Margherita Ferri regista del film Il Ragazzo dai pantaloni rosa, interpretato da Samuel Carrino e Claudia Pandolfi, è la protagonista della quarta giornata del Magna Graecia Film Festival 2025. La regista reduce dal grande successo del film che racconta la storia di Andrea Spezzacatena, ci racconta in esclusiva cosa l’ha spinta a raccontare questa storia e soprattutto la scelta al momento dei casting di Claudia Pandolfi nel ruolo della madre e di Simone Carrino in quello del protagonista.
Margherita Ferri, regista de “Il ragazzo dai pantaloni rosa” al Magna Graecia Film Festival 2025
Margherita Ferri qual era la sua esigenza da regista nel voler raccontare questa storia?
Il Ragazzo dai Pantaloni Rosa è un film che ho sentito mio fin da subito, perché quando è avvenuta la morte di Andrea nel 2012, la storia è vera, io abitavo a Roma e partecipai anche a una veglia al Colosseo, organizzata in sua memoria. Quindi per me l’esigenza è stata quella di riuscire a portare una storia che ha sconvolto una gran parte della comunità, di persone giovani, persone che frequentavano il liceo e la comunità LGBT in quel momento, e riportarla cercando di dare un messaggio positivo e di speranza alle nuove generazioni. Con la considerazione che il problema del bullismo e del cyberbullismo non si è risolto in questo tempo, ha cambiato forma sicuramente, si è evoluto, ma non si è assolutamente risolto.
Claudia Pandolfi e Samuele Carrino sono i due protagonisti: come mai la scelta è ricaduta su di loro, cosa l’ha convinta?
Samuele, che è molto giovane, perché quando abbiamo girato aveva 14 anni, ma non era un esordiente, aveva già recitato in alcuni film, aveva quella tenerezza nello sguardo e una grandissima capacità espressiva. Secondo me è stata un’ottima scelta, sono contenta che sia arrivato al provino e che abbiamo fatto un percorso insieme. E Claudia è stata per me un grandissimo colpo di fortuna, perché comunque in quel momento era libera e ha deciso di partecipare, aderire a questo progetto e partecipare con una passione incredibile, un grandissimo senso di responsabilità nel rappresentare questo personaggio e ha quella verità, anche durezza, ma insieme a questa un po’ ruvidità e amore che riesce a raccontare, oltre ovviamente a un talento straordinario. Ed è stata anche molto generosa sul set, anche con tanti attori giovani, li ha aiutati e è stato veramente come creare una famiglia, lavorare con lei.
Cosa non doveva mancare e cosa invece ha dovuto rinunciare durante la realizzazione del film?
Io non ho sentito dover fare grandi rinunce, che per un regista è sempre una cosa molto positiva. Forse il film era un po’ lungo, abbiamo dovuto tagliare qualche scena a cui ero affezionata in un ultimo giro di montaggio, però sono state delle rinunce per il bene del film, nel senso che comunque è risultato più coeso. Però secondo me, almeno dal mio punto di vista, non è mancata la possibilità di esprimere anche un lavoro registico sul linguaggio del cinema, che non fosse soltanto mettere in scena, ma andare a ricercare un racconto con le immagini che potesse evocare emotivamente la vita e anche il punto di vista di un ragazzo che ha subito bullismo.
La cosa che le ha fatto più piacere una volta uscito il film, dei commenti, nelle critiche, è invece quella che le è più dispiaciuta?
Io ho ricevuto tantissimi messaggi, centinaia di messaggi, sia dai social che anche da persone che hanno visto il film e che mi hanno fatto piacere, perché tanti si sono riconosciuti nel film, perché hanno vissuto storie simili di bullismo e mi hanno detto io sono Andrea che ce l’ha fatta. Questo per me è stato molto forte, il fatto di sapere, di poter raccontare una storia che ha parlato a tante persone di varie età, non solo ragazzi giovani. E poi la capacità trasformativa del film che in alcune situazioni, in alcune scuole, ho saputo, mi hanno raccontato, ho visto succedere un grande dialogo anche di ragazzi che di fronte agli altri si sono aperti, hanno raccontato la propria esperienza e si è instaurato un dialogo su un tema molto difficile, perché essere vittime di bullismo non fa piacere, non è bello, quindi riuscire a trovare uno strumento per parlare dei propri problemi o di situazioni difficili che si vedono o si vivono, per me è una grande soddisfazione.
E le critiche negative?
Non mi dispiacciono, perché comunque non si può piacere a tutti, quindi va bene, non me ne ricordo nessuna che mi ha fatto arrabbiare, devo dire la verità.









