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Last Swim: un intenso coming-of-age tra speranze e paure – Recensione

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È estate a Londra, ma per la protagonista di Last Swim non sarà come gli altri anni. Ziba Soofi, brillante studentessa britannico-iraniana appassionata di astrofisica, sta aspettando sì il giorno dove usciranno i risultati degli A-level, quel rito di passaggio fondamentale per ogni adolescente inglese che apre le porte dell’università e, di conseguenza, dell’età adulta, ma non solo.

I voti sono eccellenti, al punto da garantirle un posto all’University College, ma dietro quella giornata all’insegna del divertimento, meticolosamente organizzata da tempo insieme agli amici di una vita Tara, Merf e Shea, sta nascondendo un segreto a tutti. La ragazza sta infatti combattendo contro una malattia non meglio specificata che potrebbe potenzialmente esserle fatale, ma cerca di non pensarci almeno in quelle poche ore che la separano dall’inizio delle terapie, per un percorso che sarà certamente tutt’altro che semplice.

Last Swim: un ultimo tuffo nella vita – recensione

Sasha Nathwani, regista londinese di origini iraniane e indiane, esordisce nel lungometraggio dopo una lunga gavetta nel mondo dei videoclip musicali e tale background si avverte in alcune scelte stilistiche, con le scene rallentate che accompagnano i momenti di spensieratezza del gruppo – a sospendere quell’esistenza fragile in determinanti momenti – e la colonna sonora costante quale accompagnamento emotivo del racconto.

Racconto sull’innocenza giovanile destinata a svanire, flagellata dai colpi di un destino crudele che si accanisce sulla malcapitata protagonista, prossima a una lotta contro il suo corpo e contro quel male che la affligge. A differenza di molti film adolescenziali che affrontano il tema della malattia subissando la sceneggiatura di retorica e di momenti strappalacrime, Last Swim adotta un approccio all’insegna della sensibilità, riuscendo a trascinarci nella psiche di Ziba e nel dramma in divenire con piccoli tocchi dai toni melanconici e dolci-amari.

Insieme contro tutto e tutti

Il montaggio cattura perfettamente il senso del tempo che scorre e al contempo si riavvolge su se stesso, intrappolando i personaggi in un eterno presente fatto di risate, chiacchiere e piccoli rituali adolescenziali, per un coming-of-age sui generis che affascina e commuove.

La sceneggiatura d’altronde, scritto a quattro mani dallo stesso regista insieme a Helen Simmons, non nasconde mai la gravità della situazione di Ziba ma ha il grosso pregio di non farne il fulcro melodrammatico della narrazione. Gli amici, e un ipotetico nuovo interesse romantico, non sanno ancora nulla della sua condizione e questo crea una tensione sottile ma pulsante: mentre loro celebrano la fine di un’era e guardano al futuro con sogni e speranze, lei si confronta con l’eventualità della morte e il tentativo di godere delle piccole cose prima che la sua odissea clinica abbia inizio.

Il tutto all’insegna della spontaneità e della verosimiglianza. Last Swim è infatti abitato da figure cariche di umanità, che parlano come veri adolescenti londinesi senza mai scadere nella caricatura o nel facile stereotipo. Il film non forza la diversità del cast né la sottolinea con pesantezza: è semplicemente un riflesso autentico della Londra contemporanea, dove ragazzi di ogni provenienza ed etnia condividono le stesse ansie, gli stessi sogni e le stesse birre su una collina al tramonto. E la protagonista Deba Hekmat buca lo schermo in più occasioni, con quello sguardo che esprime al meglio i timori e l’incertezza del suo afflitto ma determinato personaggio.

Conclusioni finali

Non un coming-of-age come tanti, ma un film di rara sensibilità che affronta il tema della malattia e della paura per il domani incerto con grande lucidità, raccontandoci una giornata nella vita di una ragazza iraniano-britannica che prima di affrontare la terapia intende godersi ore di spensieratezza con gli amici di sempre, ancora all’ignaro di tutto.

Last Swim è un’opera dove dolcezza e amarezza convivono egregiamente, contenitore di speranze e disillusioni di una gioventù londinese multietnica, qui rappresentata tramite legami indissolubili che uniscono questi adolescenti guardanti al futuro con aspettative ben diverse. E dove la spada di Damocle che pende sulla testa della protagonista non diventa una volta tanto stucchevole espediente narrativo al servizio della retorica, bensì elemento chiave per introdursi nel cuore del dramma con avvolgente genuinità.

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