Conosciamo le protagoniste di Las Locuras nel corso di una giornata piovosa a Città del Messico, con le loro esistenze che si incrociano creando un affresco di esperienze femminili accomunate dalla pressione, dall’oppressione e dalla ricerca disperata di autenticità. Il titolo originale d’altronde è traducibile letteralmente come Le follie, e scopriremo ben presto il perché in questa nuova esclusiva del catalogo Netflix.
Il filo conduttore che lega tutte le storie è Renata, donna agli arresti domiciliari e alle prese con un disturbo bipolare che la pone costantemente sull’orlo di episodi maniacali. C’è poi Penélope, veterinaria che trascorre le giornate praticando eutanasie ad animali domestici; Irlanda, psichiatra di successo alle prese con un’improvvisa crisi familiare che tutti i suoi anni di formazione non l’hanno preparata ad affrontare, e così via altre donne in cerca del proprio posto nel mondo.
Las Locuras: figli d’arte per l’arte – recensione
Rodrigo García è figlio del premio Nobel per la letteratura Gabriel García Márquez e regista di solida esperienza, già conosciuto dal grande pubblico tra gli altri per Albert Nobbs (2011) e Gli ultimi giorni nel deserto (2015). Dopo aver lavorato in produzioni internazionali torna alle sue radici messicane con questo film antologico che esplora le vite di sei donne spinte al limite nel corso di un’unica, intensissima giornata nella capitale.
La sceneggiatura possiede una spontaneità viscerale, con i dialoghi che fluiscono incessanti e prorompenti, rendendo credibili anche le situazioni più paradossali, in un sottile gioco sull’arte della finzione che diventa metafora di un Paese in profonda crisi e schiavo delle sue stesse contraddizioni. Si esplora il tema della follia – o meglio, di ciò che viene definito tale dalla società patriarcale – senza mai cadere nel tranello del facile giudizio morale. Una narrazione coerente e inaspettatamente equilibrata, tra i suoi ragionati eccessi e quella voglia di osare e spingersi oltre i limiti narrativi di ciò che viene considerato o meno appropriato dall’opinione pubblica.
Donne sull’orlo di una crisi di nervi
L’atmosfera claustrofobica di una metropoli sull’orlo del collasso morale e nervoso collettivo è sottolineata da inquadrature invadenti nella loro intimità, costringendo lo spettatore a confrontarsi direttamente con queste protagoniste sui generis, senza la possibilità di distogliere lo sguardo dal cuore del dramma, per quanto virato in ottica tragicomica. Un approccio a tratti teatrale ma che funziona perfettamente ai fini narrativi, giacché la claustrofobia formale rispecchia quella esistenziale vissuta dalle malcapitate donne.
Particolarmente interessante è come il regista, anche autore della sceneggiatura, riesca a dare complessità e profondità a ciascun personaggio nonostante i tempi relativamente ristretti dedicati a ogni capitolo, alcuni dei quali come detto collegantisi direttamente tra loro. Una ricchezza derivata dalla consapevole scelta di non spiegare troppo, di lasciare zone d’ombra e spazi vuoti, che lo spettatore è chiamato a colmare con la propria sensibilità ed esperienza e, perché no, con le proprie speranze su quel domani che seguirà, nell’immaginazione di chi guarda, i titoli di coda.
Conclusioni finali
Le storie di Las Locuras si sfiorano in modi inaspettati, più o meno invasivamente, dando il via ad una mappa di connessioni sottili ma significative, che restituiscono l’impressione di una città vivente e pulsante. Città dove si assomigliano i destini di sei donne alle prese con crisi di nervi, bipolarità riconosciute e ingiustizie di un sistema patriarcale che non guarda in faccia nessuno. Una tragicommedia degli errori e degli orrori, messa in atto da Rodrigo García con profonda attenzione scenica e psicologica nei confronti della sua irresistibilmente esaurite protagoniste.
Il film sa affrontare temi scottanti senza cercare soluzioni facili o morali rassicuranti, osservando quest’umanità complessa e contraddittoria e restituendo dignità a nevrosi e follie che si scopriranno forse più giustificate del previsto. Una riflessione sì sulle limitazioni imposte da una società patriarcale ma anche lucida esplorazione delle relazioni umane e delle dinamiche psicologiche in situazioni di forte stress o disagio.