevi del nostro Paese, incentrato su quello che è considerato il primo e più feroce serial killer italiano. All’epoca furono seguite innumerevoli piste investigative, molte delle quali restano tuttora aperte, contribuendo a delineare un quadro complesso e inquietante. Nel corso del tempo, sono stati ipotizzati numerosi colpevoli, ma il sospetto più angosciante non è mai stato escluso: che il Mostro possa celarsi dietro chiunque.
Mostra del Cinema di Venezia 2025, le dichiarazioni del regista Stefano Sollima
Noi di SuperGuida TV abbiamo partecipato alla minipress della serie. Il regista Stefano Sollima ha raccontato com’è nata l’idea di raccontare la storia del Mostro di Firenze: “Tutto è cominciato leggendo libri scritti da investigatori, inchieste giornalistiche realizzate da giornalisti che si sono occupati del caso. A questo materiale si sono aggiunti atti giudiziari e processuali. In qualsiasi cosa che leggevo c’era un realtà piegata all’esigenza di voler dimostrare una teoria. La storia è complessa, abbiamo abbracciato tutte le tesi e non una sola. Abbiamo raccontato tutti i presunti mostri che nel corso del tempo sono stati identificati e processati”. Stefano Sollima ha poi spiegato perché nel cast ha scelto attori sconosciuti o poco noti: “Per quanto riguarda il cast, sono partito dall’esigenza del racconto. Noi raccontiamo la pista sarda e c’è una specificità linguistica che andava rispettata. Per questo abbiamo scelto attori sardi che però non erano noti”.
Nessuna morbosità nella serie nonostante i fatti drammatici. E’ stata una scelta precisa del regista: “Abbiamo avuto accesso al materiale fotografico ed erano foto disturbanti. C’è stato un dibattito interno intenso perché c’era il rischio di scivolare verso la morbosità ma non ci si poteva sottrarre dal raccontare l’orrore. La scelta è stata quella di mostrare ciò che era strettamente necessario per comprendere l’orrore senza mai indulgere”. Nessun coinvolgimento dei parenti delle vittime. Sollima ha spiegato così il motivo: “Noi abbiamo incontrato tutti tranne i parenti delle vittime. Ci sembrava di far rivivere inutilmente un dolore. E’ stata una questione di rispetto. Non c’è bisogno di chiedere ad un padre cosa avesse provato nel perdere una figlia. Mi sembrava indelicato presentarmi e spiegare che stavamo facendo una serie. Abbiamo incontrato Natalino Mele, il bambino che è stato vittima di una tragedia e Della Monica che si è occupata del caso. Ci siamo assunti una responsabilità usando i nomi reali, quello che abbiamo raccontato nella serie è esattamente quello che è successo. Il nostro intento era di ricordare una storia che non è stata raccontata per come è andata ma è stata travisata da una tesi, un’ipotesi”. Qualcuno ha fatto poi notare l’assenza di Giovanni Vinci nel racconto della serie. Sollima ha spiegato che la storia dei due fratelli era già complessa e che introdurre un terzo personaggio risultava difficile da gestire a livello narrativo. Inoltre Giovanni non era mai stato indagato per i fatti.
La serie Il Mostro è stata realizzata senza che nei minimi dettagli. Per il regista si è trattato di un lavoro complesso e minuzioso: “Non ci siamo mai presi nessuna libertà, c’è stato un lavoro incredibile, è stato ricostruito tutto nei minimi dettagli. Non c’era spazio per la creatività, abbiamo ricostruito le scene sulla base delle perizio balistiche e delle perizie medico legali. E’ stato fatto un lavoro gigantesco”. Nel caso delle donne, la violenza era davvero efferata perché venivano mutilate. Stefano Sollima esprime il suo pensiero: “Pensiamo o comunque leggendo gli atti si ha l’impressione che si tratti di una violenza di genere. L’obiettivo primario era la donna, l’uomo veniva eliminato in quanto ostacolo. Le persone che sono state sospettate nella loro vita commettevano violenza nei confronti delle donne”.
Come in altri casi, il colpevole non è stato mai trovato. Per il regista le cause sono molteplici: “Da un lato c’era un limite tecnologico e dall’altro un pregiudizio culturale che nella prima fase delle indagini ha portato gli investigatori fuori strada. C’è stata anche una pressione mediatica a chiudere un caso che li ha influenzati negativamente ad operare delle scelte che hanno confuso le acque”.